VASTO – Il 2 febbraio, giorno della festa della Presentazione del Signore al Tempio, la liturgia ci propone il gesto di Maria e Giuseppe che, secondo la legge di Dio, portano il bambino Gesù al Tempio per riscattare il primogenito e per adempiere al rito di purificazione della madre. Le riflessioni di Don Domenico Spagnoli, condivise in occasione di questa celebrazione, ci invitano a considerare come, al di là della ritualità di questi gesti, ci sia un incontro profondo con la novità di Dio che si fa strada proprio nella fedeltà al quotidiano.
La Fede come Apertura alla Novità
Nel suo intervento, Don Domenico sottolinea che è la fede nei gesti quotidiani che educa il cuore e lo sguardo a riconoscere i segni che Dio ci invia. La vita di Maria e Giuseppe, che seguono con rigore i precetti della legge, mostra come la fedeltà ai riti, eseguiti con costanza e dedizione, diventi il luogo in cui il cuore si apre alla novità di Dio. Don Domenico osserva: “È proprio la fedeltà nel quotidiano che educa il nostro sguardo e il nostro cuore a riconoscere i segni”. La ripetizione dei gesti, se vissuti con fede, diventa il mezzo attraverso il quale si può percepire la presenza di Dio, anche nei momenti più ordinari.
Tuttavia, se si piega la fede ai propri desideri e alle proprie aspettative, non si percepiranno i segni che Dio desidera inviare. Maria e Giuseppe sono rimasti fedeli alla legge, ma in quel gesto semplice e quotidiano hanno incontrato la novità di Dio, incarnata nel bambino Gesù. La fedeltà al quotidiano, quindi, diventa il cammino che prepara il cuore ad accogliere la parola di Dio, anche quando essa si manifesta in forme inaspettate.
L’Incontro di Simeone con Gesù
Don Domenico fa riferimento all’incontro di Simeone, un anziano che, in quel giorno, riconosce nel bambino Gesù la realizzazione di una promessa divina. “Simeone lo prese fra le braccia e esultò di gioia”, racconta il Vangelo. Per l’anziano, il bambino era un segno della salvezza che Dio aveva promesso. Nonostante fosse un semplice neonato, Simeone riconosce in lui la realizzazione di una parola di Dio che si era fatta carne. Questo gesto, descritto da Don Domenico come “l’immagine di un anziano che abbraccia un bambino”, è un simbolo potente della fede che riconosce la bellezza e la verità nel compimento della promessa divina.
Simeone, che aveva ricevuto la promessa di non morire prima di aver visto il Messia, finalmente esulta di gioia. La sua preghiera, “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza”, esprime il riconoscimento di un Dio che ha mantenuto la sua parola. La salvezza di Dio non è un concetto astratto, ma si è fatta carne nel bambino che Simeone ha preso in braccio. La sua gioia non è solo il risultato di un incontro fisico, ma del riconoscimento della luce che è venuta nel mondo, una luce destinata a illuminare tutte le genti.
La Speranza e la Sofferenza
Nel suo intervento, Don Domenico non manca di menzionare anche l’aspetto della sofferenza che accompagna la fedeltà all’amore di Dio. Nonostante la gioia del riconoscimento di Simeone, c’è una ferita che non può essere ignorata. Il profeta infatti annuncia a Maria: “Anche a te una spada trafiggerà l’anima”. Questa affermazione, come osserva Don Domenico, mette in evidenza come la fedeltà a Dio e all’amore possa comportare sofferenza, ma anche la speranza di un compimento che trascende la sofferenza stessa. La spada che trafiggerà Maria simboleggia il dolore che accompagnerà la sua vita, ma anche la speranza di un amore che trionferà sulla morte.
Infine, un’altra figura importante è quella della profetessa Anna, una donna anziana che, vedendo il bambino Gesù, esulta di gioia e non fa altro che parlarne a chiunque. “Questo bambino è il segno, il compimento della parola di Dio per l’umanità”, osserva Don Domenico. Anna riconosce in Gesù non solo un bambino, ma il segno tangibile dell’abbraccio di Dio per l’umanità.
Buona domenica a tutti.