“Questa non è la mia fascia; l’ho ritrovata un po’ sgualcita in uno dei tuoi cassetti e l’ho voluta indossare. Adesso è tua per sempre, proteggici da lassù”. Così Manuele Marcovecchio, sindaco di Cupello, ha voluto salutare Panfilo Di Silvio, suo predecessore venuto a mancare dopo una dura malattia, affidando la fascia tricolore indossata per l’occasione alla polizia municipale, che l’ha adagiata sul feretro. Tanti altri i sindaci in fascia tricolore che, insieme ad amministratori del territorio e ai colleghi dell’Ordine degli Avvocati di Vasto, si sono voluti stringere attorno alla famiglia dell’ex sindaco e alla comunità di Cupello, colpita dal triste lutto. Molti quelli che sono dovuti rimanere fuori, poiché la chiesa della Natività di Maria Santissima non è riuscita a contenere tutti.
Al termine della solenne cerimonia, è stato il figlio Stefano, in composto dolore, a ricordare la figura di Panfilo Di Silvio: “Grazie per essere qui a ricordare il collega, l’amico, l’amministratore; mi ricordava spesso l’importanza del lavoro, che fa di noi ciò che siamo, ma non ha mai permesso che il suo lavoro prendesse tempo agli affetti e alla famiglia. È stato un grande padre, e quando mi viene da pensare che la malattia lo ha vinto, non posso fare a meno di ricordare che invece è stato lui a vincere il cuore delle tante persone che lo hanno conosciuto”.
Conferma alle parole del figlio Stefano sono poi giunte dall’omaggio del presidente dell’Ordine degli Avvocati di Vasto, Vittorio Melone, e di chi ha condiviso con Panfilo Di Silvio le lotte politiche e la vita amministrativa.
Infine, l’ultimo saluto è giunto dall’attuale sindaco di Cupello, Manuele Marcovecchio, il quale ha tenuto a rimarcare la sobrietà, la correttezza di uomo e di politico dell’ex sindaco: “Siamo stati avversari politici, ma non ho mai sentito da lui una parola sferzante, sopra le righe, rivolta ai suoi oppositori; un politico garbato, signorile, mosso da valori autentici”. Marcovecchio ha poi voluto ricordare uno degli ultimi incontri con Di Silvio, all’ospedale: “Ero venuto per incoraggiarti, – ha rivelato Marcovecchio, rivolto allo scomparso collega – ma alla fine sei stato tu ad incoraggiare me: mi sono trovato a parlarti delle mie difficoltà, delle mie fragilità; mi hai dato dei consigli e soprattutto mi hai raccomandato di non trascurare la vita e gli affetti, quasi una raccomandazione paterna, che custodirò nel mio cuore”.