Torniamo a occuparci dei sindaci del Vastese con la rubrica “E il sindaco che fa?” eccezionalmente spostata a oggi rispetto al consueto appuntamento della domenica per lasciare spazio all’aggiornamento della situazione meteo.
Per l’occasione abbiamo intervistato Giuseppe Masciulli, sindaco di Palmoli, uno dei primi cittadini di lungo corso del territorio. Sindaco la prima volta nel 1990, con lui abbiamo parlato di politica, spopolamento, immigrazione, strade e tanto altro.
Sindaco dal 1990 al 2004, vice dal 2004 al 2014 e ora nuovamente primo cittadino, insomma una vita da amministratore, non ti sei stancato?
Come diceva qualcuno “Dalla politica non ci si dimette”, perché fa parte della persona e dei suoi interessi. Questa volta mi sono ricandidato perché all’interno dello schieramento non si era riusciti a individuare un’altra persona per aprire un nuovo ciclo e sono stato convinto da un po’ tutti. Questi 5 anni quindi saranno di transizione per individuare un altro candidato di prospettiva.
Sei il primo sindaco di lungo corso che intervistiamo, cos’è cambiato in 25 anni?
Dagli anni ’90 a oggi è cambiato tutto. Allora c’era una struttura amministrativa – comunale e sovracomunale – collaudata. Il sindaco non era lasciato solo e aveva solidi riferimenti in Comunità montana, Provincia, Regione e parlamentari del territorio. Questo perché esistevano i partiti e c’era un continuo trasferimento di notizie.
Ora il sindaco è solo; non ha un partito in grado di selezionare i consiglieri e la classe dirigente. Anche fare la lista è un terno al lotto, si ricorre alla buona volontà della persona, ma non si verifica se questa ha un’attitudine o un vero interesse verso l’attività amministrativa. Mancano i riferimenti: la Comunità montana non esiste più, la Provincia crea problemi anziché risolverli (basti pensare alle strade).
Sono diminuiti notevolmente i trasferimenti da parte di Stato e Regione. Nel 2011 il Comune di Palmoli ha ricevuto 382mila euro, nel 2015 la cifra è scesa a 231mila euro, il 40% in meno (151mila euro) a fronte di maggiori incombenze in campo scolastico e sociale.
Oggi abbiamo il problema di chi apre il Comune la mattina. Quando sono partito avevo 14 dipendenti più 3 esterni, ora 4. Dal punto di vista politico, infine, non c’è più il partito-chiesa. I candidati aderiscono di volta in volta alle proposte del sindaco. Da un lato è un fattore positivo, le attività devono essere di volta in volta verificate. Dall’altra, però, l’attività amministrativa è instabile.
Circa 1.300 abitanti nel 1990, 954 oggi. Lo spopolamento è inevitabile anche con la buona politica?
Quando ho iniziato a fare il sindaco lo spopolamento era già un fenomeno critico. Venivamo da un decennio durante il quale Palmoli aveva perso il 20% della popolazione, tra il 1981 e 1991 si è passati da 1.570 a 1.292 residenti, nel decennio successivo da quella cifra a 1.162, con un decremento del 10%. Siamo riusciti ad attutire il fenomeno perché già all’epoca ci siamo preoccupati di favorire la permanenza delle famiglie a partire dal potenziamento dei servizi.
Nel 1992 costituimmo la scuola unica Palmoli-Dogliola e Tufillo garantendo la permanenza di tutte le scuole (asilo, elementari, medie con gli studenti anche di Carunchio). Per un anno ci fu il pericolo della chiusura delle medie, ma nessuno lo seppe. Fu un anno di grosse preoccupazioni con continui colloqui con il Provveditorato.
Ancora oggi insieme a Gissi e Castiglione siamo gli unici ad avere il ciclo completo senza pluriclassi. Nel 2008 è stato attivato l’asilo nido con costi molto bassi, meno della metà di quanto si paga a Vasto e San Salvo; ogni anno finanziamo corsi di musica e inglese ecc.
Dall’altro lato abbiamo cercato di agire sulla leva fiscale cercando di rendere vantaggioso restare qui. Siamo uno dei pochissimi comuni d’Italia che non applica l’addizionale Irpef.
Come si concilia con la necessità di maggiori entrate?
Abbiamo un’attività di controllo molto precisa sul Bilancio. Da sempre – e non sull’onda degli ultimi movimenti, ma già dal ’90 – abbiamo agito sulle indennità di funzione. Io come sindaco oggi prendo 490 euro lordi (sulle 1.200 euro previste), il vice 20% di questa cifra, l’assessore il 15%. Non abbiamo benefit. Siamo uno dei pochi comuni inoltre ad aver attuato le indicazioni della corte dei conti sui rimborsi di viaggio. Per chiedere sacrifici agli altri bisogna dare il buon esempio.
Alle entrate contribuisce un impianto fotovoltaico con 40mila euro all’anno (1 Mw); abbiamo rivisto i contratti di affitto ed eliminato quelli passivi riorganizzando le strutture. Abbiamo preso in comodato d’uso il collegio della Sacra Famiglia che affittiamo al consorzio Matrix per il centro d’accoglienza: sono altri 40mila euro all’anno, ma soprattutto sono 12 posti di lavoro.
Uno dei temi attuali è quello dei poli scolastici, è una misura corretta decentrare le scuole?
Io credo che sia assurdo nel 2015 mandare i ragazzi in pluriclassi come si faceva nelle scuole rurali. È necessario avere classi normali con 15-20 alunni in strutture adeguate e sicure. Bisogna fare i conti però con le serie statistiche. Quando decidemmo nel ’90 di accorpare le scuole fummo lungimiranti perché abbiamo realizzato una scuola completa e funzionante per 20 anni. Dalle statistiche che abbiamo emerge che nel 2019-2020 anche noi entreremo in crisi non riuscendo ad avere classi complete. Bisogna quindi lavorare in modo che per quella data ci sia una struttura raggiungibile comodamente in 10 minuti di autobus.
Negli anni ’80-’90 la gente si trasferiva sulla costa. Oggi questo fenomeno si è notevolmente ridotto a causa della crisi economica. Ora il grande problema è il calo demografico: tante persone non se la sentono di mettere su famiglia o decidono di avere al massimo un figlio.
Capitolo immigrazione: Palmoli ha anticipato tutti già nel 1997 con gli albanesi. Due anni fa, invece, è stato il primo comune del Vastese a ospitare un centro d’accoglienza per gli immigrati provenienti dall’Africa. Cosa cambia tra queste due emergenze?
Nel ’97 ospitammo 70 albanesi arrivati al porto di Brindisi, restarono circa un anno. Oggi c’è molta più organizzazione. All’epoca era tutto basato sul volontariato; la Prefettura non aveva fondi certi. Un ruolo fondamentale, infatti, fu giocato dalla Caritas e dalle donazioni dei cittadini di Palmoli e paesi vicini.
Oggi c’è una vera organizzazione, più efficiente seppur più costosa per le casse dello Stato.
È cambiata la percezione di questo fenomeno da parte dei cittadini?
È cambiata perché rispetto a 15 anni fa ci sono molti più italiani in difficoltà. A fronte di questo, verificare che lo Stato e la Comunità Europea destinano somme di denaro per l’accoglienza di stranieri crea situazioni di disagio e di risentimento.
Qui c’è stata anche la prima protesta degli immigrati, com’è ora la situazione?
Ora non ci sono più le condizioni perché si verifichi di nuovo. La protesta scattò perché la commissione che sta ad Ancona che decide se ci sono i requisiti per ottenere l’asilo politico o economico, chiamava gli immigrati anche oltre un anno dopo il loro arrivo. I ragazzi attendono questo momento perché con lo status di rifugiato possono muoversi nella Comunità Europea. I migranti all’epoca forse sbagliarono luogo dove protestare, lo avrebbero dovuto fare a Chieti. Oggi le procedure sono state velocizzate e nella struttura si nota un certo ricambio.
Restiamo sulle proteste. Palmoli è stato tra i comuni protagonisti del blocco della Statale 16. Bisogna alzare la propria voce per vedere riconosciuti i propri diritti?
Vedendo le recenti decisioni, ad esempio il Masterplan, presumo che in altre parti della regione non ci sia bisogno di alzare la voce. Siamo stati costretti alla protesta estrema perché lo stato d’abbandono dura da oltre 10 anni. Abbiamo dovuto chiedere le dimissioni di Pupillo e bloccare la Statale per richiamare l’attenzione sulle nostre strade.
Nell’immediato la protesta è stata efficace perché la Regione si è mossa per riaprire la fondovalle Treste in tempi rapidi a San Buono e Cupello, ma ora c’è una nuova fase di stallo. Dei 28 milioni di euro del Masterplan dedicati alla Provincia, 10 sarebbero destinati al Vastese. Nell’ultima occasione ho fatto presente a D’Alfonso che tale somma è totalmente insufficiente. La risposta è stata che userà i ribassi d’asta di altri progetti per aumentare gli investimenti, vedremo.
Piluso a Schiavi, Di Stefano a Fresagrandinaria, Masciulli a Palmoli. I sindaci di lungo corso del territorio provengono tutti dall’area socialista, semplice coincidenza?
Abbiamo in comune la “scuola politica”. Abbiamo iniziato a impegnarci quando questo territorio era controllato in modo militare, nel vero senso della parola, dalla Democrazia Cristiana. Quindi, per riguadagnarci il consenso eravamo costretti – ed eravamo ben felici di farlo – a un rapporto diretto con le persone, a guadagnarci giorno per giorno il consenso.
Quando sono stato eletto, gli unici sindaci non democristiani da Atessa a Schiavi eravamo io, Luciano Piluso (Schiavi d’Abruzzo), Giovanni Di Stefano (Fresagrandinaria), Remo Carilli (Roccaspinalveti) e Pierino Sciascia (Lentella, del Pci). Dovevamo documentarci giorno per giorno, cercare finanziamenti, operare per il bene comune; eravamo continuamente in viaggio tra L’Aquila e Roma.
Rispetto a Fresagrandinaria, dove Di Stefano nell’ultima tornata elettorale ce l’ha fatta sul fil di lana, qui non ci sono stati problemi per la rielezione, anzi l’ultima volta è proprio mancata l’opposizione. È segno della buona politica di questi anni?
Presumo di sì, abbiamo cercato di mantenere il paese tranquillo senza alimentare le tensioni e cercando di essere imparziali nelle scelte amministrative.
Castello di Palmoli, una riqualificazione che si sta rivelando vincente.
Sì, abbiamo iniziato la ristrutturazione nel 1991 con 600 milioni della Comunità montana. Da lì abbiamo continuato a investire con i vari fondi (Cipe, Psr, legge sui centri storici) facendolo diventare il biglietto da visita di Palmoli, un effetto che non avevamo previsto.
Oggi abbiamo 20-30 famiglie inglesi e tedesche che hanno ristrutturato casolari e vecchie abitazioni. Questo avviene perché c’è la nostra disponibilità a intervenire subito sui servizi (acqua, elettricità ecc.), ma soprattutto grazie alla prima impressione che si ha con il castello e il centro storico.
La tua è una vita dedicata all’amministrazione, la famiglia viene sacrificata?
Purtroppo sì. Nel mio caso ancora di più perché faccio il libero professionista e devo lavorare molto spesso anche il sabato e la domenica per recuperare il tempo dedicato all’amministrazione.
Non ti hanno mai chiesto di fare un passo indietro?
L’ultima volta sì.
E tu?
Non ci si dimette dalla politica.
La scheda di Giuseppe Masciulli
Nato: 24/05/1962
Stato civile: coniugato
Risiede a: Palmoli
Professione: ingegnere
Sindaco dal 27/5/2014
Schieramento di elezione: lista civica “Rinnovamento”
Precedenti incarichi istituzionali: dal 1990 al 2004 sindaco di Palmoli; dal 2004 al 2014 vicesindaco; dal 1999 al 2004 consigliere provinciale; fino al 2000 assessore Comunità montana; dal 2002 al 2010 nel Cda della Sasi.
Numero residenti Comune: 954
LE PUNTATE PRECEDENTI
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