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25 Giugno 2024
Chiara GallobyChiara Gallo

Un documentario sul Tratturo Magno dell’Abruzzo

Un viaggio di oltre 240 chilometri nella regione, destinato al mercato televisivo nazionale ed internazionale | GALLERY

Progetto senza titolo 2024 06 25T200128.550

ABRUZZO – Dal mare ai primi contrafforti del Gran Sasso, da Torino di Sangro a Forca di Penne, lungo il tratto chietino e pescarese del Tratturo magno. Sulla via del ritorno, la stessa che i pastori abruzzesi e milioni di pecore percorrevano in tarda primavera dal Tavoliere delle Puglie, dove avevano trascorso l’inverno, per poter finalmente tornare a casa, sulle loro montagne, a riabbracciare le famiglie.


Dopo Foggia e la sua dogana, che governò la florida economia della transumanza per secoli, da quando fu istituita da Alfonso di Aragona a metà del ‘400, San Paolo di Civitate e Serracapriola, porte d’ingresso ai pascoli della Puglia, Monte Sant’Angelo e il santuario di San Michele Arcangelo, protettore dei pastori e delle greggi, i tratturi del Molise, che lentamente scendono verso l’Adriatico, prosegue il viaggio, finalmente in terra abruzzese, de “Le Via della Lana”, documentario destinato al mercato televisivo nazionale e internazionale, in fase di realizzazione, a firma di Kairostudio, e del regista Daniele Di Domenico: un viaggio di oltre 240 chilometri che si concluderà a L’Aquila, e a Campo Imperatore, lungo il Tratturo magno ed altri regi tratturi, le vie d’erba, larghe 111,6 metri, ad uso esclusivo del passaggio delle imponenti greggi, per raccontare finalmente in modo unitario e completo, la civiltà della transumanza che l’Unesco ha dichiarato dal 2019 Patrimonio culturale Immateriale dell’umanità.

«È importante raccontare ancora oggi la secolare epopea della transumanza – spiega Di Domenico -, perché essa rappresenta le radici della civiltà del Mezzogiorno d’Italia e anche di tanta parte del Mediterraneo. E tappa dopo tappa, ci siamo resi conto che in realtà, per quanto la pratica della transumanza sostanzialmente non esista più, come pure buona parte del Tratturo magno, l’economia legata alla pastorizia c’è ancora, offre prodotti straordinari, portata avanti da lavoratori eccezionali, e andrebbe valorizzata e sostenuta, come un punto di forza delle aree interne e montane, in quanto svolge un prezioso servizio ambientale e di tutela e del territorio. Ed ancora tangibile, viva e attuale, è anche una connessione immateriale, fatta di saperi, memorie, tradizioni e rituali, condivisi lungo tutto il percorso del Tratturo magno, dall’Abruzzo alla Puglia passando per il Molise».

Prima tappa in Abruzzo è stata Torino di Sangro, dove il Tratturo magno si affaccia al mare  e lambisce la lecceta, preziosa area naturalistica. A seguire Lanciano, città crocevia di traffici e mercati sin dall’antichità, tra cui quelli resi possibili dal passaggio stagionale di milioni di pecore, tanto che le sue importanti fiere erano in perfetta sincronia con i tempi della transumanza. Poi ancora Frisa, Poggiofiorito, Arielli, Canosa Sannita, Giuliano Teatino, Ari, Vacri, Villamagna, Bucchianico, e altri comuni e paesi ancora, e con un “diversivo” rispetto al tracciato del Tratturo magno a Roccascalegna, per raccontare il talento degli artigiani nel realizzare le “fuscelle”, usate prima dell’avvento dei canestri in plastica per mettere “in forma” il formaggio, e tessute con un’erba palustre che cresce vicino al tratturo nelle.zone umide di Lesina in Puglia. 

Ha spiegato dunque uno dei tanti protagonisti di Vie della Lana, l’etnobotanico Aurelio Manzi:  «I tratturi sono connotati da una vegetazione condizionata dal passaggio degli animali e dal loro calpestio, specie che per secoli si sono adattate alla brucatura, come la plantago serraria, ma anche il carciofo selvatico, il carduccio del tratturo, che faceva parte della dieta del pastori in cammino, e le foglie erano utilizzate anche come caglio. Altra presenza costante il pero mandorlino, i cui frutti erano assai apprezzati dagli animali, Nei tratti costieri c’è poi la liquirizia,  cui radici i pastori raccoglievano sulla via del ritorno, per portarla ai loro figli, come apprezzatissimo regalo. Le stesse pecore trasportavano i semi che si attaccavano al loro vello per centinaia di chilometri, come quelli della medicago, una erba medica selvatica. Ecco perché molte varietà sono comuni al percorso del Tratturo magno, che anche per questo rappresenta ancora oggi un patrimonio immateriale e culturale da riscoprire e valorizzare».

Attraversato il fiume Pescara, altra tappa quella di Rosciano dove la cantina Marramiero ha deciso di eliminare alcuni filari delle sue vigne per rendere leggibile il tratturo, e ha prodotto il vino Sessanta passi, un bianco pecorino, che prende il nome dalla larghezza del tratturo di 60 passi napoletani corrispondenti a 111 metri circa. E poi Cugnoli, la cui amministrazione comunale sta dedicando grandi energie per la valorizzazione del Tratturo magno che attraversa il suo territorio con lunghi tratti ancora ben conservati e leggibili, organizzando ad esempio il Transumanze festival, che propone importanti convegni con esperti da tutta Italia, e con una rete sentieristica in fase realizzativa, che in parte ricalca il tratturo magno.

Ha spiegato dunque Lanfranco Chiola, vice sindaco e coordinatore dell’Area omogenea 5 del cratere sismico del 2009: «a Cugnoli la ricostruzione post sismica, dal punto di vista fisico ed edilizio, è pressoché terminata, il nostro borgo è tornato allo splendore, ma questo non può bastare, serve come si è detto e ripetuto tante volte anche la ricostruzione immateriale, del tessuto sociale, individuando nuove vocazioni, economiche e turistiche per tutti i paesi che hanno subito la catastrofe del terremoto. Da questo punto di vista la valorizzazione del Tratturo magno, della grande civiltà della transumanza può e deve rappresentare una potente leva, anche a livello internazionale, in un’ottica di rete e sinergia con tutti i comuni che condividono storicamente questo patrimonio dell’umanità».

Infine, proseguendo verso ovest, dopo Corvara e Pietranico, ultima tappa sotto la torre di Forca di Penne, altro luogo iconico, che divideva il tratto montano e aquilano del tratturo magno, da quello collinare e poi costiero del  pescarese.

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