L’AQUILA – «Così come al peggio non c’è mai fine, anche in ambito carcerario, dove le condizioni di vita sono le peggiori tra quelle vivibili in contesti umani, la situazione numerica in ordine ai posti occupati dai ristretti sembra avere lo stesso cliché». È questo l’allarme lanciato dal componente della Segreteria Nazionale del Cnpp-Spp, Mauro Nardella, che fotografa un quadro drammatico della realtà penitenziaria abruzzese, in linea con l’andamento nazionale.
«Aumenta, un po’ come se fosse ancorato ad una vite senza fine, il numero di detenuti presenti in regione», afferma Nardella, sottolineando come siano ormai lontani i tempi in cui – nel 2006 – l’ultimo indulto approvato in Italia aveva temporaneamente ristabilito condizioni di «umana accettazione».
La situazione in Abruzzo, definita già lo scorso anno «pessima», oggi si presenta ulteriormente aggravata: con 71 detenuti in più rispetto al 2024, si è passati da 1.965 a 2.036 presenze, a fronte di una capienza regolamentare di 1.834 posti.
Analizzando i dati dei singoli istituti di pena abruzzesi, il quadro appare ancora più critico. A Teramo si registra il maggiore incremento: 77 detenuti in più, da 384 a 461. Unico istituto in controtendenza è quello di Pescara, dove si contano 39 detenuti in meno (da 424 a 385). All’Aquila si passa da 155 a 173 presenze (+18), a Sulmona da 308 a 319 (+11) – dato da leggere in prospettiva alla luce dell’apertura di un nuovo padiglione – a Chieti da 134 a 145 (+11), a Lanciano da 263 a 267 (+4), a Vasto da 91 a 101 (+10).
«In sostanza è come se in Abruzzo fosse stato tirato su, seppur in maniera effimera, un altro penitenziario», osserva Nardella. Una crescita che rispecchia quella a livello nazionale, dove si registra un aumento complessivo di 1.214 detenuti rispetto a un dato già «fortemente inflazionato» del 2024.
«Dire che la situazione è allarmante rappresenta quasi un eufemismo», dichiara ancora il rappresentante sindacale. «Pensare di portare avanti il sistema con lo stesso numero di investimenti fatti in passato sarebbe da incoscienti». Da qui l’appello a maggiori risorse, più personale e investimenti mirati, anche in termini di percorsi di trattamento e impieghi lavorativi per i detenuti.
Un’attenzione particolare deve essere riservata anche alle strutture, spesso «fatiscenti e per nulla rispondenti ai dettati normativi». «Pensare di rendere inoltre meno opprimenti gli ambienti non può e non deve essere una condizione rinviabile ad altri tempi», conclude Nardella. «Bisogna fare presto se non si vorranno contare disastri di natura sociologica».