di Fabrizio Scampoli
VASTO – Alzi la mano chi, con più o meno cinquanta primavere alle spalle, non ricorda dove si trovava quel maledetto giorno di 42 anni fa. La strage di Bologna è un po’ , per noi italiani, come l’11 settembre per gli americani: un colpo al cuore sferrato senza pietà.
Quella mattina ero alla stazione ferroviaria di Pesaro, con altri studenti universitari, ad attendere il diretto da Milano che ci avrebbe finalmente catapultato in vacanza dopo gli esami estivi. Eravamo ventenni allegri e spensierati, si rideva e si scherzava così come fan tutti gli studenti.
Poi l’altoparlante gracchiò il primo ritardo, poi un altro, poi altri ancora e capimmo che era successo qualcosa di grave. Finì che dovemmo tornare ai college universitari di Urbino e prendere il treno rimasto bloccato con un giorno di ritardo. Credo che quel giorno maturammo davvero tutto d’un botto e tutti insieme.
Vivere in diretta un fatto che sarà storia è qualcosa che ti resta dentro e, come una cicatrice, se la tocchi fa male. Ci sono state tante, troppe stragi senza colpevoli nel nostro Paese e credo sia giunta l’ora di rimuovere i segreti di Stato e fare luce. Lo dobbiamo ai giovani che vissero con me quel tragico giorno, oggi adulti, ai familiari delle vittime e alla giustizia.