CUPELLO – Nel panorama calcistico abruzzese, la Virtus Cupello ha sempre avuto un’identità ben chiara. Non è mai stata una realtà destinata a vivere di gloria improvvisa, ma piuttosto una società che ha lavorato e costruito con pazienza, passo dopo passo, senza l’assillo del clamore ma con la forza della solidità.
La stagione dei rossoblù fino ad ora non ha mai tradito le aspettative. Si sta combattendo con la forza di una squadra che ha dimostrato di saper resistere alle forze più potenti del campionato, di imparare a perdere con dignità e a vincere con quella sana ambizione che, a volte, manca. È un gruppo che sta ancora cercando di crescere, di consolidare la propria posizione, ma che non si ferma a quello che ha fatto. Non è solo la cronaca di un campionato regionale, è la storia di un progetto che, mattoncino dopo mattoncino, è destinato a dare qualcosa di più.
Il ritorno di Pollutri non è, però, solo una questione di risultati sportivi. C’è una visione più ampia che pervade il suo discorso, un sogno che va oltre il rettangolo di gioco. Per lui, la Virtus Cupello rappresenta un’anima di un territorio che può e deve guardare più lontano. Lo sport può essere la chiave di un rilancio turistico, una risorsa per il futuro di una comunità che, unendo le forze, ha tutto per prosperare.
Presidente Pollutri, come valuta il cammino della squadra in questo campionato fino ad ora?
«La classifica è sicuramente corretta e giusta. C’è un po’ di rimpianto per alcuni risultati persi negli ultimi minuti, soprattutto nei match dove eravamo andati in vantaggio, come nei campi delle due capoliste, Renato Curi Angolana e Castelnuovo Vomano. Ma fa parte del gioco. Il fatto di essere andati lì e aver dimostrato di essere una squadra che può ambire a qualsiasi risultato è comunque un aspetto positivo. Il gruppo è valido e la valorizzazione dei giovani è stata centrata. Non c’è alcun pentimento».
Quanto e in che modo il modello Virtus Cupello si è evoluto nel corso degli anni?
«La società ha uno schema organizzativo e direttivo solido, esperto e qualificato. Il merito va al gruppo dirigente che è in carica dal 1984. Ogni cinque anni c’è un ricambio generazionale, ma la professionalità rimane garantita. Questo va riconosciuto, soprattutto in Alessandro Pasquale e in chi mi ha preceduto. È fondamentale anche il lavoro di continuità assicurato da Oreste e Peppino Di Francesco, e questo va detto ad alta voce, senza segreti».
Il salto di qualità è avvenuto con la prima partecipazione al campionato di Eccellenza
«Sì, esatto. Parallelamente all’ammodernamento dell’impianto sportivo. Nel 2010, quando con la mia giunta abbiamo progettato e approvato il mutuo, molti si chiedevano a cosa sarebbe servito un campo sintetico. È stato parte di un pacchetto di opere che ha incluso la pista ciclabile, la sala multimediale e il polo scolastico, un progetto realizzato 15 anni fa, per cui il paese ne beneficia ancora».
Come risponde la comunità agli sforzi della società? C’è un coinvolgimento attivo?
«Non raccogliamo ancora abbastanza per quello che seminiamo e questo è un peccato. Tuttavia, sono stato anche in trasferta, e a parte Giulianova, oggi il calcio dilettantistico subisce la concorrenza delle televisioni, quindi portare gente allo stadio è sempre più difficile. L’Eccellenza, con tutto il rispetto per le categorie inferiori, è un bel campionato: vedi un calcio di livello, ti confronti con realtà più grandi. Noi siamo una delle società più piccole, ma abbiamo creato un legame forte con i nostri “eroi”, come Cristian Stivaletta, un ragazzo generoso che ha preso in mano l’immagine della società. Così come Kenneth Obodo, che è stato scelto dai giocatori come capitano, un chiaro segno di armonia nel gruppo.
Anche il risultato della Juniores è stato importante. Alessio D’Ovidio, il quale potrebbe diventare un punto di riferimento per la prima squadra, ha fatto un ottimo lavoro, insieme a giocatori come Squadrone, Scopa e Petti. Abbiamo lavorato tanto sul vivaio: Ferrara e Carlucci sono state piacevoli sorprese. Questo campionato si gioca sull’intensità per cui l’impiego dei giovani è fondamentale».

Ci sono aree specifiche in cui la società potrebbe ancora migliorare?
«Dobbiamo investire in tecnici qualificati per il settore giovanile, perché è fondamentale. Il nostro ambiente deve continuare a formarsi e a migliorarsi, e per farlo è necessario avere allenatori di categoria. Non si può più arronzare. Ai bambini più piccoli vanno insegnati i fondamentali fin da subito, ed è su questo che bisogna investire per un calcio sostenibile. Da questo punto di vista, il lavoro di Giuseppe Di Francesco è stato straordinario, ha lanciato i giovani in prima squadra perché li segue e conosce da sempre. Ha trasmesso la sua passione a Oreste, senza il quale sarebbe quasi impossibile portare avanti questo progetto».

Qual è il suo sogno nel cassetto per il futuro?
«Il mio sogno è far decollare il movimento sportivo e turistico del nostro territorio e l’unico modo per farlo è unirci. Vasto, San Salvo, Cupello e Casalbordino insieme rappresentano una comunità di oltre 70.000 persone, con un enorme potenziale di giovani calciatori. È fondamentale lanciare una squadra capace di competere nelle categorie superiori, mentre le altre realtà locali dovrebbero difendere il proprio campanile e mantenere viva la propria storia e tradizione. In questo modo, ogni paese garantirebbe ai propri ragazzi la possibilità di giocare e divertirsi, ma i più promettenti avrebbero l’opportunità di puntare più in alto.
Così facendo, ogni piccola realtà diventerebbe credibile agli occhi dei propri tesserati, offrendo loro un obiettivo concreto, come la possibilità di giocare in Serie C. Questo non solo rafforzerebbe l’ambizione dei ragazzi, ma porterebbe anche grandi vantaggi al territorio in termini di turismo e accoglienza, creando un movimento che coinvolga tutta la comunità. Abbiamo risorse imprenditoriali necessarie per portare avanti un progetto così ambizioso, ma assolutamente realizzabile. Invece di dividerci piccole somme di sponsorizzazioni, dovremmo unire le forze per creare qualcosa di veramente significativo per la nostra gente e per il nostro futuro».