Inizia con un accento sbagliato: “Stamattina sono stato a Fràine”. La platea forzista, raccolta nella sala conferenze della Società operaia di mutuo soccorso di Vasto, lo corregge subito. Gianfranco Rotondi parla di Fraìne per dire che “per me, un comune di 280 abitanti è uguale a uno di 60mila” e che vuole conoscere i problemi del territorio.
L’ex ministro, candidato negli anni Novanta nella sua Avellino, poi a Rho, quindi nuovamente in Campania e ora capolista alla Camera nel proporzionale dell’Abruzzo meridionale, è quello che nel liguaggio politico-elettorale, si definisce un catapultato, o un paracadutato. Un candidato non proveniente dal territorio, ma imposto da Roma per assegnargli un seggio sicuro nel Rosatellum, che del precedente sistema elettorale, il Porcellum, ha conservato il sistema delle liste bloccate: chi è capolista, come Rotondi, di un partito grande può dormire sonni tranquilli, perché un posto a Montecitorio è garantito.
“Sulla catapulta – è la prima cosa che vuole chiarire – io ero tendenzialmente contrario, essendo deputato uscente di Napoli. Ma non sono berlusconiano solo quando Berlusconi mi porta in Parlamento. Abbiamo deputati che erano berlusconiani e poi, appena arrivati in Parlamento, si sono fatti attrarre dal Governo e ora alcuni di loro sono tornati berlusconiani all’ultimo secondo per essere rieletti. Non mi riferisco a Quagliariello, che ha fatto il suo percorso politico. Berlusconi è un personaggio che la storia giudicherà meglio delle cronache”.
Rifiuta l’etichetta di paracadutato o catapultato e si definisce “un inviato speciale. Qui in Abruzzo abbiamo costruito la Democrazia cristiana per le autonomie: creammo un partito che qui prese il 3,5%. E Berlusconi fece addirittura sondare il il mio nome come presidente della Regione, prima di puntare su Giovanni Pace”, che vinse le elezioni del 2000 e fu governatore per cinque anni.
La sfida elettorale “è un referendum tra noi e il Movimento 5 Stelle. Ho il dovere di dirvi che non abbiamo già vinto. Qui ci giochiamo la vittoria nazionale, che possiamo conseguire solo con tutti e sette i collegi maggioritari. Dobbiamo levare il seggio alla Lega”.
“La crisi è qui e a Napoli. Se arretriamo di una virgola qui e a Napoli, non abbiamo la maggioranza. Senza la maggioranza Mattarella non ci darà l’incarico di formare il Governo e, di conseguenza, non potremo andare a dirgli che il nostro premier è Tajani”.
“A sinistra – tuona Massimiliano Zocaro, coordinatore cittadino di Forza Italia – non hanno il coraggio di candidare qualcuno del Consiglio comunale di Vasto nel Pd o nelle liste a sostegno dell’ormai ex Governo nazionale”. In questi ultimi dieci giorni di campagna elettorale, “possiamo far sì che questo territorio elegga una rappresentante di spessore: Tiziana Magnacca”.
“E’ un onore – sottolinea Guido Giangiacomo, consigliere comunale a Vasto – avere Rotondi candidato. Non è stata una catapulta. Il partito è onorato di avere uno dei suoi esponenti più importanti candidato sul territorio”. Punta il dito contro il Pd, partendo dal presidente della Regione, Luciano D’Alfonso: “Ha messo se stesso e pochissimi suoi amici nei pochi posti sicuri” delle liste elettorali. L’assessore regionale alla Sanità “Paolucci è stato avvistato a Scerni a distribuire defibrillatori”. Poi contro il sindaco di Vasto, Francesco Menna, che lunedì ha concluso il rimpasto di Giunta: “E’ stata una spartizione di poltrone. Il diluvio sta cadendo sopra le loro teste”.
Davide D’Alessandro, consigliere comunale della lista civica Vasto2016, introduce gli interventi. Ad ogni introduzione, una frecciata velenosa: “Il Pd è senza partito, senza esponenti e senza territorio. La candidatura di Marusca Miscia di Lanciano significa che sono stati bocciati gli esponenti di questo territorio. Le loro facce sono facce da necrologio in attesa di quella che Marquez chiamava cronaca di una morte annunciata”.
Tiziana Magnacca non nasconde che “con il mio partito ho delle riserve. Quando ho dato la mia disponibilità a candidarmi, immaginavo una candidatura in un collegio uninominale, perché, da sindaco, sono abituata a cercare il consenso e a giocarmi la fiducia dei cittadini con un avversario”. Brucia la candidatura nel proporzionale, dove la prima cittadina di San Salvo ha dovuto cedere il posto di capolista (e quindi l’elezione sicura) proprio a Rotondi: è stata “una decisione presa non dall’Abruzzo”, ma “spenderò fino all’ultima delle mie energie per raggiungere il risultato. Qualche nostro avversario dice: ‘Nel mio partito non ci sono catapultati’. Se non ci sono, è perché, in quel partito, neanche i primi posti sono sicuri”. L’appello: “Non ci piace la decisione di Roma? Abbandoniamo le polemiche sui catapultati e diamoci da fare. Rotondi è già eletto, è già seduto in Parlamento. Facciamo in modo che Forza Italia abbia un secondo eletto perché, da sindaco, so che, se non avremo un rappresentante di questo territorio, dovremo andare a Roma col cappello in mano. Pensate che Di Maio si interesserà dei problemi e delle possibilità di sviluppo di questo territorio? No, perché non siamo il suo bacino elettorale. Dietro il simbolo di Forza Italia ci sono persone che conoscete. Non so se le apprezzate o no, ma sono persone che conoscete e con cui vi potete confrontare. Il Movimento 5 Stelle vi chiede il voto su un simbolo e candida una signora di Vasto, originaria di Foggia, che non ha avuto il coraggio di presentarsi a un solo confronto pubblico”.