ATESSA – «La frase più amara che un sindacalista può dire è: “L’avevamo detto”. È amara perché significa che non siamo stati ascoltati, che l’evento è accaduto e che molti lavoratori hanno preferito dare credito a chi sosteneva che tutto andava bene, e che la produzione in Polonia sarebbe stata solo un’aggiunta a quella della Sevel. Basta rileggere i giornali dal 2020, quando la FIOM veniva accusata di catastrofismo. Ora, mentre in Polonia si assume e alla Sevel si continua a ricorrere alla cassa integrazione».
Inizia così la nota diffusa da Fiom in merito al nuovo annuncio di cassa integrazione per i dipendenti della Sevel.
«È il momento di riflettere e analizzare tutte le sottovalutazioni fatte quando cercavamo di avvertire che saremmo finiti in questa situazione. Non si tratta di una semplice crisi di mercato; per noi della FIOM è una strategia ben precisa avviata nel 2019 con la realizzazione dello stabilimento polacco. La chiusura della vecchia verniciatura e l’eliminazione del terzo turno notturno erano già in discussione da anni, specialmente dopo l’avvento di Stellantis. Tutto è stato pianificato da tempo. Era noto che la nuova verniciatura faticava a garantire volumi superiori ai 900 furgoni al giorno. Di conseguenza, con la chiusura della vecchia verniciatura, è chiaro che l’obiettivo fosse ridurre la capacità produttiva ad Atessa. Inoltre, la politica di riduzione dei costi di Stellantis rendeva insostenibile il mantenimento del terzo turno nella forma in cui era organizzato. Ora, le conseguenze ricadono sui lavoratori: quelli del turno di notte, che subiranno una forte perdita economica, e quelli dei turni diurni, che vedranno aumentare il ricorso alla cassa integrazione. Come FIOM, siamo convinti che questa sia una strategia di riorganizzazione della produzione dei furgoni. Siamo altrettanto certi che, prima o poi, la produzione sarà equamente divisa tra i due stabilimenti e che le nuove tecnologie verranno sviluppate in Polonia», continuano dal sindacato.
«Quando abbiamo lanciato l’allarme per l’indotto – si legge ancora nella nota – la Regione si è affrettata a rassicurarci, spiegando che l’utilizzo migliorato dell’interporto di Manoppello e delle ferrovie avrebbe facilitato l’export delle nostre aziende verso la Polonia. Non hanno voluto ascoltarci quando abbiamo avvertito che questo progetto sarebbe stato un cavallo di Troia. Infatti, quando le aziende polacche, delocalizzate o di nuova costituzione, saranno in grado di produrre i componenti che oggi realizziamo nel nostro indotto, sarà facile per loro usare questo canale per importare a costi molto più bassi ciò che ora produciamo in Val di Sangro. Come avevamo previsto, si aprirà una competizione feroce tra le aziende, con quelle più moderne in Polonia che concorreranno con le nostre, che negli ultimi anni non hanno potuto fare investimenti adeguati. Questo rientro dalle ferie porta incertezze non solo per i lavoratori e le lavoratrici della ex Sevel, ma per tutto l’indotto. Le scelte organizzative della ex Sevel avranno ripercussioni dirette su tutto il comparto».
«Cosa aspetta la politica a intervenire? Cos’altro deve accadere prima che diventi evidente che stiamo entrando in una delle crisi più gravi che la regione Abruzzo abbia mai visto? Per noi della FIOM è chiaro ormai da tempo che non possiamo più permetterci divisioni, di fatto è già da alcuni anni che cerchiamo di costruire un percorso unitario. Oggi riteniamo urgente unirci in un fronte comune e costruire una strategia condivisa, capace di contrastare un destino che sembra ormai segnato. Solo con una forte unità sindacale e con l’appoggio di tutti i lavoratori possiamo sperare di difendere il nostro Territorio e provare a cambiare il corso degli eventi», hanno infine concluso da Fiom.