Dallo scorso 15 aprile la dottoressa Fabiola Tamburro, del reparto Urologia dell’ospedale di Vasto, è in Liguria con la task force della Protezione Civile che sta dando manforte alle strutture sanitarie messe a dura prova dall’emergenza Coronavirus. È da poco terminata la sua giornata lavorativa quando la contattiamo telefonicamente per farci raccontare come sta vivendo questa esperienza professionale e umana a servizio della comunità.
Dove sta svolgendo il suo servizio?
Sono nella Asl 4 della Liguria. Stiamo facendo vigilanza in case di riposo ed Rsa – sono 29 in tutto – che oggi rappresentano la nuova emergenza. Da alcuni giorni sono all’istituto Torriglia, che si è trovato in grande difficoltà con alto numero di positivi tra i degenti e anche nel personale e ha dovuto affrontare problematiche notevoli. Va considerato che queste strutture non nascono come strutture per malati acuti, non sono ospedalizzate. Per evitare di sovraccaricare gli ospedali ci siamo dovuti organizzare per tenere i degenti e restituire queste strutture un minimo di “normalità”.
Perché ha deciso di partire affrontando questa esperienza?
È stata una decisione presa di getto come successo quasi a tutte le persone con cui ho avuto modo di parlare. Ho sentito la necessità di dare una mano ai colleghi delle Regioni che sono più in difficoltà, considerando che nell’ospedale in cui lavoro, soprattutto nel mio reparto, la situazione è più sotto controllo. La necessità, il desiderio di sostenere queste persone nasce dal fatto che io stessa so cosa significa essere sostenuti. Sono aquilana, sono reduce del terremoto sotto tutti i punti di vista. E so bene che la condivisione e il sostegno che possono venire dalla solidarietà sono veramente d’aiuto. Quella che sto facendo è un’esperienza forte ma condivido quello che dicono tutti: ricevi più di quello che dai.
Come stanno vivendo questa situazione le persone che sta incontrando nelle strutture dove svolge il servizio?
Sono stata accolta benissimo, ho trovato persone spaventate ma con una grande volontà di superare questa situazione e, soprattutto, cercare di tornare quanto prima a una “normalità”. Dal un punto di vista umano è veramente un’esperienza importantissima perché riesci a conoscere le persone dal vero. L’accoglienza nei confronti di noi medici della Protezione Civile, è molto affettuosa, c’è tanta gentilezza. Si è riusciti a creare una task force veramente utile unendo le energie dei sanitari del luogo, di noi della Protezione Civile e della Asl che ha messo a disposizione le sue risorse e i suoi mezzi.
Nel suo lavoro incontra quotidianamente gli anziani che sono tra i più colpiti dalla pandemia. Come stanno vivendo questi giorni difficili?
Gli anziani in questo periodo sono la popolazione fragile. Sono spaventati, disorientati ma ci si rende conto che basta una carezza per dare loro sollievo. In tutte queste strutture dove sto lavorando non possono ricevere ormai da tempo i loro cari. Organizzare delle videochiamate, far vedere loro i familiari, è già quello un percorso terapeutico.
Quando rientrerà a Vasto?
L’esperienza, come per tutti i medici della task force, dura 21 giorni, quindi il 5 maggio sarò a Vasto. Seguirò le indicazioni per tutti e poi quella della direttrice sanitaria per il rientro in ospedale. Mi mancano il mio lavoro e il mio reparto.
Ci si avvicina alla tanto attesa fase 2. Come affrontarla?
Sicuramente bisogna seguire i protocolli che ci vengono consigliati perché arrivano da un tavolo di tecnici. È logico che è anche necessario cercare di ritornare, non dico alla normalità – perché la parola normale ora ha un significato diverso e lo avrà nel futuro, perché non è sicuramente quello che abbiamo lasciato – ma a qualcosa che le si avvicini. È un percorso diverso ma che bisogna iniziare a fare con tutte le precauzioni e le cautele che dobbiamo seguire.