VASTO – Si è svolta nella giornata di ieri, mercoledì 2 aprile 2025, l’udienza del processo relativo alla morte di Nicola Di Biase, operaio di 59 anni di San Salvo, tragicamente deceduto l’11 novembre 2020 a seguito di un incidente sul lavoro. Il Tribunale di Vasto, presieduto dalla Dott.ssa Stefania Izzi, ha pronunciato la sentenza di primo grado, condannando i tre imputati per il reato di omicidio colposo con l’aggravante di aver violato le normative sulla sicurezza sul lavoro.
In particolare, sono stati condannati Maurizio N., 45 anni, legale rappresentante dell’impresa subappaltatrice dei lavori, a tre anni di reclusione, Nadio V.D.N., 43 anni, titolare della ditta che aveva ricevuto in subappalto alcune lavorazioni, a due anni di reclusione, e Antonio R.L., 70 anni, responsabile della sicurezza del cantiere, anch’egli a due anni di reclusione.
La vicenda risale al tragico incidente che ha visto l’operaio precipitare dal terrazzo di un condominio in restauro. Le indagini, condotte dalla Procura di Vasto, hanno escluso che il decesso fosse dovuto a un malore, come inizialmente ipotizzato, e hanno accertato che la causa della morte fosse la caduta da un’altezza di circa 4-5 metri. La ricostruzione dei fatti è stata possibile grazie a una perizia tecnica che ha utilizzato anche le immagini di una telecamera di videosorveglianza.
Il giudice ha altresì stabilito una provvisionale immediatamente esecutiva per il risarcimento, da quantificarsi poi in altra sede, a favore della vedova, costituitasi parte civile con l’avv. Marco Bevilacqua del Foro di Chieti che l’ha assistita unitamente a Studio3A-Valore S.p.A., società specializzata a livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini a cui la donna e il figlio si sono affidati, attraverso l’Area Manager per l’Abruzzo Mario Masciovecchio, per fare piena luce sui tragici fatti e tutte le responsabilità e ottenere giustizia. I tre imputati sono stati anche condannati in solido al pagamento delle spese legali sostenute dalle parti civili costituite, a cui pure è stata riconosciuta una provvisionale.
In particolare, quattro fratelli della vittima, S. D. B., G. D. B., M. D. B. e Mi. Di Biase, difesi dall’avvocato Sandro Panicciari, e altri due fratelli, E. D. B. e Ma. D. B., insieme alla nipote F. M., difesi dall’avvocato Andrea Chierchia. Il giudice ha disposto quindi il risarcimento immediato di 50.000 euro a favore di I. P., moglie di Nicola Di Biase, e 10.000 euro a ciascuna delle parti civili.
L’inchiesta, condotta prima al Pubblico Ministero della Procura di Vasto dott. Michele Pecoraro, e poi passata al collega dott. Giampiero Di Florio, ha dapprima escluso, attraverso l’autopsia, che l’operaio fosse caduto a causa di un malore: il decesso è stato dovuto unicamente ai gravissimi «politraumi da precipitazione», cioè per la caduta, tra cui un trauma toracico, fratture multiple come quelle al bacino ed emorragie e lesioni agli organi interni. Quindi, grazie a una perizia tecnica ad hoc per ricostruire nel dettaglio le modalità dell’evento, di cui non vi erano testimoni, affidata all’ing. Marco Colagrossi, che ha potuto avvalersi anche delle immagini di una telecamera di videosorveglianza della zona, è stato accertato che la caduta sarebbe avvenuta nei pressi del lato ovest del castello di salita dell’impalcatura installata lungo le pareti del palazzo, da un’altezza di 4-5 metri, e con ogni probabilità dal «terrazzo privo di protezioni». Sulla scorta di questi e tutti gli altri elementi assunti, tra cui i vari rapporti degli ispettori dello Spsal dell’Asl 2 Lanciano-Vasto-Chieti, il Sostituto Procuratore, al termine delle indagini preliminari, ha ritenuto pienamente acclarate pesanti responsabilità sul piano antinfortunistico in capo ai due imprenditori e al professionista, chiedendone il rinvio a giudizio e poi ottenendolo all’esito dell’udienza preliminare, con l’accusa, per citare la richiesta del Pm, di «aver causato la morte di Nicola Di Biase per colpa generica consistita in negligenza, imprudenza e imperizia nonché per colpa specifica consistita nella violazione delle norme che tutelano la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro».
Ai due imprenditori, più precisamente, è stato imputato di aver «omesso di adottare nel terrazzo del condominio da cui il lavoratore è precipitato, da un’altezza da terra di circa quattro metri, idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte a eliminare i pericoli di caduta di persone, nel caso di specie omettendo di installare, tra l’altro, parapetti e tavole fermapiede. Al professionista è stato contestato invece di «aver omesso di redigere il piano di sicurezza e coordinamento specifico per il cantiere edile in oggetto; di verificare, con opportune azioni di coordinamento e controllo, l’applicazione da parte delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi, delle disposizioni loro pertinenti contenute nel piano di sicurezza e coordinamento e la corretta applicazione delle relative procedure di lavoro, nonché di verificare l’idoneità del piano operativo di sicurezza delle ditte, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento, assicurandone la coerenza con quest’ultimo, nonché omettendo di sospendere le lavorazioni nel cantiere fino alla verifica dell’installazione dei parapetti e delle tavole fermapiedi sul terrazzo, o di idonee opere provvisionali o precauzioni atte ad eliminare i pericoli di caduta delle persone, o comunque di segnalare tale inadempienza al committente o responsabile dei lavori».