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7 Dicembre 2024
7 Dicembre 2024
Chiara GallobyChiara Gallo

«Azzerare la sopraffazione» l’enigmatica mostra ”Cannot Be Said”

Ai microfoni di Zonalocale, l'artista Vanessa Di Lodovico | GALLERY

Progetto senza titolo 2024 12 07T155046.389

PESCARA – In un’epoca in cui la competizione e le regole sembrano dettare la nostra vita quotidiana, l’artista Vanessa Di Lodovico propone una riflessione profonda attraverso la sua mostra “Cannot Be Said”. Trasformando i giochi di società in opere d’arte, l’artista ci invita a ripensare il concetto di competizione e uguaglianza. Con questa intervista, Di Lodovico ci guida nel cuore della sua mostra, svelando i significati nascosti dietro ogni opera e il forte messaggio che desidera trasmettere.

«Il nome della mostra ”Cannot Be Said” – ci racconta l’artista – è volutamente enigmatico, poiché, in effetti, non posso rivelare completamente il motivo che mi ha spinto a creare quest’opera. Rimarrà un segreto. Ho scelto di utilizzare i giochi di società perché sono simboli di regole, competizione e, a volte, persino conflitti. Li ho decontestualizzati, trasformandoli in opere che invitano il pubblico a riflettere. Sono giochi impossibili da utilizzare: dadi incollati, scacchiere monocromatiche, puzzle senza soluzione. Il messaggio è chiaro: o si reinventano le regole, o non si può più giocare.

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Il mio obiettivo è azzerare la competizione. Viviamo in una società che spesso premia la sopraffazione, ma io voglio dire basta. Basta violenza, basta guerre, basta lotte inutili. Attraverso queste opere, tutto diventa uguale: nelle scacchiere, tutti i pezzi hanno lo stesso colore; nei giochi come Risko, non esistono più conflitti. L’arte, in questo caso, diventa uno strumento per riflettere sul rispetto: per la vita, per i diritti umani, per la civiltà.

Durante il Natale i giochi di società riempiono le case, eppure quante volte finiscono per generare discussioni? Ho voluto ribaltare questa dinamica. I miei giochi trasformati eliminano le regole tradizionali e con esse la possibilità di conflitto. L’uguaglianza diventa il centro di tutto.

Il lavoro a cui tengo di più – spiega l’artista – è molto particolare. Ho raccolto circa 60 anni di settimane enigmistiche originali, inviate da tutta Italia. Da queste ho ritagliato circa volti di personaggi famosi che apparivano sulle copertine, organizzandoli in tre pannelli: uno con i volti sorridenti, uno con quelli tristi e uno con le espressioni ambigue, difficili da interpretare. In totale saranno all’incirca 700 tessere. Poi ho posizionato i pannelli al contrario, con i volti rivolti verso il muro. Un richiamo agli ignavi di Dante, coloro che restano senza prendere posizione.

Mi piacerebbe che il pubblico uscisse con una riflessione profonda. Non è solo una questione di giochi, ma di vita: possiamo azzerare la competizione, reinventare le regole e costruire una società più equa. Voglio che “Cannot Be Said” sia un punto di partenza per pensare a nuove possibilità, non solo nell’arte, ma anche nei rapporti umani».

Così, scrive di lei, il critico d’arte Andrej Pope – Henness:

”La mostra si basa sul non detto o sul non dicibile. Quest’artista fonda le sue creazioni sull’esperienza biografica che include, nell’ambito della costruzione estetica, il trauma come punto di partenza del proprio mondo narrativo e plastico. I lavori sono legati dal tema del gioco come presupposto per mettere in campo la dialettica intima che muove le relazioni tra le persone, tra aggressione e resa, tra violenza e affetto, tra aspirazione e disillusione.

Gli oggetti che costituiscono il centro della mostra parlano un linguaggio intimo, ironico ma doloroso, fatto di eventi marginali che si dislocano all’interno di narrazioni universali, in cui ogni individuo – ma in particolare ogni donna – può rintracciare un segno o un sentiero familiare. Una scrittura personale che articola lo spazio attraverso un linguaggio polisemantico che ci contiene e ci controlla, uno spazio in cui erotismo, innocenza, ma anche estrema durezza, creano una dimensione relazionale estremamente efficace.

Artista anomala, sbocciata all’interno dei GAP del sistema dell’arte, è mossa da un’irrefrenabile energia creativa che fa pensare alle eroine della storia dell’arte (l’irriverenza di una Artemisia Gentileschi o di una Sofonisba Anguissola) ma soprattutto della storia di tutte le donne, oggi e per sempre.

Vanessa Di Lodovico ci sorprenderà con inaspettati allestimenti, con giochi che tutto hanno tranne che del ludico, essendo in sé dialoghi con l’altro, con ciò che lateralmente legge le nostre debolezze e che ci mette in una situazione di crisi. Come un’araba fenice, l’artista rinasce dalle proprie ceneri per mutare in una soggettività libera dallo schiavismo degli affetti, con una freddezza che sconvolge le nostre anime, più di noi stessi”.

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di Chiara Gallo ([email protected])
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