VASTO – In casa Pro Vasto si respira aria di transizione. Il futuro del club si gioca lontano dal campo, tra riunioni, ipotesi e trattative ancora in fase embrionale. A oggi, l’organigramma resta tutto da definire. Secondo quanto riferito dal presidente Pasquale Tieri a Zonalocale, le possibilità sul tavolo sono due: allargare i ranghi societari coinvolgendo imprenditori del territorio, oppure affidare la società a investitori esterni. Due scenari diversi.
Tra i nodi ancora da sciogliere, c’è ovviamente anche quello dell’allenatore. E proprio su questo fronte, le parole di Tieri hanno avuto l’effetto di un sasso nello stagno. L’incontro con Pino Di Meo – che il presidente ha definito «formale» – ha comunque acceso una scintilla: quella della rottura. Perché a Danilo Rufini, protagonista della salvezza ottenuta a Pescara contro la Folgore Delfino Curi, quel segnale è bastato. E oggi ha scelto di parlare.
Mister, partiamo dal presente: a che punto è il suo rapporto con la Pro Vasto?
«Tutto fermo. Nessuno mi ha chiamato da Pescara, non ho avuto contatti ufficiali. Ho fatto un paio di telefonate io, anche perché l’accordo iniziale, quando sono stato contattato, era chiaro: salvare la categoria quest’anno, poi costruire una squadra forte per la stagione successiva. Invece, ho visto che le cose sono andate diversamente».
Cosa intende?
«Ho letto dell’incontro tra il presidente Tieri e Di Meo. A quel punto ho capito che la società ha fatto altre scelte, senza avere la correttezza di parlarne prima con me. E lo dico con serenità, ma anche con decisione: se hai un impegno, prima chiami il tuo allenatore, poi parli con altri. Invece si è fatto il contrario».
Non è stato avvisato?
«Assolutamente no. Di Di Meo, tra l’altro, ero a conoscenza molto prima che arrivasse fisicamente in Abruzzo. Ho inoltre letto che lo stesso Tieri ha confermato l’appuntamento, quindi non ci sono equivoci: si tratta di una mancanza di correttezza evidente. Non posso continuare a far parte di una società che si comporta in questo modo. Io sono un professionista e, in questa stagione, ho sempre messo la squadra al primo posto. Ho sopportato molte difficoltà, dal mercato bloccato a situazioni complesse nella gestione, senza mai sollevare polemiche o parlare pubblicamente di problemi. Anzi, ho sempre lavorato per fare gruppo e superare insieme gli ostacoli. Mi aspettavo almeno un ringraziamento, e invece…».
E ora? Cosa farà?
«Per me, con questa società, il discorso è chiuso. Però, se dovesse arrivare un nuovo presidente con un progetto serio, sarei pronto a restare. Ho un contratto fino al 30 giugno, e ho intenzione di rispettarlo. Tant’è che non sto sentendo altre squadre: prima voglio capire gli sviluppi societari».
Parole che suonano come una porta socchiusa…
«Dico solo che non sono uno che scappa. Faccio calcio da 40 anni, ho vinto 7 campionati e 3 coppe in tre regioni diverse – Abruzzo, Puglia e Sicilia. Non sono loro che mi mandano via: sono io che decido di lasciare».
Cosa si porta dietro da questa stagione?
«Oltre alla salvezza, porto con me un’esperienza comunque positiva. Ho avuto la fortuna di allenare in una piazza importante, con una tifoseria calda e passionale. A dicembre accettai Vasto perché ci avevo giocato da avversario in Serie C2 (Pro Vasto-Juve Stabia 5-3, ndr) : so bene cosa può dare questa città, se ci sono le condizioni giuste».
Un messaggio ai tifosi?
«Spero di aver lasciato un buon ricordo come persona. Ho tenuto duro, sono rimasto fino alla fine anche quando non c’erano più i presupposti per andare avanti. Il rammarico c’è, perché Vasto merita una società seria e una programmazione vincente. Per il resto, salvo il rapporto con i ragazzi, che hanno accettato il mio modo di lavorare, anche nei momenti difficili. Alcuni avrebbero potuto mollare, invece hanno deciso di seguirmi. E salvo anche l’esperienza umana di aver vissuto in una città bellissima. Spero sia un arrivederci»,