di Alessandro Aruffo
VASTO – Non esiste una scala di concetti che faccia di uno il primo in assoluto, esiste invece la totalità concettuale che investe l’esistenza umana. Scrive Croce: «l’uomo a ogni istante pensa il tutto, non essendo possibile pensare un concetto senza metterlo in relazione con gli altri via via concorrenti e che di volta in volta appaiono come un tutto»¹.
Ecco che la vita non è il concetto isolato privo di relazioni, ma è il concetto come struttura di relazioni che portano in sé un bagaglio concettuale dal punto di vista appunto rapportuale. La vita come concetto è rapporto e il rapporto è relazione non solo tra i singolari, ma anche tra l’universale e il singolare. Ora, Croce fa della Vitalità o Utile la categoria dello spirito che costruisce la materia per le altre che sono il Vero, il Buono e il Bello. Per quale motivo egli inserisce questa categoria? Affinché lo spirito si muova dall’irrequietezza (negatività portante) che è lo stesso motore della Dialettica. Questa irrequietezza quale Vitalità permette alle forme dello spirito di tenersi in rapporto tra loro e interagire come un tutto che non si disfà perdendo il suo movimento.
L’errore di Hegel così come quello di Spaventa, è stato per Croce fermarsi a concettualizzare la realtà diveniente come il frutto del solo Pensiero in atto, dunque di fare dell’assoluto il solo pensiero che pensa, forgiando la medesima realtà con le sole astrazioni. Spaventa si chiede come mai sia possibile la negazione, dunque l’irruzione del No nell’essere, e lo ipostatizza come lo stesso mistero della vita. Croce non è della stessa opinione, egli ritiene che senza il male e la morte, senza la negatività vivente dello spirito non ci sarebbe un progresso della vita, anzi non ci sarebbe la vita stessa: «Il pensare ragionevole ha per suo carattere l’accettazione di quel che si impone come una realtà che non si può pensare a cangiare»².
Come dire, il fatto che la realtà è quella che è, dunque che la negazione e la contraddizione siano fattori inestinguibili di essa altrettanto della bellezza e della sintesi conciliante, non è qualcosa che può essere modificato dalla ragione, ma qualcosa che va accettato, ecco dunque la ragionevolezza della ragione. Da ciò Croce punta a incrociare il legame tra Vitalità e Dialettica nel senso che l’origine della Dialettica prende piede da questa. Ma, cos’è la categoria della Vitalità? «Per categoria della Vitalità è da intendere quella in cui l’individuo soddisfa le proprie volizioni e brame di benessere individuale. Come tale, è di natura sua amorale»³.
L’origine amorale della dialettica non è una fonte di Vitalità scandalosa, ma è da prendere in considerazione come la categoria della vita che non si lascia riunire nella moralità, come la «vitalità cruda e verde, selvatica e intatta da ogni educazione ulteriore»⁴.
La meraviglia della Dialettica hegeliana sta per Croce nell’inveramento del male in bene all’interno della struttura del mondo. Che il razionale sia reale e il reale razionale sta perlopiù a significare che ciò che apparentemente non presenta un ordine di senso nella sua forma dissociativa, attraverso il superamento che prende piede dal togliere la negazione conservata dallo spirito, mostra in realtà come ciò che è morte, attività del negativo, potenza del male non è altro che il trapasso o la trasformazione di un nuovo nucleo della vita che è bene, ragione di armonia.
Secondo l’interesse di Croce il male in Hegel ha in sé sempre il nocciolo positivo del bene, così come il basso, l’infimo ha in sé l’alto, il sublime, ciò che è superiore: «il male è vinto dalle categorie ulteriori, che non aboliscono la sua forza e ne fanno forza di bene. Questa è la grande scoperta di Hegel, questa l’integrazione da lui compiuta della filosofia. A chi mi domanda che cosa abbia fatto Hegel, io rispondo che ha redento il mondo dal male perché ha giustificato questo nel suo ufficio di elemento vitale»⁵.
Di conseguenza, in Hegel non c’è un dualismo morale di bene e male, ma una superiorità speculativa su queste due dimensioni unilaterali dello spirito: «La Dialettica toglie ogni fondamento alla controversia se la vita sia un bene o un male, e alle concezioni di una filosofia ottimistica o pessimistica che si dica»⁶.
Dunque, la Dialettica nelle sue fondamenta razionali prende una decisione netta nei confronti della vita: ti guido come tuo movimento facendo consistere come forza vitale il male al pari del bene. Non le manda a dire Croce: «Ogni bene lascia sempre dietro di sé uno strascico di male da correggere, e se non fosse così, il mondo rivelerebbe tutti i suoi problemi in un attimo, cioè non esisterebbe»⁷.
In questa prospettiva delineata Croce nega che l’origine della Dialettica stia nel Pensiero e la conduce alla sfera vitale dello spirito che espone la forma della sintesi a priori di individuale e universale. Per Hegel l’Assoluto non è il Pensiero, ma l’Idea, sintesi unificante di conoscere e volere, sintesi di tutte le categorie dello spirito e della natura. Questo vuol dire che secondo Hegel la Dialettica mostra sia il Pensiero, sia questo nella realtà, nelle cose, unità di Pensiero e realtà è la Dialettica, il che vuol dire che ogni determinazione intellettuale è nella cosa e che la cosa non è semplicemente una cosa, ma una cosa che è attività, movimento concreto di dissoluzione e di riordinamento.
Ma anche Hegel ha le sue colpe come già affermato. Ciò che fa declinare la Dialettica hegeliana in peggio, è, per Croce, lo smarrimento del momento essenziale accanto a quello dell’opposizione: si parla della distinzione. Secondo Croce la distinzione non è tenuta di conto da Hegel su un piano speculativo, ma su quello empirico e questo non permette la valorizzazione di particolari sfere dello spirito e condanna lo spirito all’acquietamento dell’irrequietezza, ossia ferma la Dialettica di realtà-Pensiero in una stasi. Chiudiamo col vedere come Croce intende la frase di Hegel secondo cui ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è razionale.
Egli vede in tale proposizione la liberazione del pensiero storico da ogni tipo di assenso o dissenso di ciò che è realmente accaduto, pertanto il giudizio di valore o pratico non deve intaccare il giudizio logico, ossia non deve procurarsi una posizione di vantaggio o svantaggio nei confronti di fatti del passato in quanto solo l’Assoluto ha garantito che quei fatti storici avvenissero, ritenuti conformi all’ordine razionale del mondo.
La razionalità del reale e la realtà del razionale appartengo alla decisione di Dio che sancisce l’indifferenza decisionale del valore soggettivo umano dal punto di vista della storia dello spirito.
Ma, ciò che crea confusione e porta in contraddizione Hegel è il fatto che egli, come riportato da Croce, nel paragrafo 6 della Enciclopedia delle scienze filosofiche invece di considerare se la realtà è tutta razionale o tutta irrazionale, ci dice che esistono fatti razionali reali e fatti irrazionali irreali.
Poi aggiunge che tutto ciò che è esistenza passeggera, errore, male, capriccio, è mero accidente che non ha realtà, è il possibile che può essere come può non essere.
Senonché nella Scienza della logica Hegel intende diversamente l’accidente accanto alla sostanza, esso è il possibile che può attuarsi come non può attuarsi, ma che una volta attuato, ossia posto, si fa non solo reale, ma anche necessario. Allora, tutte quelle cose che Hegel nell’Enciclopedia considera apparenza irreale, qui assumono la valenza di realtà in vista del loro oltrepassamento.
¹ B. Croce, Indagini su Hegel e Schiarimenti filosofici, Laterza, Bari 1952, cit. p. 29
² Op. cit., p. 33.
³ Op. cit., p. 35.
⁴ Ibidem
⁵ Op. cit., pp. 36-37
⁶ Op. cit., p. 46
⁷ Ibidem