Nel formulare a voi lettori gli auguri di buon anno avevamo scritto che volevamo iniziare il 2014 “con spirito posito e propositivo“. Con quella di oggi iniziamo una serie di interviste alle aziende del territorio che negli ultimi anni, caratterizzati da una forte crisi economica, attraverso processi innovativi, buone pratiche, altri strumenti di gestione, sono riuscite a reggere l’onda d’urto e sono pronte per rilanciare le sfide per far tornare a far crescere l’economia. Saranno interviste che toccheranno i diversi aspetti della gestione aziendale e, anche per facilitare la lettura, abbiamo voluto evidenziare alcune parole chiave in rosso.
Temprasud nasce nel 1975 a Fresagrandinaria, a ridosso della provinciale Trignina, quando due soci milanesi decidono di avviare qui le attività di trattamenti termici. Il percorso dell’azienda cambia nel 2007 quando l’ingegner Ambrosi, uno dei due proprietari, decide di farsi da parte e vendere le sue quote. Ed è qui che entra in gioco Michelangelo Del Vecchio, 31 anni da compiere, attuale amministratore delegato. “La mia famiglia ha un’azienda di metalmeccanica a Bari ed eravamo clienti di Temprasud. Quando ci fu proposto questo investimento io stavo completando gli studi di ingegneria e non avrei mai potuto immaginare cosa sarebbe accaduto dopo”. In quell’anno la famiglia Del Vecchio diventa proprietaria al 70% di Temprasud. Poi, quando anche l’altro socio decide di vendere, arriva al 100%. “Mentre completavo i miei studi lavoravo già in Bosch, a Bari, dove mi occupavo di controllo di gestione. Il giorno dopo il conseguimento della Laurea mio padre mi disse: Vai in Temprasud. Era il 16 aprile 2008”. L’arrivo del giovane Michelangelo Del Vecchio a Temprasud avviene nel clou della produzione. “Era l’anno pre-crisi, di forte espansione sulla scia del boom dell’eolico, per cui l’azienda svolgeva la maggior parte della produzione”. Nel 2008 il fatturato veniva da anni di leggera crescita e l’azienda si attestava su una quota di mercato del 15% nel centrosud essendo la quarta-quinta per dimensione. Il 2009, con la crisi che ha colpito un po’ tutti i settori, il mercato globale del centrosud si è contratto passando da 15 a 9 milioni di euro. “Noi ne abbiamo risentito pesantemente perché il nostro maggior cliente, un’azienda umbra, ha avuto una batosta. Il nostro fatturato derivava per il 60% da loro, è andato perso di colpo. Non ci dormivo la notte ma dovevo risolvere io la situazione. Mio padre non c’entrava niente con il settore dei trattamenti termici, quindi ero io a dovermela cavare”. Per un giovane ingegnere trovarsi in una regione diversa, in una realtà lavorativa completamente differente da quella vissuta fino a quel momento non è stato semplice. “Era un’azienda di 13-14 dipendenti abituata a lavorare senza la presenza della proprietà. Il principale errore fatto in passato era stato quello di diventare di fatto monocliente, quindi con il 70% del fatturato assorbito da una sola azienda”. Superare questa fase per Del Vecchio è stata “una prova di forza e di nervi. Quando passi da un fatturato di 2,5 milioni di euro a 1 milione è dura. E con i costi non era più possibile andare avanti. La mia famiglia ha creduto in me e nelle mie potenzialità, immettendo del capitale in azienda. Dall’altra parte ho avuto al mio fianco Massimo Neri, che questa azienda l’aveva sempre portata avanti nel passato e Adri Cesaroni, prezioso consulente, oltre che commercialista ed amico”.
Da cosa siete ripartiti nel 2009 per ripensare un modello di business che potesse funzionare?
Innanzitutto sono partito dall’analizzare cosa era stato sbagliato, perché, al netto dell’influenza delle congiuntura economica, se un’azienda arriva al punto di dover chiudere vuol dire che degli errori sono stati fatti. Ho capito che non era stata attuata una giusta politica commerciale, come già accennato, spingendo su una diversificazione dei clienti. In secondo luogo, se Temprasud voleva diventare un’azienda importante, doveva fare qualcosa di diverso rispetto agli altri concorrenti. Essere tutti uguali vuol dire che uno dei tanti può fallire, invece noi dovevamo diversificarci rispetto ai concorrenti. Volevo applicare tutto quello che avevo studiato come ingegnere gestionale: controllo statistico di processo, sperimentazioni sul campo, volevo applicare controllo e monitoraggio della produzione, standardizzazione della produzione. Tutte azioni che avevo visto applicare in Bosch e non trovato né in questa azienda, né tra i miei concorrenti. Terzo punto, investire soprattutto nel personale. Dal 2009 ad oggi ho investito in primis su me stesso e ho assunto tanti indiretti. Possono sembrare un costo inutile per un’azienda che si occupa di trattamenti termici ma non è così. Li ho investiti in diversi settori e per step successivi.
Quali sono stati i passi compiuti verso l’innovazione?
La principale è stata quella organizzativa, nel senso di modificare il modo di lavorare. La frase che mi veniva ripetuta spesso all’inizio è “abbiamo sempre fatto così” ed era la frase che odiavo più di tutte, perchè il principio fondamentale per le aziende dovrebbe essere il miglioramento continuo. Ecco perché ho voluto trasmettere questo spirito di cambiamento. Quando c’è un periodo di stasi, in cui non miglioriamo, non cambiamo, io non sono contento. Un momento importante è quando abbiamo gli audit di clienti molto più grandi ed organizzati di noi. Sono un’occasione di crescita perché ci fanno capire dove sbagliamo.
Possiamo quindi dire che benedice quel 2009?
Quel 2009 ci ha lanciato. Quando c’è ricchezza lavorano tutti, sia chi lavora bene, che ha dei livelli di qualità, di servizio, dei rapporti qualità/prezzo elevati, ma anche chi non soddisfa questi parametri. Ma, quando si riduce il livello di lavoro, rimangono i più forti, o almeno così dovrebbe essere, intesi come coloro che riescono a dare una migliore risposta in termini di qualità/prezzo ed un servizio di trattamenti migliore.
Le crisi portano una ristrutturazione del mercato. Oggi come siete posizionati?
Sulla base dei bilanci siamo diventati l’azienda che, nel centrosud, ha la quota più alta nel settore dei trattamenti termici. Nel 2009 fatturavamo un milione e 30mila euro, nel 2013 abbiamo toccato i 3 milioni. Triplicare il fatturato in un momento di crisi e dare lavoro credo sia importante.Nel 2009 eravamo in 8, oggi siamo una trentina. Ho puntato molto sui giovani, ma ho assunto anche persone che avevano già esperienza. Credo molto nella forza dell’istruzione, ho preso con me ingegneri e anche altri laureati da inserire negli uffici. E l’unione tra persone di esperienza e noi più giovani è un fattore decisivo. Se si riescono ad integrare al meglio più visioni diverse della stessa cosa allora si migliora più velocemente.
Nel corso di questi anni siete passati dall’essere monocliente a lavorare con una molteplicità di aziende, alcune molto importanti, con la necessità di soddisfare standard elevati.
Ci vuole la giusta mentalità. Un’azienda meccanica che vuole lavorare per grandi clienti deve essere basata sullo “zero errori”. Nell’automotive non esiste la possibilità di errore. Se si organizzano bene i processi, e per questo la certificazione ISO TS è importante, si capisce come per tutto ciò che succede in ambito lavorativo c’è una causa a monte che provoca il danno. Mi piace prendere ad esempio il modo di lavorare dei tedeschi. Sbagliano poco perché passano molto tempo a pianificare le operazioni piuttosto per non doverne perdere poi a risolvere i problemi. Un dirigente tedesco in visita all’azienda ci ha detto: “Bisogna chiedersi quanto tempo un’organizzazione passa a pianificare e a migliorare la propria attività prima di organizzare un lavoro”. Questo è ciò che l’italiano non fa. Si arriva sempre a ridosso della produzione e poi ci sono tanti problemi da risolvere che portano via tempo. La mentalità corretta è quella di pianificare tutto per bene, prevedendo tutti i possibili problemi, le anomalie. Prendiamo tutte le possibili contromisure preventive, in modo che l’errore venga ridotto al minimo. E’ chiaro che ci vogliono le competenze, ingegneri, macchinari che funzionino, che abbiano capacità di processo elevata. Ma prima di tutto serve la mentalità.
C’è un programma di incentivi e benefit per mantenere alto questo spirito di squadra?Una mentalità che va trasmessa a tutto il gruppo, ai dipendenti, affinchè possa essere condivisa da tutti.
L’aspetto più difficile per un imprenditore non è tanto scegliere di investire, calcolare il prezzo giusto, fare bene i conti, quanto gestire le risorse umane. Se hai 100 macchine, una volta programmate, vanno da sole. Ma organizzare 30 persone, fornire le linee guida, dare l’autonomia giusta, non è semplice. Anche l’istruzione delle persone influenza la mentalità sul lavoro. Ho la fortuna di avere un team affiatato, in ufficio c’è anche chi lavora 12 ore al giorno se serve, sentono come se l’azienda fosse loro, perché hanno visto in che stato era nel 2009 e dove siamo arrivati oggi. Per avere il massimo dai dipendenti, che sono poi quelli che fanno la differenza, andando a gestire i vari cruscotti, bisogna dare responsabilità e autonomia. Sicuramente il lavoro dei dipendenti va incentivato. I benefit sono previsti, più di indiretti che di diretti, perchè, almeno per il momento, sono riuscito ad inquadrare bene le responsabilità di chi lavora negli uffici, hanno completa autonomia ed è più facile valutarli sulla base di indicatori oggettivi. Ma sono consapevole che per dare una marcia in più all’azienda bisogna incentivare anche il lavoro dei diretti. Su questo aspetto sono ancora indietro, perché se si dà un premio di produzione indistintamente a tutti si rischia di avere un effetto negativo, perché chi dà di più non si sente valorizzato, mentre chi magari dà di meno si adagia. Bisogna capire chi davvero merita. Quest’anno abbiamo ragionato su una valutazione soggettiva, guardando anche qualche parametro oggettivo, che però non dice tutto. Ma per il futuro vorrei trovare un metodo per incentivare chi merita.
Cosa vuol dire per voi dare qualità al cliente?
All’azienda che acquista bisogna dare prodotti migliori o nuove tipologie di prodotti, questo implica un lavoro di ricerca. Per me la qualità è una cosa importantissima, ho investito su una persona che si occupa solo di questo, Francesco Picca, mio grande amico oltre che collaboratore. Oggi definire la qualità non è semplice, ha tante sfaccettature nel campo dei trattamenti termici. Occorre essere in grado di interfacciarsi con il cliente e capire cosa vuole. Possiamo trovarci con i cliente che ci dice: “questo trattamento lo devi fare in questo modo, non devi cambiare una virgola e mi devi garantire che quello che ti chiedo lo fai”. E’ una mera esecuzione di processo nel miglior modo possibile garantendo all’azienda la trasparenza nel rispetto degli standard. Ed è importante segnalare anche l’eventuale errore e non far finta di nulla, perché una mia mancanza in questa fase della catena può magari provocare una campagna di recall di un’azienda automobilistica fino a causarne il fallimento. Ma qualità per un per lo sviluppo dei trattamenti su quel particolare. La nostra fortuna è che dove c’è acciaio c’è trattamento termico, ogni componente per essere messo in esercizio deve essere trattato. Abbiamo investito molto nel laboratorio, con l’acquisto del quantometro e di altri sistemi di misura che ci permettono di fare delle analisi che prima non potevamo fare. Al centrosud sono analisi particolari che nessuno fa.
Secondo lei perché i vostri clienti scelgono Temprasud?
Sicuramente per la capacità di ascoltare le esigenze del cliente, riuscire a capire con quale cliente si ha a che fare e quali sono le priori tà da affrontare. Capire dove essere precisi, standardizzati e capire in cosa dover solo assecondare il cliente e in cosa essere di supporto. Ci scelgono per la nostra flessibilità produttiva. Avendo una batteria di impianti estesa ci troviamo con un costo più alto ma la possibilità di soddisfare più velocemente i codici che richiedono diversi trattamenti, riusciamo a rispondere in maniera velocissima alle urgenze dei clienti. E’ certamente una percezione maggiore di qualità per come la intende il cliente.
Quali sono gli strumenti di supporto a livello tecnologico?
Oggi un’azienda senza un sistema informativo non può funzionare perchè è il cuore dell’attività, il know how dell’azienda deve avere un sistema che riesca a gestirlo. Avere un sistema informativo permette di fare le cose in minor tempo, in maniera migliore, senza duplicazione di informazioni. Oggi passiamo ancora molto tempo nella compilazione dei dati, l’obiettivo è proprio quello di ridurre al minimo queste operazioni, così da avere le informazioni che vuoi, da poterle dare al momento giusto alle persone che servono. E’ l’obiettivo da implementare nel futuro prossimo, avere una gestione informativa che dia le informazioni che servono alla persona che ne ha bisogno, senza creare confusione.
Avete depositato brevetti o sviluppato processi innovativi?
Noi non creiamo fisicamente un nostro prodotto, dato che seguiamo servizi di trattamenti termici. Il prodotto è sempre lo stesso, noi lo riceviamo e lo trattiamo, quello che cambia sono le caratteristiche fisiche e chimiche all’interno del materiale. Abbiamo spinto molto sulla ottimizzazione dei cicli, cercando di dare al cliente prodotti che abbiano un trattamento robusto nel tempo. Se io faccio un trattamento oggi dovrà essere uguale a quello fatto ieri, questo è il dato che il cliente apprezza, avere una garanzia di processo è fondamentale. Dietro questa capacità di processo c’è un lavoro che vede la standardizzazione, vede lo studio termico. Non si può parlare di brevetti ma c’è un lavoro di sperimentazione e ottimizzazione nel concetto del miglioramento continuo.
Chi sono i vostri clienti?
Stiamo lavorando molto con le ditte di automotive, trattando i componenti meccanici che entrano nei prodotti di marchi importanti. Il bello è poter lavorare con tutti i settori della meccanica perché laddove c’è un pezzo d’acciaio ci siamo. Lavoriamo con le case automobilistiche, per l’eolico, per gli ingranaggi, per macchine movimento terre, per l’indotto delle moto, per le industrie di trivellazione. La fortuna e la sfortuna è che abbiamo a che fare con più di 100 clienti e quindi ognuno ha una complessità di richieste.
La redazione di un budget è ormai diffusa. Voi avete anche una visione strategica, una pianificazione a 3 anni, un business plan?
Punto tanto sulla pianificazione, partendo da produzione e qualità per arrivare alla gestione dell’azienda. Nel 2009 avevo un obiettivo che ho raggiunto in parte. Dicevo che entro 5 anni avrei voluto lavorare con aziende importanti dell’automotive, cosa per me più importante di ogni guadagno economico e, quando abbiamo fatto la sperimentazione, ero lì con gli operai a sporcarmi le mani. Oggi che abbiamo raggiunto questo obiettivo, che abbiamo una struttura organizzativa, i macchinari, guardiamo oltre. Nel 2013 siamo diventati l’azienda di trattamenti termici che da Bologna in giù ha il fatturato più alto. Quello che abbiamo fatto è sicuro, ma non ci vogliamo fermare. Sono ottimista, se ognuno fa il suo è difficile che le cose possano andare male, pensare negativo non porta a nulla. Il nostro obiettivo è quello di ampliarci, abbiamo in progetto l’ampliamento del capannone, vogliamo raddoppiare il sito produttivo dell’azienda, voglio migliorarla anche esteticamente. Io non mi pongo come obiettivo quello di avere una certa redditività nei prossimi tre anni, anche perché abbiamo sempre reinvestito utili, ma voglio investire e diventare un’azienda di riferimento per i trattamenti termici. Sappiamo quanto fattura il più grande trattamentista. Siamo cresciuti di 3 volte negli ultimi 5 anni, dobbiamo crescere altre 3 volte per raggiungerlo.
Quanto conta l’apporto di consulenti esterni?
Ci siamo avvalsi di professionisti per ottenere la certificazione ISO TS in campo automotive, che richiede oltre alla qualità anche delle competenze specifiche. Abbiamo avuto un consulente che ci ha accompagnato per un anno. Dal punto di vista strategico faccio affidamento sull’opinione di chi ha più esperienza di me, di chi lavora in questa azienda da 20 anni. Più che consulenti loro sono parte integrante dell’azienda, io sono l’amministratore ma senza di loro non potrei fare niente, il successo di un’azienda dipende anche dalla rete che riesce a creare attorno a sè. Ad esempio ci sono stati tanti casi in cui se io non avessi avuto i fornitori non sarei riuscito a raggiungere dei risultati. Ricordo quando abbiamo preso un cliente importante e ci chiesero di essere pronti in 15 giorni. In quei 15 giorni abbiamo cambiato l’azienda più di quanto avessimo fatto in un anno. E in quel momento i fornitori sono importantissimi.
Per lei questa esperienza è sicuramente molto formativa. Solo qualche anno fa era un neolaureato e oggi è un manager che guida un’azienda di successo.
E’ merito del gruppo. Sicuramente sono cambiato tanto, perchè venire da una vita universitaria impegnativa ma spensierata, dal vivere in famiglia al trovarsi a Vasto, completamente solo non è stato semplice. Mi sento temprato, per fare un gioco di parole, da questa esperienza. All’inizio pensavo fosse una sfortuna quella attraversare un momento di crisi, oggi dico che è stata una fortuna. Una volta che vivi una situazione traumatica, tutto quello che viene dopo ti sembra più facile da gestire e ti sembra di poterlo vivere con semplicità, senza farsi prendere dal panico. Due sono le certezze: cerca di fare del tuo meglio e cerca di sbagliare il meno possibile, poi le cose possono andare bene o male. Ma se in tutto quello che fai ci pensi un po’ non avrai mai niente da rimproverarti. Inutile essere ansioso o negativo, non ricordo di un problema che non sono riuscito a risolvere un problema nel bene o nel male.