VASTO – La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione della Corte d’Appello di L’Aquila che, in riforma della sentenza del Tribunale di Vasto, aveva accolto parzialmente le richieste di pagamento per i tempi di vestizione (conosciuti come “tempi tuta”) presentate da alcuni operatori sanitari, rigettandole invece per altri.
La Corte d’Appello aveva inizialmente stabilito che i tempi necessari per indossare la divisa, considerati essenziali per ragioni igieniche, dovessero essere inclusi nel tempo di lavoro. Tuttavia, aveva escluso dal diritto al pagamento per i tempi di vestizione il personale tecnico di laboratorio, gli operatori socio-sanitari (OTA) e gli autisti di ambulanza, ritenendo che per questi lavoratori non ci fosse l’obbligo di indossare o dismettere la divisa prima e dopo il turno di lavoro. Tale decisione si basava sul fatto che la loro attività non comportava continuità assistenziale né passaggi di consegne, e in alcuni casi, non prevedeva turni.
I dipendenti della ASL Lanciano-Vasto-Chieti, insoddisfatti della decisione, hanno presentato ricorso per cassazione. La Corte di Cassazione ha ora stabilito che il ragionamento della Corte d’Appello non era corretto. Ha chiarito che, indipendentemente dal tipo di attività svolta e dalla presenza o meno di turni, i tempi di vestizione e svestizione devono essere remunerati se non sono già inclusi nell’orario di lavoro.
La causa è stata quindi rinviata alla stessa Corte d’Appello per ulteriori accertamenti sul diritto al pagamento dei tempi di vestizione anche per il personale per il quale era stato rigettato.
Soddisfazione per la decisione è stata espressa da Raffaello Villani, segretario territoriale della sigla sindacale FSI-USAE, che ha rappresentato i lavoratori con gli avvocati Luca Damiano e Marco Frediani del Foro di Vasto.
viviamo in una nazione in cui le regole base dei “processi interni” di lavoro sono spesso ignoti ai lavoratori , cosi’ come , troppo spesso, è assente una cultura sindacale che deve mirare ad una miglior qualità lavorativa, degnamente retribuita. Troppo spesso queste lacune consentono ad aziende di fare solo ed esclusivamente profitto. e laddove ci sono nullafacenti, è comunque colpa di un processo aziendale che non riesce a risolvere il problema. Ben vengano sentenze come queste!!