SAN SALVO – Una piazza partecipe ha accolto nella giornata di ieri, martedì 6 maggio, a San Salvo, il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, arrivato in Abruzzo per sostenere la campagna referendaria promossa dal sindacato in vista del voto dell’8 e 9 giugno. Cinque i quesiti su cui gli italiani saranno chiamati a esprimersi: dalla sicurezza sul lavoro al superamento del precariato, dal ripristino dell’articolo 18 all’equo risarcimento per i licenziamenti illegittimi, fino alla riduzione dei tempi per ottenere la cittadinanza italiana.
L’incontro, moderato da Luca Telese (direttore de Il Centro), si è svolto in piazza Papa Giovanni XXIII, alla presenza di cittadini, rappresentanti sindacali e istituzioni. Ad aprire la serata sono stati Franco Spina, segretario generale della Cgil Chieti, e Carmine Ranieri, segretario generale della Cgil Abruzzo-Molise. Tra gli interventi istituzionali, quelli di Tiziana Magnacca, assessore regionale al Lavoro e Attività produttive e presidente del consiglio comunale di San Salvo, e Francesco Menna, sindaco di Vasto e presidente della Provincia di Chieti.
Sul palco anche alcune testimonianze di lavoratori e studenti. Lorenzo Mangiacavallo, dipendente Adrilog, ha raccontato le difficoltà legate al sistema degli appalti. Paola Centi, impiegata presso il CUP della Asl dell’Aquila, ha parlato della precarietà nella sanità pubblica. Riham Messaoudi, studentessa dell’Università “d’Annunzio” di Chieti-Pescara, ha posto l’attenzione sul tema dell’inclusione e del diritto alla cittadinanza.
Poi, la parola a Landini. Un intervento lungo e appassionato: «Se raggiungiamo il quorum, il giorno dopo due milioni e mezzo di persone otterranno il diritto alla cittadinanza, un diritto che oggi non hanno. Se ripristiniamo l’articolo 18, ridiamo dignità e protezione a tutti i giovani che entreranno nel mondo del lavoro. E restituiamo un diritto fondamentale a quattro milioni di persone assunte dopo il 2015, che oggi ne sono prive».
Un passaggio forte anche sul mondo delle piccole imprese: «In Italia, ci sono circa quattro milioni di lavoratori impiegati in aziende con meno di quindici dipendenti. Anche a loro dobbiamo garantire tutele e dignità».
E sul dramma delle morti sul lavoro, Landini non ha usato mezzi termini: «Se eliminiamo la logica del subappalto selvaggio e ripristiniamo la responsabilità diretta delle imprese, possiamo evitare migliaia di tragedie. Perché ogni giorno, in questo Paese, si muore nei cantieri. Ogni giorno».
Il segretario della Cgil ha individuato una responsabilità sistemica: «È il modello stesso di impresa il vero problema. Un capitalismo finanziario che mette il profitto sopra ogni cosa, anche sopra la vita. Per garantire salute e sicurezza servono investimenti, ma questi investimenti non si fanno perché il sistema degli appalti e dei subappalti serve solo ad aumentare i margini, a discapito della sicurezza. È inaccettabile. Culturalmente inaccettabile».
Landini si è rivolto anche al mondo imprenditoriale sano: «Lo dico anche agli imprenditori: non siete tutti uguali, lo so bene. Conosco tanti che fanno il loro lavoro con serietà, che investono, che rispettano le regole. Ma proprio loro oggi sono danneggiati da una concorrenza sleale, in cui vince chi taglia di più, chi non rispetta le leggi, chi sfrutta».
Il riferimento alla criminalità organizzata è arrivato netto, senza mediazioni: «Questo sistema alimenta la criminalità organizzata. Non è un caso se uno dei più grandi processi contro la ’ndrangheta si è svolto a Reggio Emilia, non a Reggio Calabria. Perché la malavita segue i soldi, e il sistema degli appalti al massimo ribasso è diventato la porta d’ingresso della mafia nell’economia reale».
Per Landini, cambiare questo sistema «non è solo un atto di giustizia per i lavoratori: è un atto di salvezza per il Paese. È un modo per ricostruire fiducia, solidarietà, senso di comunità».
Infine, un appello diretto, quasi una chiamata collettiva all’azione: «Se siete qui, è perché volete raggiungere il quorum. Ma non basta votare: dobbiamo convincere gli altri a farlo. Al lavoro, al bar, al supermercato, nel condominio, ovunque. In ogni comune, in ogni seggio. In Italia ci sono 8.000 comuni: se in ciascuno raggiungiamo il quorum, allora lo raggiungiamo davvero».
«Possiamo farcela – ha concluso – ma dipende da noi. Non da qualcun altro. Solo se ognuno si prende la responsabilità di parlare, spiegare, coinvolgere. Dobbiamo convincere chi oggi non vota più. È questa la vera sfida. E se vogliamo, possiamo vincerla».
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