di Anna Bontempo
VASTO – La legge è legge. Ci sono i giudici che la interpretano e ci sono le sentenze. Ma esistono anche il buon senso e l’umanità. La storia che vi raccontiamo oggi, invece, va in una direzione completamente opposta a quella del buon senso. È la storia di un contenzioso che dura da circa vent’anni fra due confinanti. Al centro del braccio di ferro giudiziario c’è un pezzo di terreno che delimita l’accesso all’abitazione del professor Andrea Mazzatenta, docente di fisiologia al dipartimento di scienze dell’Università D’Annunzio, e ad un lotto di proprietà della famiglia Conti. Nei giorni scorsi da quelle parti c’è stata non poca fibrillazione a causa dell’intervento dell’ufficiale giudiziario, del consulente tecnico nominato dal Tribunale di Vasto e delle parti con i rispettivi legali. Alla fine hanno fatto la loro comparsa le ruspe. In men che non si dica gli operai hanno installato paletti e recinti, la cui presenza impedisce ora al docente universitario e alla sua famiglia di rientrare a casa con la macchina.
«Siamo costretti a lasciare l’auto sulla strada, ma mio padre è cardiopatico e non può fare 80 metri di salita», racconta il professor Mazzatenta, «mio padre ebbe un infarto il 7 ottobre 2024 quando vennero una prima volte con le ruspe. In seguito ci fu anche un altro episodio che causò il suo ricovero in ospedale». La vicenda è ancor più paradossale perché basta andare sul posto per rendersi conto che non ci sono ostacoli per l’accesso al terreno dei confinanti dopo la rimozione a suo tempo di un recinto di legno. Invece ora il professor Mazzatenta ha a disposizione un piccolissimo accesso pedonale per rientrare nella propria abitazione.
«La causa è iniziata nel 2006 ed è terminata con una sentenza del 2020 che ha determinato la riconfinazione di terreni», racconta l’avvocato Giuseppina Fabretti, legale del docente universitario, «successivamente è emerso che il mio assistito aveva una parte di terreno dove nel 2007 aveva costruito una abitazione. Alla fine del giudizio, nel quale si sono susseguiti altri due miei colleghi avvocati, è stato deciso che la riconfinazione doveva essere rifatta anche se era evidente che non fosse un problema di riconfinazione , ma di come poter rientrare nella propria abitazione. La controparte ha proseguito con una esecuzione nel 2021 che gli ha dato nuovamente l’accesso alla proprietà salvo la zona antistante l’ingresso dell’abitazione di Mazzatenta dove non erano stati apposti i picchetti , ma semplicemente dei chiodi lapidei. A distanza di un anno e mezzo i confinanti hanno avviato un’altra procedura con l’intenzione di sdradicare l’ingresso di Mazzatenta anche alla luce del fatto che hanno intrapreso un giudizio parallelo per il quale avevano chiesto l’arretramento della casa, cosa che ad oggi non hanno ottenuto perché il giudice gli ha rigettato la richiesta. In più risulta pendente l’esecuzione e ci sono anche delle denunce penali perché sono state effettuate opere di rimozione con modalità aggressive», conclude il legale.