VASTO – In questa domenica, che segna la Solennità dell’Ascensione del Signore, Don Domenico offre alla comunità cristiana alcune profonde riflessioni sul significato spirituale e umano di questo evento. Partendo dal racconto evangelico – «Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui, poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» – il sacerdote sottolinea l’aspetto essenziale di un gesto che non è solo una partenza, ma un atto pedagogico e di fiducia.
Secondo Don Domenico, l’Ascensione rappresenta il «ciao» di Gesù ai suoi discepoli. Un saluto che non è abbandono, ma apertura. Gesù si sottrae allo sguardo fisico dei suoi amici, ma non al loro cuore. In questo distacco si cela un gesto di profonda fiducia: Gesù non vuole creare dipendenza, ma rendere i suoi discepoli liberi, coraggiosi, capaci di agire mossi dallo Spirito Santo, invisibile ma presente, operante nel cuore di chi accoglie il Vangelo con serietà.
La partenza del Signore è, per Don Domenico, l’inizio di un nuovo tempo: quello della Chiesa, quello della missione. È il tempo di coloro che, battezzati, si convertono ogni giorno a quella Parola che dà senso alla vita. Gli apostoli rispondono con la lode e con la gioia, tornando a Gerusalemme. E quella lode, che si eleva nel tempio, si apre presto al mondo: «un tempio aperto», dice Don Domenico, che trova la sua vera forma nell’uomo stesso, custodia viva dell’amore di Dio.
Le sue riflessioni proseguono con un richiamo al cammino del cristiano, sempre pellegrino ma mai smarrito. C’è una meta, anche se non sempre visibile. C’è un futuro, anche se non ancora compiuto. L’invito è a sollevare lo sguardo, a camminare nella fiducia, a riconoscere che la vita non si esaurisce nel presente. La speranza cristiana ha un orizzonte eterno, costruito ogni giorno nel linguaggio dell’amore, della misericordia e del rispetto.
Don Domenico conclude con un appello alla responsabilità e alla fiducia: credere nel Vangelo significa scommettere su un’umanità diversa, capace di fraternità, di condivisione, di pace. «Tutti abbiamo fame e sete di bellezza, di amore e di pace – osserva – ma questo sarà possibile solo se smetteremo di pretendere e inizieremo a donarci».
La festa dell’Ascensione, allora, non è un addio, ma una chiamata. A vivere con fiducia. A diventare testimoni. A custodire la speranza di un futuro che, in Cristo, è già cominciato.
Buona festa a tutti.