Si comincia fin dai primi anni di vita con il commentare le abilità di un bambino, spesso la frase è: “lui, lei è avanti..” che decide prima ancora dei protagonisti cosa saranno. In genere, vivaci e movimentati. Veloci nell’apprendere e nel manifestarsi. Primi passi, scuola, attività sportive e poco altro per diventare dei “fenomeni” senza sapere bene perché. La scommessa vera della nuova pedagogia è incline a restituire il senso della normalità, soprattutto negli anni della crescita. Educazione, rispetto e saper “attendere ” che sia il momento per traguardi e conquiste.
Ma il tempo è tiranno, si sa. Sembra quindi più giusto competere per arrivare prima degli altri, diventare l’orgoglio di genitori. È l’era dei “geni”. Mentre questi ultimi hanno la necessità di restare bambini nei tempi giusti, di vivere infanzia e l’adolescenza pian piano, crescere e misurasi. Stare avanti vuol dire isolarsi dal resto, annoiarsi a lezione, non riconoscere all’altro talenti diversi dai propri. E correre… senza riuscire a vivere un tempo che mai tornerà.
Tanti gli adulti adolescenti che hanno figli che li preservano perché costretti a maturare precocemente e ragazzini senza riferimenti di certezze che chiedono attraverso gesti e azioni significative attenzione, tempo. Tornare indietro non si può, ma correre per “stare avanti” è pericoloso . È la scelta per vivere dentro “la solitudine dei numeri primi “. Vivere con gli altri e misurarsi, cooperare e crescere resta un “gioco” che ci fa grandi a qualsiasi età.