La regola 2 numero del calcio stabilisce che il pallone di gioco debba essere “una sfera riempita d’aria, con una circonferenza compresa tra 68 e 70 centimetri (27-28 pollici) ed un peso compreso tra i 410 e i 450 grammi (14-16 once), gonfiata ad una pressione relativa rispetto all’atmosfera compresa tra 0,6 e 1,1 atmosfere al livello del mare, e ricoperta da cuoio o altro materiale idoneo”. Questa descrizione tecnica della sfera da gioco non riuscirà mai a rendere il senso delle emozioni che un pallone può dare ad un appassionato del calcio.
Dai Super Tele e Super Santos calciati nel cortile di casa o in strada quando il grido “macchina!” equivaleva ad un time out forzato, fino alle sfere griffate e super tecnologiche che oggi rotolano nei migliori stadi del mondo, il pallone rappresenta l’essenza del gioco del calcio. La palla che entra in rete, reale o immaginaria che sia, superando l’ultimo baluardo rappresentato dall’estremo difensore (sia esso Buffon o nostro cugino, miglior portiere del quartiere), la sfera che passa sotto le gambe del centrale difensivo più tenace del mondo che può essere rappresentato anche dal nostro amico d’infanzia, il pallone che assume una traiettoria inimmaginabile, per l’effetto che le si è impresso o molto semplicemente grazie ad una folata di vento inaspettata.
Questo magico oggetto sferico, che quando si sgonfiava, bucava o tirava fuori la bolla della camera d’aria rappresentava la fine temporanea dei giochi non può essere etichettato. Nelle competizioni nazionali ed internazionali gli viene dato però un nome, per motivi soprattutto commerciali e televisivi ma anche per permettere al bambino più fortunato del condominio di dire: “oggi scendo con il pallone dei Mondiali” ed accendere la fantasia degli amichetti. Ripercorriamo insieme la storia dei palloni dei Campionati Mondiali di calcio.
Nella prima edizione, quella del 1930 in Uruguay, proprio la sfera di gioco fu al centro di una accesa disputa tra la Celeste, padrona di casa, e l’Argentina. La leggenda vuole che, visti i rapporti tesi tra le due nazionali, il direttore di gara dell’atto finale di Montevideo, il belga John Langenus, accettò di dirigere la partitissima solo dopo aver ricevuto le garanzie richieste, ovvero un’assicurazione sulla vita e la possibilità di salpare su una nave diretta in Europa appena dopo il fischio finale. Langenus dovette anche risolvere il problema del pallone.
L’Uruguay voleva usare il Modelo T, l’Albiceleste la Pelota Argentina. La giacchetta nera europea optò per una decisione salomonica: primo tempo con la palla preferita dall’Argentina, seconda frazione di gioco con la sfera voluta dai padroni di casa, che per la cronaca si imposero con il risultato di 4-2. Le successive edizioni dei Mondiali videro come palloni ufficiali della competizione il Federale 102 prodotto dalla Egas per la manifestazione del 1934 in Italia, l’Allen e l’Allen Super Duplo T rispettivamente a Francia ’38 e Brasile ’50, lo Swiss World Champion per il Mondiale elvetico del 1954, il Top Star a Svezia ’58, il Crack in Cile quattro anni più tardi e lo Slazenger Challenge in Inghilterra nel 1966.
Dal Mondiale messicano del 1970 inizia la partnership, ancora solidissima, tra la Fifa e l’Adidas. Il marchio di attrezzature sportive tedesco, fondato da Adolf “Adi”Dassler nel 1948, lancia il Telstar (Telvision Star, per la sua maggiore visibilità nel piccolo schermo rispetto alle sfere del passato). Il Telstar è stato il primo pallone a presentare il classico disegno a pentagoni neri su sfondo bianco. Quattro anni dopo in Germania c’è il Telstar Durlast, pressoché identico al pallone della precedente edizione.
Il 1978, in Argentina, è l’anno del Tango, pallone rimasto simbolo calcistico per decenni, con la versione Tango Espana con la quale l’Italia di Bearzot si laurea campione del mondo quattro anni dopo nel Mundial iberico. Nel 1986 l’Azteca Mexico fu il primo pallone interamente realizzato in materiale sintetico. Ad Italia ’90 l’Etrusco Unico illumina le “notti magiche” di Totò Schillaci e compagni. Il design, ancora sulla base del Tango, ricorda l’arte etrusca. Nel 1994 nei mondiali statunitensi, l’Adidas lancia il Questra (il nome deriva da un’antica parola anglosassone che sta per the quest for the star, la ricerca delle stelle).
Quattro anni dopo in Francia, il primo pallone multicolore, il Tricolore appunto: con il blu, il bianco e il rosso della bandiera francese. Nel 2002 in Giappone e Corea del Sud, esordisce il Fevernova, che presenta un design composto da un triangolo grigio bordato d’oro, con i vertici ricurvi sovrastati ognuno da una fiammella di fuoco rossa. Il disegno ricorda lo shuriken, un dardo/arma nipponica. Il Mondiale teutonico del 2006, che ci riporta alla mente l’indimenticabile notte di Berlino, ha avuto come pallone ufficiale il Teamgeist (spirito di squadra in tedesco), con sfere personalizzate per ognuna delle partite della rassegna. Sui palloni erano impresse nome delle compagini in campo, data, stadio e città. Questo pallone è composto da 14 pannelli curvi termosaldati. L’Adidas prepara per la finalissima dell’Olympiastadion tra Italia e Francia il Teamgeist Berlin che differisce da quello standard per i riempimenti dorati stampati sulla superficie.
Nell’ultima edizione della rassegna mondiale di calcio, quella svoltasi in Sudafrica nel 2010, la palla ufficiale è lo Jabulani (esultare in lingua zulu). Sulla sua superficie presenta un motivo di undici colori, quanti sono i calciatori di una squadra, e allo stesso tempo rappresentano il numero delle comunità sudafricane e delle loro lingue. Anche per l’edizione 2010 l’Adidas appronta un pallone speciale per la finale, lo Jo’bulani (fusione tra il verbo Jabulani e l’abbreviazione di Johannesbug, la città dove si è svolta la finalissima tra Spagne e Olanda).
In attesa della sfera che vedremo rotolare in Brasile nel 2014 possiamo concludere dicendo che un pallone può avere tanti nomi e marchi, un appeal televisivo e pubblicitario più o meno forte, rappresentare con il suo design diverse culture ed idiomi, ma solo quando viene calciato riesce a procurare emozioni indescrivibili, dalle favelas del Sudamerica a Wembley, dai sobborghi delle metropoli africane a San Siro, dalla steppa russa al Maracanà. Avete mai pensato al perché in molti dialetti del nostro Paese il nome stesso “pallone” sia sinonimo di questo sport? “Giochiamo a pallone!”, ovvero “giochiamo a calcio!”.. il pallone è il calcio.