VASTO – Se parli di calcio vastese, non puoi non citare Fiorenzo D’Ainzara. Un nome che è stato la prima vetrina nazionale per una città che ha sempre vissuto il pallone. Era il 26 gennaio del 1992, Ascoli-Milan, un giorno che a distanza di anni vive ancora nei ricordi di tanti. Al terzo minuto del secondo tempo, con la spensieratezza di chi sa di non avere nulla da perdere, D’Ainzara scoccò un sinistro secco, preciso, di quelli che non chiedono permesso. L’Ascoli perse, ma lui quel giorno vinse la sua personale partita con la storia.
D’Ainzara e la PGS Vigor Don Bosco: insieme dal 2015
D’Ainzara allena la formazione U15 della PGS Vigor Don Bosco, squadra che partecipa al campionato provinciale Giovanissimi. Un percorso fatto di crescita e sacrificio, con una classifica che racconta di 18 punti conquistati grazie a sei vittorie e sette sconfitte. Numeri che, per lui, contano fino a un certo punto: il vero obiettivo resta sempre la formazione dei ragazzi, prima ancora del risultato. La società annovera tra i suoi tecnici un altro vastese illustre, Mario Lemme. Oltre 250 presenze tra i professionisti, capocannoniere di Serie C1 con la Fidelis Andria nella stagione 1996-1997, quella della storica promozione in Serie B. Due percorsi diversi, ma la stessa voglia di restituire qualcosa al calcio.
Reduce da una vittoria a Casalbordino, D’Ainzara guarda alla stagione con la serenità di chi ha capito il senso di questo lavoro: «Abbiamo la fortuna di partire ogni anno con tanti ragazzi, e questo ci permette di fare selezione, ma anche di vedere crescere chi ci crede davvero. È un campionato equilibrato, ogni gara è una lezione diversa».
E non è solo una questione di campo: «Il punto non è solo il risultato, ma il processo. L’adolescenza è un’età difficile, il calcio è uno strumento per far crescere i ragazzi, per dargli riferimenti dentro e fuori dal campo. Non è una frase fatta, è quello che vedo ogni giorno».
L’ispirazione? «Da chi è più bravo, da chi ha già dimostrato di saper stare in questo mondo. Oggi basta accendere la TV, andare sui social, per osservare gli allenatori migliori. Io sono tifoso della Roma, prendo molto spunto da Claudio Ranieri, perché ha un modo di porsi con i giocatori che è un esempio, a tutti i livelli».
E un futuro su una panchina di prima squadra? «Mi piacerebbe, ma ho già fatto tanti sacrifici. Allenare certe categorie vuol dire rinunciare a tanto, e io ho dato quello che potevo dare. Ora vivo il calcio con la serenità di chi può permettersi di goderselo».