L’Associazione culturale “Pulgenella” di Castiglione Messer Marino organizza nella giornata di domenica 4 agosto l’evento Maschere e tradizioni, un esclusivo raduno in cui alla tradizionale sfilata del tipico pulcinella si uniranno i Pustje di Rodda (UD), i Blumarj di Montefosca (UD), i Zann da Acquasantaterme (AP), le Zite di Letino (CE) e le maschere di Tricarico (MT). In un tripudio di musica e colori si incontreranno in un unico grande evento maschere provenienti da tutta Italia. I padroni di casa saranno dunque le pulgenèlle di Castiglione Messer Marino.
Il nome Pulgenelle rimanda al noto Pulcinella napoletano, da cui riprende certamente il nome, la veste bianca e la forma tendenzialmente conica del cappello. Del pulcinella partenopeo conserva anche lo spirito sfrontato, ma rispetto a questo non nasconde il viso dietro la tipica maschera nera e non camuffa in alcun modo il volto. Dunque, il pulcinella castiglionese presenta delle caratteristiche proprie che lo distinguono dalle altre maschere.
Innanzitutto, è importante sottolineare il ruolo che il pulcinella ricopre all’interno della Maschera. La dottoressa Adriana Gandolfi afferma che il pulcinella “era ed è centrale nel carnevale perché svolge la funzione di maestro di cerimonia”, ovvero colui che accompagna le maschere, dirige con gli altri compagni pulcinella l’intera sfilata dei figuranti, si fa largo tra la folla e stabilisce le soste, durante le quali gli altri mascherati si esibiscono con scenette e balli.
Ma attraverso quali strumenti il pulcinella svolge il suo servizio d’ordine e si identifica all’interno del corteo mascherato? Il primo elemento sonoro che consente al popolo di percepire l’arrivo del pulcinella è il campanaccio. Infatti, il pulcinella castiglionese indossa vistose sonagliere e campanacci attorno alla cintura, sulla schiena, sul torace e in alcuni casi persino sui talloni. L’utilizzo di questi campanacci, che ricordano quelli del bestiame, e i suoni che ne derivano, rievocano la transumanza che attraversava Castiglione sull’antico tratturo Ateleta-Biferno. L’uso dei campani pastorali è una delle costanti più antiche del rito del carnevale. In generale, gli scampanatori hanno sempre la funzione esplicita di richiamare l’attenzione del paese e introdurre così il cerimoniale mascherato. Il richiamo pastorale è evidente poiché l’arrivo dei pulcinella scampanatori può essere assimilato all’invasione di un gregge, di una mandria, a testimonianza di un mondo trascorso che fa da sfondo e da antefatto al mondo presente: il mondo dei grandi spazi pastorali che circondano i paesi.
Un secondo elemento che risalta alla vista dei pulcinella è l’imponente cappello colorato. L’alto capello tendenzialmente conico discosta visibilmente il pulcinella castiglionese dal suo omonimo partenopeo. La tradizione prevedeva che il copricapo venisse realizzato partendo da un telaio ricavato da una leggera canna sezionata e allargata a cono, ricoperto in un secondo momento da strati di carta, o materiale da recupero, stoffe ad esempio, su cui venivano cuciti dei pannelli sfrangiati con lunghi nastri multicolori (zagarèlle). Il cappello si completava ponendo sulla cima dei vistosi pennacchi colorati. I cappelli realizzati oggi sono molto più elaborati, complessi e molto più alti rispetto a quelli di un tempo (alcuni di essi oggi possono essere alti anche 1.40 m). Come ogni accessorio sfoggiato dal pulcinella, anche il cappello nasconde dei significati simbolici che ne chiariscono la funzione:
“Cappello a cono e una cintura di campanelli, l’onnipresente attributo che, dai riti del buddismo tibetano alla liturgia cristiana, annunciano la presenza di entità spirituali. Essi allontanano gli astanti a colpi di frusta, con la quale aprono la via al corteo mascherato fendendo la folla, come re degli spiriti che sottoforma di maschere irrompono nel mondo dei vivi a carnevale”.
Il pulcinella è armato di frusta (lu scrujazz), con la quale si fa largo tra la folla consentendo il passaggio dei mascherati. Anche in questo caso il riferimento pastorale è evidente: lu scrujazz rappresenta la frusta da mandriano con cui il pastore indirizza il bestiame. L’esibizione dei Pulcinella rappresenta il momento di maggiore attrazione: il Pulcinella, riprodotto in decine di replicanti, ballando sulle note di canti tradizionali e saltellando con passi cadenzati di zumbarèlle, una variante locale del più noto saltarello, crea un divertente vortice di colori e allegria.
Il termine della sfilata è poi caratterizzato dalla degustazione delle tipiche sagne a lù cuttèure (le sagne al caldaio). Le origini di questo primo piatto risalgono al tempo del funzionamento degli antichi mulini ad acqua. Era buona abitudine per i mugnai impastare acqua e farina per realizzare queste sagne a pezze (pezzate) da condire con salsiccia, pancetta e peperoncino in polvere dolce. Ma la vera curiosità sta nella degustazione: le sagne venivano mangiate da tutti nello stesso caldaio di rame (lù cuttèure) e con le mani. Narra la leggenda che verso la fine del 1800 un gruppo di castiglionesi, recatosi al mulino dell’asinello (dove nasce il fiume Sinello), rimase bloccato dalla neve. La moglie del mugnaio, non avendo niente da offrire per rifocillare i clienti, impastò le sagne, cuocendole nel caldaio con salsiccia e pancetta. Non essendoci le posate per tutti, il gruppo si arrangiò mangiando la pasta con le mani. Oggi i mulini a acqua non ci sono più, ma la tradizione si è conservata ugualmente, così come i pulcinella continuano a colorare e ad animare le vie di un paese dell’Alto Vastese che tenta di resistere all’inarrestabile fenomeno dello spopolamento, organizzando iniziative culturali come quella del prossimo 4 agosto, un evento da non perdere per riscoprire e valorizzare tradizioni che diversamente verrebbero dimenticate.
Francesca Liberatore