I 50 anni di sacerdozio sono certamente un traguardo importante. E così il protagonista della storia della domenica di questa settimana non può che essere don Antonio Bevilacqua, sacerdote vastese doc, che proprio in questi giorni festeggia i 50 anni dalla sua ordinazione. Lo andiamo a trovare nella sua parrocchia, San Lorenzo Martire, che guida dal 2009. Prima di iniziare la chiacchierata ci porta a vedere come procedono i lavori nella chiesetta tratturale, che verrà inaugurata il 4 luglio, dopo l’opera di restauro progettata dall’architetto Francescopaolo D’Adamo. Torniamo nel suo ufficio e mentre don Antonio arriva con l’auto un gruppo di ragazzi gli si fa intorno gridando il suo nome. Allora lui ferma la macchina, scende, e li saluta con affetto. Poi, seduti nel suo ufficio di fianco alla chiesa, si lascia andare ai ricordi. Il primo è quello dell’ordinazione sacerdotale. “Fu a San Giuseppe, che allora era la cattedrale della diocesi di Vasto. Eravamo in 4. Oltre a me c’erano un mio compagno di studi di Fara San Martino e due benedettini dell’abbazia di Miracoli. Il vescovo era monsignor Bosio, che conoscevamo bene perchè veniva a trovarci molto spesso in seminario”.
Sacerdote e professore, come fossero due vocazioni nella stessa persona. “Quella di docente penso sia stata un caso della nostra storia. In fondo è stata una scelta pastorale. Ho iniziato insegnando religione fino al 1971 all’istituto commerciale e per geometri. Erano anni difficili, c’era la contestazione giovanile, c’era stato il Concilio Vaticano II. E poi c’era una società che cambiava, diventando sempre più secolarizzata. Questo ha spinto noi sacerdoti giovani ad inserirci nel mondo della scuola per essere vicini al mondo giovanile”. Dall’insegnamento della religione arrivò quello della storia e filosofia, in un panorama scolastico che vedeva una sorta di opposizione con l’area di influenza comunista che faceva una scelta simile. “La nostra scelta della scuola è stata una scelta coraggiosa di pastorale giovanile”. Un rapporto sicuramente diverso, quello degli studenti con un sacerdote. Don Antonio ricorda con affetto i tanti anni della scuola, tanti dei quali trascorsi nel Liceo Scientifico Mattioli. Nel corso degli anni, si creava un rapporto che andava oltre quello studente-docente. “Con tanti ragazzi il dialogo andava fuori dalla scuola. Tante amicizie sono nate in quegli anni e andati avanti”.
La sua vita è legata indissolubilmente alla parrocchia di San Giuseppe. “E’ la mia parrocchia d’origine. Quando ero molto piccolo, il mio parroco don Felice Piccirilli trovò in me le qualità per poter essere avviato al sacerdozio. La mia famiglia era contraria, ero il primo figlio maschio, e non sono stato incoraggiato. Però poi alla fine hanno accettato questa mia scelta”. I suoi anni di servizio sacerdotale, fino al 2009, sono stati vissuti sempre a San Giuseppe, di cui era viceparroco e, oltre all’insegnamento nel Liceo c’era quello nell’istituto di Scienze religiose. Sacerdote, insegnante e anche scrittore. Tanti sono i volumi usciti dalla penna di don Antonio in questi anni. Dallo scaffale alle sue spalle vengono fuori i volumi. Il primo, e non potrebbe essere altrimenti, è quello su Don Felice Piccirilli, “il mio parroco”, dice con un pizzico d’orgoglio. Ce ne sono ben 3 su Dino Zambra. “E’ un giovane di Santa Maria Arabona, Manoppello. Era iniziato il suo processo di beatificazione che poi si è fermato. Il vescovo Menichelli, quando nel 1993 andai a consegnargli il libro su don Piccirilli, mi chiese di poter seguire il caso di Dino Zambra. E così ho scritto la sua biografia, sono stato messo in contatto col postulatore della causa di beatiicazione. E’ venuto fuori un libro ufficiale, per la Congregazione vaticana per la causa dei santi,. E poi altri 3 libri su questo giovane”. Dopo tanti anni per don Antonio è arrivata l’esperienza da parroco, nella comunità di San Lorenzo. Da San Giuseppe la distanza è davveo breve, ma tra le due realtà parrocchiali le differenze sono tante. Il suo primo grande impegno fu quello di lavorare alla riapertura della chiesa di San Lorenzo, che aveva bisogno di lavori. E poi la chiesetta tratturale. “Era intitolata a San Lorenzo martire, ma c’era anche la devozione della Madonna della Salette. E così abbiamo chiesto alla Confraternita che porta il suo nome, fondata da qualche anno, di prendersene cura quando sarà riaperta”, il 4 luglio alla presenza dell’arcivescovo Bruno Forte.
I 50 anni di sacerdozio sono per Don Antonio anche il momento per ripensare al cammino fin qui compiuto. “Sono stati tutti anni belli, un susseguirsi di avvenimenti e sensazioni sempre nuove. Questi 50 anni sono passati leggeri, ovviamente con le loro difficoltà, che non mancano nella vita di nessuno”. Un ricordo anche per i vescovi del passato. “Monsignor Capovilla aveva uno spessore davvero eccezionale. Ancora oggi siamo in ottimi rapporti. Quando pubblico un libro glielo mando e lui mi scrive ricordando gli episodi del passato. Era la voce del Concilio che arrivava fino a noi e quindi è stato davvero un punto di riferimento molto importante”. Si pensa al passato e si pensa anche al futuro. Gli chiedo cosa vuole fare per i prossimi 50 anni. E lui, scherzando, dice “ho preso una serie di impegni per i prossimi 50 anni”. Poi, pensando alla sua parrocchia, esprime i suoi desideri. “Mi piacerebbe suscitare più interesse di carattere spirituale. Ora, terminati i lavori nelle nostre due chiese, mi piacerebbe lavorare sull’aspetto formativo della comunità, vorrei una vera comunità cristiana, religiosa, umana. Troppo spesso in questo contesto territoriale ci si isola. Manca il senso della comunità, dell’aggregazione. E vorrei che queste strutture parrocchiali diventino il centro degli abitanti di San Lorenzo”.
Testo di Giuseppe Ritucci
Immagini di Costanzo D’Angelo
Foto – Don Antonio Bevilacqua
foto di Costanzo D’Angelo