di Giuseppe Mammarella, Direttore dell’Archivio Storico Diocesano di Termoli-Larino
LARINO – Nella solennità di quest’anno (15 e 16 maggio) dei Martiri Larinesi, Compatroni dell’antico capoluogo frentano e dell’intera diocesi, ripropongo brevemente, con argomentazioni differenti, alcuni dati strettamente legati alle origini.
Dei primi cristiani larinati sono giunti, sino ai nostri giorni, solo i nomi di Primiano, Firmiano e Casto, martirizzati durante l’ultima e più terribile persecuzione che Galerio riuscì ad ottenere dall’Imperatore Diocleziano, tra il 303 e il 304. Ma chi potrebbe svelarci “quanti e quanti ancora colser lassù la palma del martirio” come si chiede, testualmente, anche il Poeta larinese don Pardo Picucci (prima dignità del Capitolo cattedrale di Larino dal 1931 al 1950), in una sua composizione dedicata “A Larino”? Con l’espressione “colser lassù”, l’Autore indica l’antica città posta ad un’altezza notevolmente superiore rispetto a quella della sua abitazione.
Di loro, come per tutti gli altri, anche i più conosciuti eroi della fede, sappiamo poco. Salvo qualche rara eccezione, non si hanno fonti storiche scritte, contemporanee o immediatamente successive, sulla vita e le opere di coloro i quali testimoniarono, agli albori del cristianesimo, la propria fede con il sacrificio della vita. Anche per i Martiri Larinesi, quindi, bisognerà attendere i secoli seguenti per trovare accenni consistenti in varie documentazioni. In età medioevale, però, il campo dell’agiografia venne invaso da colorite leggende che interessarono i martiri in particolare, specie i più popolari (l’argomento è rinvenibile in una cospicua bibliografia; ma a tal proposito basterà consultare “Le Diocesi d’Italia dalle origini al principio del secolo VII -an. 604-“ del noto Storico Francesco Lanzoni) ragion per cui, neanche per essi, furono risparmiate narrazioni fantasiose.
Per i Martiri Larinesi c’è un manoscritto dal titolo “In Natali Sanctorum Martyrum Primiani, Firmiani et Casti” redatto tra l’XI ed il XII secolo “da qualche affettato e ignorante scrittore”, ritenuto apocrifo già da “molti eruditi” vissuti al tempo dell’episcopato larinese di mons. Giovanni Andrea Tria (1726-1741), “per gli anacronismi, per le contradizioni, e fatti favolosi” che vi notarono. La copia settecentesca del citato “Passionario”, ben custodita nell’Archivio Storico Diocesano posto nell’antico episcopio di Larino, rimasta in oblio dall’epoca di mons. Tria e pertanto mai più presa in seria considerazione, è stata in qualche modo rivalutata con la pubblicazione, avvenuta nel 2024, delle mie “Note inedite sui Santi Martiri Larinesi”, grazie soprattutto alla paziente trascrizione e traduzione dal latino di Padre Luigi Capozzi, dell’Ordine degli Scolopi. Dal corposo documento, pur se apocrifo a mio (e non solo) avviso davvero prezioso, emergono dati significativi come il chiaro significato simbolico dei loro nomi, la presunta fondazione della diocesi di Larino a loro associata, ed il riferimento ad almeno due credenze tradizionali, ancora oggi radicate nella memoria popolare, tra cui quella dei leoni che si sarebbero rifiutati di sbranare i tre Martiri.
Sempre per i primi secoli, oltre alla ininterrotta tradizione orale, esiste una importante testimonianza archeologica che potrebbe confermare il loro culto a Larino. Si tratta di una basilica paleocristiana del IV o V secolo sorta, probabilmente, sul luogo del loro martirio avvenuto, secondo una plurisecolare memoria, mediante decapitazione.
Dell’esistenza di questo rilevante luogo di culto non dovrebbero esserci dubbi poiché, nel 1948, su di un’area compresa nella località denominata da tempo immemorabile “San Primiano”, oggi completamente chiusa dal cimitero omonimo, vennero alla luce considerevoli resti nel corso di scavi eseguiti dalla competente Soprintendenza, di cui si occuparono, tra gli altri, il Soprintendente in persona, Valerio Cianfarani, e Pasquale Testini, Docente di Archeologia Cristiana all’Università “La Sapienza” di Roma.
L’edificio, che nel tempo in cui era attivo occupava certamente una superficie molto più vasta, presenta un genere di lavorazione “caratteristico dell’età di Massenzio, ma anche molto frequente in età paleocristiana e nel primo Medioevo”. Lo sostiene l’esperto in archeologia Eugenio De Felice che, nel suo lavoro su “Larinum” dato alle stampe nel 1994, descrive accuratamente i ruderi in questione.
Un’altra prova interessante sul culto dei Martiri Larinesi nel primo millennio è il grande tempio, con annesso un monastero benedettino, eretto tra l’VIII ed il X secolo “inter murum et muricinum”, nelle immediate vicinanze del sito dove affiorarono i ruderi della citata più antica basilica, e dedicato a San Primiano.
Tra le prime testimonianze scritte, da non sottovalutare la lapide, oggi non più esistente, ma presente all’epoca di mons. Tria. La lastra il questione, posta sulla cavità dei loro loculi, probabilmente appartenente al periodo immediatamente precedente alla traslazione dei corpi dei primi due Martiri da Larino a Lesina (metà IX secolo), presentava la seguente iscrizione: “+ In Pace Christi: locus Primiani, Firmiani et Casti MM. qui passi sunt sub Diocletiano”.