La leggera pioggia dei giorni scorsi ha ridato vigore ai torrenti della vallata che confluiscono nel Trigno (il Verrino e altri) e attualmente il flusso d’approvvigionamento per il Vastese è di 200 litri al secondo. Si va quindi verso la normalizzazione della crisi idrica che nei giorni scorsi ha messo a dura prova il territorio prospettando anche il ricorso alle autobotti.
A confermarlo è Franco Amicone, commissario del Consorzio di Bonifica Sud, che gestisce la diga di Chiauci e il sistema d’irrigazione della vallata. “Con gli apporti deliberati dalla Regione – dice a zonalocale.it – e grazie anche a un abbassamento della temperatura, riusciamo a soddisfare il bisogno e a dare 200 litri al secondo. Ci avviciniamo alla normalità, ma resto prudente perché non sappiamo quando pioverà di nuovo. Al momento siamo in condizioni ordinarie, ma sempre in allerta”.
LO SBARRAMENTO CROLLATO – Da importante supporto allo sviluppo industriale a ciclopiche rovine in memoria di tempi andati. Tra i prelievi autorizzati c’è quello in località “Pietrafracida” in territorio di Lentella, un centinaio di metri prima della confluenza col Treste (dal quale oggi non arriva un goccio d’acqua, LEGGI). “Fino al 30 settembre anche questo ci aiuta con i pozzi che ha”, dice Amicone. Lo sbarramento del fiume Trigno è in gran parte crollato, spazzato via dalla piena di fine novembre 2015 (durante il maltempo che portò al crollo di parte della Statale 650).
Di quell’opera a quanto pare resteranno solo le rovine di grandi dimensioni: troppo costoso ricostruirlo. Lo sbarramento fu realizzato dal Consorzio industriale (Coasiv) tra il 1963 e il 1965 “per poter risolvere il problema dell’approvvigionamento idrico della zona industriale del Vastese e soddisfare insieme i fabbisogni dell’irrigazione”, come si legge nel volume Vastese e industria: una piccola diga che nacque insieme alla Siv e per esigenza della stessa zona industriale che in quegli anni vedeva la luce in Piana Sant’Angelo. Cinquant’anni dopo non c’è più, il prelievo che avveniva lì è stato spostato più a monte, a San Giovanni Lipioni.
[ant_sx]“Si tratta di un prelievo autonomo dell’Arap (ex Coasiv) – dice Amicone – Nel momento in cui è venuta meno questa possibilità c’è stato l’accordo per il prelievo diretto a San Giovanni Lipioni. Con tutti gli attori interessati abbiamo convenuto che sarebbe stato troppo costoso metterci mano e si è ritenuto più conveniente usare la presa che abbiamo a San Giovanni”. Oltre al crollo della struttura, oggi a Pietrafracida c’è anche un problema di dispersione causato dalla rottura di un adduttore, su questo si cercherà di intervenire in tempi rapidi: “Ho convocato una riunione con l’Arap Servizi. Finora non si è potuto aggiustare in quanto i tempi di sistemazione sono di almeno 8-10 giorni e questo non consente l’interruzione del flusso, visto che la capacità di accumulo da parte dell’Arap è di tre giorni. Ora abbiamo individuato un’idea che potrebbe risolvere il problema”.
CHIAUCI E L’ACQUA CHE SI PERDE PER STRADA – Un ruolo fondamentale nella fase più acuta dell’emergenza l’avrebbe potuto avere la diga di Chiauci, rimasta invece completamente a secco [LEGGI]. L’incapacità di terminare l’incompiuta per eccellenza è tornata così sotto i riflettori, rinfocolata dalla bagarre politica.
Amicone come nuova data limite per il raddoppio della capacità indica l’anno prossimo: “Abbiamo appaltato la sistemazione dell’ammasso roccioso e contiamo di appaltare per metà ottobre la messa in sicurezza delle paratoie per poter raddoppiare l’invaso sperimentale. Per l’anno prossimo potremmo avere 7 milioni di metri cubi d’acqua anziché 3 milioni e mezzo. Sono le condizioni poste dal Servizio Dighe per poter aver il raddoppio dell’invaso sperimentale. Sono ragionevolmente certo che queste due operazioni le porteremo a termine”.
Secondo il commissario del Consorzio, la diga potrebbe lavorare anche a pieno regime, ma tutto sarebbe reso vano dalla dispersione che avviene per strada. “Quello che mi sento di dire – conclude – è che se non si mette mano all’intero sistema di distribuzione, anche la diga a 14 milioni di metri cubi non riuscirà a risolvere il problema. Perdere il 50% dell’acqua distribuita è un problema serio. È vero che non ci sono risorse, ma bisognerebbe elaborare un piano d’azione per lotti per risolvere via via le situazioni più critiche”.