di Fabrizio Scampoli
Tempi duri per la Giustizia abruzzese che si ritrova nell’occhio del ciclone a causa di due contestate vicende da tempo approdate in tribunale e che vedono come vittime anche giovani vastesi.
Mercoledì scorso l’udienza al tribunale di Pescara dedicata al disastro di Rigopiano, in cui perirono 29 persone ospiti del resort sepolto da una valanga il 18 gennaio del 2017, è stata rinviata per la quindicesima volta causando l’amareggiata reazione dei parenti degli Angeli di Rigopiano. Il rinvio al 9 novembre è stato causato dallo sciopero degli avvocati avezzanesi che protestano a causa della carenza di personale nel tribunale marsicano, anche se qualcuno ha cominciato a sospettare che vi siano altre ragioni nascoste per rallentare e ostacolare l’iter di questo processo.
Anche a Vasto si attendono risposte da questa vicenda giudiziaria. A Rigopiano persero infatti la vita la giovane Jessica Tinari e il suo fidanzato Marco Tanda, e le famiglie e la città attendono la risposta della Giustizia.
Qualche giorno fa, inoltre, è stata resa nota la sentenza di primo grado del Tribunale de L’Aquila relativa al crollo del condominio in via Campo di Fossa: una struttura in cui la notte del 6 aprile 2009 morirono 24 delle 309 vittime totali del terremoto.
L’Avvocatura dello Stato ha accolto la richiesta di risarcimento con sentenza del giudice Monica Croci del tribunale civile, ma il Tribunale ha anche riconosciuto una corresponsabilità di alcune vittime, pari al 30%, perché ha ritenuto che siano state imprudenti a non uscire di casa dopo la prima scossa. Di qui la mobilitazione che fa seguito a due settimane di grande indignazione nel capoluogo abruzzese e in tutta la regione.
A Vasto, tutti ricordiamo ancora con profonda tristezza le giovani vittime morte nel terremoto aquilano, i due studenti universitari Davide Centofanti e Maurizio Natale, nonché il grande dolore della dottoressa Fabiola Tamburro, vastese d’adozione, che nel sisma perse il padre Marino, la sorella Giuliana e il nipotino Stefano Antonini.
Due casi diversi, ma che stanno suscitando la medesima emozione mista a indignazione collettiva: parenti, amici, cittadini si chiedono infatti come possa la Giustizia riuscire a farsi percepire così distante e lontana anni luce dal sentire comune. È come se il grande dolore che accomuna gli abruzzesi fosse rimasto anch’esso sepolto sotto le macerie a L’Aquila o a Rigopiano.
E in città, perplessi e attoniti, in tanti si chiedono: avrà la Giustizia, prima o poi, il coraggio e la forza per restituire alle vittime e alle loro famiglie almeno la pace e la rassegnazione grazie a sentenze giuste?