“Ciò che si conquista con un sorriso rimane per sempre“. E’ la frase di Gandhi che ha scelto come motto della sua associazione. E quando pensi a lei non puoi fare a meno di pensare al suo inconfondibile sorriso, un sorriso contagioso che dona a chiunque la incontri per strada, a scuola, o in ospedale. Rosaria Spagnuolo, insegnante, presidente dell’associazione Ricoclaun Onlus, è una vastese d’adozione, ormai da tanti anni, che ha fatto del sorriso il suo stile di vita. Siamo andati ad incontrarla insieme ai volontari dell’associazione nel giorno in cui svolgono il loro servizio tra le corsie del San Pio da Pietrelcina di Vasto. Ormai da una decina d’anni, questi simpatici personaggi regalano piccoli momenti di gioia ai pazienti, piccoli o grandi, dell’ospedale. Appuntamento alle 14.45 di sabato pomeriggio. Ci si incontra fuori e mentre si aspetta l’arrivo di tutti i volontari, c’è tempo per iniziare a scherzare, raccontarsi esperienze della settimana, pensare ai prossimi appuntamenti. Rosaria ha il foglietto con tutti i nomi di chi deve arrivare per il suo servizio e, mano a mano, controlla chi è già arrivato e chi manca. Mentre salgono le scale verso il terzo piano, dove c’è la ludoteca di Pediatria, loro base operativa, i Ricoclaun scherzano tra di loro, iniziando a far vibrare l’aria con il loro entusiasmo. Inizia la fase del trucco, nasi rossi, guance colorate, parrucche, cappelli. E poi i camici colorati, personalizzati con il nome clown, i palloncini, i trucchi. Il divertimento inizia già nella saletta, mentre Rosaria, con il giusto mix di dolcezza e fermezza, crea i “gruppi” che andranno a far visita agli ospiti dell’ospedale. Un rapido punto della situazione e poi via, per due ore da vivere intensamente. La rubiamo per qualche minuto alla sua “truppa”, perchè deve raccontarci com’è nata questa splendida realtà.
La sua storia parte da Roma, dove i genitori, originari di Borrello, si erano trasferiti per lavoro. Rosaria ha vissuto e studiato nella capitale fino ai 23 anni. Poi il master in gestione aziendale e l’assunzione alla ex SIV di San Salvo. In quegli anni, però, ha trovato modo di realizzare quella che era la sua vera vocazione, con il concorso per l’insegnamento, l’assegnazione del posto e la conseguente scelta di lasciare il lavoro in azienda e iniziare ad insegnare. Da allora è una maestra della scuola primaria, oggi alla scuola Spataro. La nascita dell’associazione Ricoclaun è legata ad un momento molto triste della sua vita. “E’ morto mio figlio, Enrico, che aveva 11 anni, proprio 10 anni fa”. Una malattia genetica, tre mesi all’ospedale di Bergamo, per cercare di avere una speranza a questa famiglia. “A Bergamo abbiamo incontrato i clown. E ci sono piaciuti tantissimo, a me ed Enrico. Non li avevamo mai visti in ospedale. Lui è stato per 3 mesi nell’ospedale e si era creato questo rapporto di affetto tra lui e questi volontari. Era l’unica cosa bella che c’era. Ci eravamo detti che quando saremmo tornati a Vasto avremmo fatto di tutto per formare un’associazione simile. Io non ne sapevo niente, non sapevo fare nulla di quello che poi ho imparato”. Parole dolci, quelle di Rosaria, con qualche lacrima che si fa strada attraverso un sorriso che, seppur più malinconico, non sparisce mai dal suo volto. “Poi Dio ha voluto diversamente”. Nel segno della promessa che aveva fatto a suo figlio, dal grande dolore è arrivata la carica per far nascere l’associazione. “Siamo entrati in una federazione nazionale, VIP (Viviamo in Positivo), dove c’era anche l’associazione di Bergamo. E’ stato molto difficile, nel 2004, trovare persone che volessero fare il corso“. Ma la solidarietà tra clown, anzi claun, come scrivono loro “perchè siamo italiani!”, si è fatta subito sentire. Da Bergamo arrivò anche uno spot radio, poi i corsi di formazione. “Eravamo 5-6, a volte anche 3, ma due volte al mese facevamo servizio”. C’era da trovare la disponibilità dell’ospedale di Vasto. “Sono andata subito ad andare a parlare con il dottor Antonio Spadaccini, che si rivelò subito molto sensibile, c’era stata una collaborazione anche con il fraello Giancarlo, per un progetto di educazione ambientale che avevo curato a scuola. Tra le mie alunne c’era Valentina, figlia di Anna Suriani, che si dimostrò anche lei aperta all’iniziativa, poi siamo andati a Medicina, dove c’era il dottor Barisano. Abbiamo iniziato con pochi reparti. E poi piano piano il gruppo è aumentato“. In dieci anni l’associazione Ricoclaun ha raccolto attorno a sè tante persone pronte ad impegnarsi con passione. “Oggi siamo circa 40, copriamo tutti i reparti, siamo anche negli ospedali di Lanciano e Termoli“.
Un passaggio importante nella storia dell’associazione arriva nel 2009. “Ho presentato dei progetti per rispondere ad un bando del ministero. E ci hanno scelto! Così sono nate la Biblioclaun, una biblioteca a disposizione dei pazienti di pediatria e la decorazione, in collaborazione con i Licei artistici, dei reparti”. Per Rosaria il volontariato è come un autobus. “C’è chi sale, qualcuno scende alla prima fermata, qualcuno a quella dopo, altri restano per tutto il percorso. Quelli che rimangono sono le persone che hanno già conosciuto il dolore, che sanno cosa significa, o personalmente, o per un loro familiare, un loro caro. Entrare in ospedale non è la festa di compleanno, non è la stessa cosa di quando siamo in piazza negli eventi per farci conoscere. Qui non sai cosa incontrerai, se non hai una grande forza non ce la fai”.
E affiorano alla mente tanti ricordi di persone incontrate nelle bianche stanze del San Pio. “Se tu personalmente non hai vissuto il dolore non sei pronto ad affrontarlo, anche periodicamente”. Il rapporto con il personale medico è sempre molto corretto e cordiale, nel rispetto di chi si trova all’interno. “Non chiediamo mai come stai? alle persone. Non entriamo mai nella dinamica della malattia, entriamo in un altra realtà, con uan battuta, un sorriso. E i pazienti stanno sempre al gioco. Proponiamo sempre qualcosa di interattivo, tra noi e loro. Speciale è anche il rapporto con gli anziani, con cui cantiamo, chi ce la fa si mette anche a ballare”.
Dopo una settimana di lavoro, tanti pensieri, preoccupazioni, arrivare al sabato e dedicare due-tre ore del proprio tempo al servizio con i malati è qualcosa di davvero bello. “E’ così bello, perchè stai insieme con gli altri. Quando entri nel reparto si crea una complicità tra l’uno e l’altro claun veramente divertente. Vedi la partecipazione di questi malati, magari non tutti riescono ad esprimere la loro gratitudine, ma tu percepisci dai loro occhi che qualcosa è cambiato. Si crea un’energia tra la complicità dei claun e i malati stessi. Io entro stanchissima, ma quando esco sono un’altra persona, sono come sospesa tra le nuvole, ho una carica enorme. Tutti quando torniamo a casa siamo felici, non perchè abbiamo regalato un sorriso, ma perchè abbiamo ricevuto tanto“.
La clownterapia è sempre più presente negli ospedali di tutta Italia, con effetti positivi sui pazienti. “Cerchiamo di far capire quanto è importante non rimanere nel proprio pensiero di dolore, di sofferenza, cercare di ridere, scherzare. Noi ridiamo con persone che non abbiamo mai visto, una cosa che non potrebbe capitare altrove. Si vive un clima talmente speciale, che ti rimane dentro. E rimane dentro a noi, che in qualche modo lo provochiamo, ma anche a loro. Anche se è poco tempo qualcosa rimane. Chiunque ci ha incontrato ha sempre un ricordo molto bello di noi. I pazienti più difficili sono i bambini, perchè sono incavolati con il mondo nel dover stare qui dentro. E allora cerchiamo di farli ridere, ma anche di stare accanto ai genitori”. E’ difficile non lasciarsi coinvolgere dai racconti di Rosaria, dalle emozioni suscitate dalle sue parole.
Un ricordo speciale è legato ad una signora che morì poco dopo la visita dei claun. “Ci avevano detto che in quella stanza non si poteva entrare, ma i parenti di questa signora ci hanno chiamato. Lei era in fin di vita, c’erano già tutti i parenti vicino. Noi siamo entrati, lei era cosciente, anche se non parlava. C’era un claun con la chitarra, abbiamo suonato per lei una canzone carina, non troppo vivace. Io ricordo come fosse oggi che lei batteva il ritmo con la mano. Io cantavo e piangevo, eravamo tutti molto emozionati. Penso sia stata contenta di quel momento, anche i suoi familiari, di averle regalato un ultimo sorriso”.
Il sorriso, torna ancora e non potrebbe essere altrimenti. “Il sorriso è un dono bellissimo che facciamo all’altro. Dice Patch Adams (fondatore della clownterapia) che quando incontriamo qualsiasi persona la prima cosa che dobbiamo dare è il nostro buonumore. E questo si può fare solo se uno ama se stesso. E poi bisogna apprezzare le persone che stanno intorno e donare il buonumore, donare un sorriso anche a chi non conosci“. Sono sempre stato incuriosito dai nomi buffi che scelgono i claun nel loro servizio. Li hanno scritti sulle magliette sui camici. “E’ bellissimo! Non si può fare con il nome vero. Io sono Rosaria e faccio la maestra. Quando vengo qui non posso essere più la stessa, altrimenti mi porto dietro tutti i problemi della scuola, e non va bene. Si entra con un’altra identità, appena entriamo non siamo più noi stessi ma questo personaggio, e viviamo con questo personaggio. Ogni nome scelto dai volontari ha una storia”.
Le abbiamo già rubato troppo tempo al servizio. Ci sono gli altri claun che l’aspettano nel reparto di pediatria per regalare sorrisi ai bambini, poi si passa negli altri reparti. Prima di andare via i claun si ritrovano tutti insieme nella sala che serve come ludoteca, scuola, spazio per stare insieme. Si raccontano le esperienze del pomeriggio, gli incontri speciali. E poi via, pronti per rituffarsi in una nuova settimana, in attesa del prossimo sabato. Tra tanti sorrisi, come quelli che Rosaria ha regalato a noi. Costanzo ed io la salutiamo e ci avviamo silenziosamente verso l’uiscita dal San Pio, ripensando alle parole ascoltate, alle emozioni catturate. Le ricorderemo a lungo.
Testo di Giuseppe Ritucci
Immagini di Costanzo D’Angelo
Foto – Rosaria Spagnuolo e i Ricoclaun
Foto di Costanzo D’Angelo – Occhio Magico