VASTO – A volte un rito non serve a ricordare qualcosa. Serve a ricordarci chi siamo. È anche per questo che, ogni 21 giugno all’alba, un gruppo sempre più numeroso di persone si ritrova in silenzio sulla piana di Punta Penna, davanti alla piccola chiesa di Santa Maria di Pennaluce. Qui, da undici edizioni, prende vita il “Concerto del Solstizio d’Estate” del Coro Polifonico Stella Maris: un’esperienza che unisce spiritualità, arte e natura, e che quest’anno si è arricchita della collaborazione con l’Histon Ballet Center, scuola di danza diretta da Angela Saraceni Galante.
Il comunicato che ne annunciava il ritorno parlava di un appuntamento «attesissimo». Non era un’esagerazione retorica. Era una constatazione. Chi partecipa arriva presto, si sistema nel prato, aspetta il sole e nel frattempo ascolta. Perché ha bisogno di ascoltare. E soprattutto ha bisogno di fermarsi.
C’è chi definisce questo concerto una tradizione. In realtà è molto di più. È una forma di resistenza al tempo che ci scorre addosso. L’idea di mettere insieme musica medievale, danza rinascimentale, fiaccole accese e strumenti antichi in un contesto naturale e religioso è tutto fuorché casuale. È un progetto. E come ogni progetto serio, ha una visione.
Paola Stivaletta guida il Coro come si guida un gruppo che crede in ciò che fa. Le voci sono precise, mai accademiche, ma intense. I canti in latino non sono un vezzo filologico. Sono la scelta di chi ha capito che le parole antiche hanno un peso diverso, perché nascono da un’epoca in cui parlare significava invocare.
Il momento più forte resta il passaggio tra il buio e la luce, quando il sole comincia a salire dal mare. Non è solo un’immagine: è un tempo in cui tutto cambia. Anche la musica cambia. Diventa più ampia, più chiara. E forse anche più fragile, come se avesse bisogno della luce per compiersi del tutto.
Il concerto poi si sposta, come ogni anno, nella chiesa di Pennaluce. Là dentro si canta ancora, ma in un silenzio diverso. Non più d’attesa, ma di compimento. Il repertorio si allarga, si aggiorna, entra anche nella contemporaneità. È un segno: la tradizione non è mai una nostalgia, se sa guardare avanti.
Ecco perché questo concerto vale più di un evento musicale. È una domanda. Cosa ci tiene insieme oggi, se non i riti che ci siamo scelti?
Il Coro Stella Maris ha trovato una risposta. Da undici anni, all’alba del primo giorno d’estate.