PESCARA – «Nessun vero recupero del potere d’acquisto per i lavoratori, che continuano a pagare il prezzo delle ristrutturazioni industriali in corso». È quanto denuncia l’Unione Sindacale di Base (USB) commentando il rinnovo della parte economica del Contratto Collettivo Specifico di Lavoro (CCSL), firmato nei giorni scorsi per i dipendenti di Stellantis, CNH Industrial, Iveco e Ferrari.
L’intesa, sottoscritta da FIM, UILM, Fismic, UGLM e Associazione Quadri, prevede un aumento retributivo del 18,66% nel quadriennio 2023-2026, pari a circa 350 euro lordi mensili a regime, oltre a due erogazioni una tantum da 240 euro ciascuna riferite al 2023 e al 2024.
Secondo USB, però, l’accordo «non garantisce un recupero reale rispetto alla perdita di potere d’acquisto registrata negli ultimi anni». Il sindacato ricorda infatti come, dal 2021 ad oggi, l’inflazione cumulata rilevata dall’Istat abbia superato il 18%, con incrementi ben superiori per alimentari, energia e beni essenziali.
«Le erogazioni una tantum non sono strutturali – prosegue la nota – e non entrano nel salario fisso. Gli aumenti, diluiti su quattro anni, non compensano la perdita già accumulata tra il 2021 e il 2024». A conti fatti, osserva USB, «i salari reali restano inferiori rispetto al periodo pre-crisi inflattiva, mentre Stellantis continua a registrare utili record, superiori ai 18 miliardi di euro nel solo 2023».
Per il sindacato di base, il CCSL continua a rappresentare «uno strumento al servizio dell’azienda», che esclude la contrattazione nazionale e «non offre strumenti di reale rappresentanza sindacale nei luoghi di lavoro».
In alternativa, USB rilancia la necessità di «un contratto nazionale con aumenti salariali reali e meccanismi automatici di recupero inflattivo», insieme a «una politica industriale pubblica per il settore automotive, che vincoli gli investimenti alla salvaguardia occupazionale e produttiva sul territorio».