VASTO – Il trentennale della storica svolta di Fiuggi è stato l’occasione per Gianfranco Fini di ripercorrere il lungo cammino della destra italiana. Ieri sera, l’ex leader di Alleanza Nazionale è tornato a parlare al Teatro Rossetti di Vasto.
Era il 1995, quando il Movimento Sociale Italiano, dopo 49 anni di storia, si sciolse. Con la sua fine, svaniva un mondo che, per troppo tempo, era stato messo ai margini della politica italiana. Ma fu proprio in quel momento di grande trasformazione che nacque Alleanza Nazionale. Un progetto ambizioso, una sfida politica che mirava a costruire una destra moderna, capace di parlare alla gente, di essere al governo e non più all’angolo. A guidare questa nuova realtà fu proprio Gianfranco Fini, che con determinazine seppe tracciare la strada per un cambiamento epocale.
Ieri, a trent’anni di distanza, l’ex leader di An era lì, sul palco di Vasto, a ricordare quel momento storico, ma anche a fare il punto su ciò che è diventato il suo percorso politico. Non si è trattato solo di nostalgia, ma di un bilancio che, inevitabilmente, deve aver tenuto conto di una destra che ha vissuto, negli ultimi decenni, le sue contraddizioni. Perché quella destra non è stata solo un’avventura trionfante, ma anche una storia fatta di lotte interne, di cambiamenti, di scelte difficili. E Fini lo sa bene, perché fu proprio lui a portare Alleanza Nazionale dentro il governo Berlusconi.
Accanto a lui, i senatori Etelwardo Sigismondi, Guido Liris e Roberto Menia, il primo cittadino dell’Aquila Pierluigi Biondi, e Giuseppe Tagliente, ex sindaco di Vasto. A dare il via alla serata, Piernicola Carlesi, coordinatore cittadino di FdI, che ha ricordato il padre, Nicola, figura simbolo di quella destra che, alla fine, riuscì a risollevarsi dalle ceneri del passato.
A guidare il racconto di questa memoria storica è stato Fabrizio Tatarella, vicepresidente della fondazione che porta il nome dello zio Giuseppe, uno dei padri nobili di Alleanza Nazionale e dell’intera destra italiana.
Giuseppe Tagliente: «Vasto primo esempio di governo di destra»
Nel 1993, a Vasto, il campo elettorale si fece teatro di una partita importante. Da una parte Giuseppe Tagliente, candidato con la lista civica “Rinnovare”, dall’altra Giovanni Ivan Aloè, capolista della lista “Insieme per Vasto”. Un duello che, sotto molti aspetti, sembrò rappresentare non solo un confronto locale, ma anche una riflessione sulle difficoltà di una politica che stava cercando di rinnovarsi, ma con non poche difficoltà. Da una parte, Tagliente portava con sé una visione che guardava oltre le divisioni tradizionali, dall’altra, Aloè si trovava a dover navigare le acque di un sistema che stava perdendo il suo appeal.
A segnare il passo in questa storia ci fu l’esclusione della Democrazia Cristiana. I suoi rappresentanti, infatti, sostituirono alcuni candidati dopo la presentazione della lista alla Commissione Elettorale.
«Era l’ottobre del 1992. Nella primavera successiva si sarebbe votato per le amministrative con la nuova legge per l’elezione diretta dei sindaci, una novità che ci sembrava ideale per testare sul campo la possibilità di dar vita a un’alleanza politica che andasse oltre i confini del MSI, fino a lambire i siti liberali, cattolici e socialisti – ha dichiarato Giuseppe Tagliente. Credo che la città di Vasto sia stata il laboratorio primordiale di Alleanza Nazionale, un’esperienza di successo che ha poi ispirato iniziative simili in altre città, come Lanciano, Chieti, L’Aquila e Ortona, tutte in Abruzzo».
«Non fu, però, facile far accettare questa strategia dal partito. Molti non compresero il valore di quel progetto, anzi, ad avversarlo furono in molti, soprattutto in Abruzzo. A credere in questa visione, però, sin dall’inizio, fu Pinuccio Tatarella, allora responsabile degli enti locali, che riuscì a fornire ogni forma di incoraggiamento e svolse un ruolo decisivo nel coinvolgere anche Gianfranco Fini. Fu grazie alla straordinaria capacità di Tatarella di leggere i tempi della politica e di anticipare le mosse giuste che Alleanza Nazionale divenne una realtà concreta».
Il 6 giugno 1993, la giornata elettorale si rivelò decisiva nella città di Vasto. Con il voto che si svolse in un solo giorno, l’affluenza alle urne fu massiccia, segno di una forte partecipazione popolare e di una cittadinanza pronta a cogliere quella che sembrava essere una concreta opportunità di cambiamento. E il cambiamento arrivò con chiarezza e determinazione. Quando, a mezzanotte, i risultati dello spoglio cominciarono a emergere, il trionfo della lista “Rinnovare” divenne evidente: 11.494 voti, pari al 55,61% delle preferenze. Un risultato che sancì senza possibilità di dubbio la vittoria di Giuseppe Tagliente, confermando la forza di un progetto che, in quel momento, rispecchiava le aspettative di un’intera comunità.
Un progetto mai terminato. «Credo che l’improvvisa scomparsa di Tatarella – ha affermato l’ex sindaco di Vasto – abbia rappresentato un colpo devastante per quel processo virtuoso che avevamo intrapreso. La sua morte segnò l’interruzione di quel progetto, almeno nei termini in cui lo avevamo concepito. La mancanza di una classe dirigente pronta a raccogliere e portare avanti la sua eredità fu un fattore determinante. Ricordo ancora, durante i funerali, di aver detto a Nicola Carlesi e Nino Sospiri che in quel momento moriva anche Alleanza Nazionale. E credo di non essermi sbagliato. Da quel momento, a mio avviso, venne a mancare una visione, un progetto organico, il coraggio di osare e di rinnovare il sistema politico di destra. Il partito si rinchiuse su se stesso, concentrato esclusivamente sulla sua leadership, e quelle grandi opportunità di cambiamento che avevamo intravisto si dissiparono».
Gianfranco Fini: «La politica come missione. La destra portatrice di valori»
«La destra italiana che la mia generazione ha ereditato è stata un fardello pesante. La generazione di Almirante, infatti, l’aveva ricevuta a sua volta da chi, per motivi anagrafici, non poteva rinnegare la propria giovinezza. Il primo slogan del Movimento Sociale Italiano: “Non rinnegare e non restaurare“» – ha esordito così Gianfranco Fini, tornato a Vasto dopo 17 anni.
«Credo che il lungo viaggio della destra nel corso del Novecento si possa definire come il corso di un fiume. L’acqua che scorre non è mai la stessa, ma la sorgente, per certi aspetti, rimane immutata. E al di là della metafora, cosa significa tutto ciò? Significa che, al netto dei meriti e degli errori che ci sono stati, come il passaggio al Pdl, bisogna saper guardare a questa evoluzione del pensiero politico della destra ricordando alcune coordinate fondamentali dalle quali non si può prescindere. Se la politica è davvero il fiume che trasporta i valori, che dà prospettive e che si dirige verso una meta ben definita, non può ridursi a pura propaganda. La politica deve avere in sé la capacità di essere portatrice di valori, di essere coerente con ciò che si dice di voler affermare. Se la politica è vissuta come una vera missione, allora, anche se cambiano le fasi storiche, i nomi dei dirigenti, i partiti, si rimane dentro quella che io definisco una comunità che, prima ancora che politica, è esistenziale: un modo di concepire la vita».
«Alleanza Nazionale nacque grazie a una classe dirigente capace di raccogliere l’eredità del Movimento Sociale Italiano e di interpretare il cambiamento della società. Nel 1993, per la prima volta, gli italiani non votarono solo per il partito, ma anche per i candidati sindaci. Il primo esempio fu Peppino Tagliente, che riuscì ad affermarsi non come espressione di un singolo partito, ma come rappresentante di una coalizione che rispondeva alla volontà di un cambiamento concreto».
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