“Ero a lezione in Università, vicino alla sede del Parlamento Europeo. Verso le 8.30 si è alzato un mormorio nell’aula, sono arrivati i primi messaggi che parlavano dell’attentato all’aeroporto”. Cecilia Perrozzi, 28enne vastese, da qualche tempo vive nella capitale belga e stamattina, mentre erano in corso gli attacchi terroristici, si trovava nel dipartimento universitario a qualche centinaio di metri dal Parlamento Europeo. “Siamo a 5-600 metri dalla stazione di Maelbeek, meno di un chilometro da Schumann”. Nel corso della giornata ci siamo messi in contatto con lei per farci raccontare come ha vissuto quelle ore drammatiche. “Le lezioni sono state sospese, è stato dato l’ordine di evacuare l’università, evitando di muoverci in ragguppamenti. Molti ragazzi vivono fuori Bruxelles e, con il blocco dei mezzi pubblici non avrebbero saputo come rientrare a casa. Molti docenti hanno messo a disposizione le automobili per accompagnarli, chi non sapeva come muoversi è potuto restare in alcune aule del dipartimento”.
Cecilia, lasciata l’università, ha fatto ritorno a casa in motorino. “Il clima per strada era surreale. Rue de la Loi è stata chiusa e un traffico pazzesco si è riversato sulle altre strade. Ora che sono a casa ci è stato detto di non uscire, vedremo cosa fare”. Con il passare delle ore emergono particolari sulla dinamica degli attentati. Il primo bersaglio colpito è stato lo scalo aereo di Zaventem. “Da quando c’erano stati gli attentati di Parigi c’era già una situazione di massima allerta. Ho preso tre volte l’aereo negli ultimi mesi e c’erano 2 militari ogni 100 metri, i mezzi blindati. La cosa che mi ha spaventato di più è proprio che è stato colpito un luogo che mi dava sicurezza”. Il suo appartamento “è in un quartiere residenziale, dove non ci sono edifici pubblici. Questo mi fa stare più tranquilla. Da un lato vorrei uscire, per rendermi conto con i miei occhi di quanto è accaduto, ma razionalmente mi dico di restare a casa”.
Bruxelles – La testimonianza di Daniela Aiuto [LEGGI]
L’arresto di Abdeslam Salah “aveva fatto tirare un sospiro di sollievo. Paradossalmente ho avuto più notizie attraverso i media italiani, qui parlano di meno, anche perchè ci sono delle indagini in corso. Ho letto che era stato nascosto a 50 metri dalla piscina in cui vado. Un po’ di effetto lo ha fatto”. In queste ore si cerca di avere informazioni, di capire cosa fare, come comportarsi. “Io cerco di stare serena, come lo ero stata dopo gli attacchi di Parigi. Per fortuna per andare all’università e al lavoro uso il motorino, quindi non devo utilizzare i mezzi pubblici. Qui dovrò stare sicuramente per qualche anno, per completare il mio percorso”.