Pubblica illuminazione assente, scarsa pulizia delle aree, crolli e voragini, costone che frana. Sono solo alcuni problemi che interessano l’area industriale di Punta Penna e la riserva naturale di Punta Aderci. A presentare un dettagliato resoconto su questa zona i cui – non senza difficoltà – cercano di convivere attività produttive e riserva è l’ex assessore della giunta Prospero Roccarlo Iacovitti.
L’imprenditore della Punta Penna s.a.s. ha inviato nei giorni scorsi una diffida a intervenire all’Arap (l’ex consorzio industriale è competente per la zona) e per conoscenza agli altri enti (Comune, Prefettura, Regione, Provincia, Arta ecc.) comprensiva di un dettagliato resoconto delle criticità dell’area.
Al centro della missiva c’è soprattutto il dissesto idrogeologico causato dall’impianto di acque bianche dell’Arap sui terreni della società citata. “Nel corso degli anni, ho più volte denunciato l’assoluto pericolo ambientale che tale situazione ha arrecato (e sta arrecando) non solo su tali terreni (per i quali è in corso un giudizio innanzi al Tribunale delle [ant_dx]Acque pubbliche), ma anche e soprattutto per il lento e inesorabile (oggi irreversibile) crollo di un’importante area di falesia della riserva naturale di Punta Penna. Nulla è stato fatto per porre rimedio a tale emergenza“.
Secondo la ricostruzione dell’architetto Iacovitti, lo sversamento di acque bianche avrebbe provocato il crollo di un’ampia parte di costone verso il mare e la comparsa di avvallamenti e voragini sulla strada pericolosi per gli automobilisti. Al danno (la strada franata), poi, si aggiunge la beffa: nella zona crollata gli incivili hanno abbandonato rifiuti di ogni genere.
“Nessun intervento è stato fatto non solo per ripristinare lo stato dei luoghi, ma anche per garantire la tutela sia della pubblica incolumità che quella ambientale della riserva di Punta Aderci – scrive Iacovitti all’Arap proprietaria della strada e dell’impianto – A ogni pioggia continua il danneggiamento morfologico del costone con acque derivanti anche dai piazzali/deposito di materiale ferroso arrugginito con la conseguente contaminazione sia dei terreni di proprietà della scrivente che, ancor più grave, della falesia, della spiaggia e del mare della riserva. Una situazione che stride con le scelte stesse delle amministrazioni locali che, in un ottica di tutela massima per la riserva, hanno stabilito che la perimetrazione della zona industriale deve arretrare rispetto alla linea di costa”.
Come detto, quelle citate non sono le uniche criticità: “Manca la pubblica illuminazione; non vi è alcuna vigilanza; la pulizia delle aree interessate non viene effettuata; si registrano crolli di interi tratti di viabilità, voragini profonde metri; tratti di costone che franano letteralmente dal promontorio industriale verso il mare (eliminando centinaia di metri quadri di falesia); la gran parte dei giorni dell’anno l’aria è irrespirabile e non vi è traccia di alcuna centralina in grado di misurarne la qualità (forse unica zona in Italia dove non si può conoscere cosa si respira); la viabilità è ormai appannaggio soltanto dei cinghiali che contribuiscono a rendere pericolosa tutta la zona; l’aumento, poi, del traffico portuale (che ha incrementato il trasporto su gomma) rende oltremodo pericolosi gli innesti a raso sulla SS16, già teatro di incidenti, anche mortali”.
All’Arap viene chiesto, infine, di intervenire per tutelare l’incolumità pubblica e quella della riserva e di bonificare la discarica creatasi all’interno del tratto franato. La vicenda è comunque destinata ad avere strascichi, Iacovitti presenterà un “corposo dossier” all’autorità giudiziaria.