PESCARA – C’è l’ombra della droga dietro l’omicidio di Thomas Christopher Luciani, il 17enne trovato morto nella serata di domenica nel parco Robert Baden-Powell a Pescara.
Un omicidio che ha lasciato sgomenti per la ferocia con cui è stato commesso: Luciani infatti è stato raggiunto da 25 fendenti, inflitti da due ragazzi suoi coetanei, già fermati dai Carabinieri con l’accusa di omicidio. E quel che lascia ancora più sgomenti è il movente che ha spinto i due giovani a compiere un delitto tanto efferato, sembra infatti dalla prime ricostruzioni che il diverbio sarebbe nato per un debito di droga, circa 200 euro, che sono costati la vita a Thomas Luciani. Il giovane sarebbe stato attirato in un trappola e accerchiato da circa 7 o 8 persone, tra cui gli autori materiali del delitto. Non è ancora chiaro se i giovani avessero intenzione di uccidere o la violenza sia scattata alla fine di una lite.
Il giovane, già nel novembre scorso si era allontanato volontariamente da casa e in quell’occasione era scattato il piano provinciale per il ritrovamento delle persone scomparse, che dopo incessanti ricerche aveva permesso di individuare il minore e di riaccompagnarlo a casa. Attualmente invece si trovava affidato ad una comunità di Isernia per scontare una pena relativa ad alcuni reati compiuti, ma da venerdì scorso si era allontanato dalla struttura facendo perdere le sue tracce e rientrando in clandestinità a Pescara. La vita di Thomas, in ogni caso, non era mai stata facile: figlio di una ragazza madre e abbandonato dai genitori a tre anni era stato affidato ai nonni con cui è cresciuto a Rosciano. Tutti in paese parlano di lui come di un bravissimo ragazzo, purtroppo fragile e “segnato” dalla vita, che da quando aveva iniziato la scuola superiore a Pescara era finito in brutti giri, scoprendo la droga.
Il sindaco di Pescara Carlo Masci, in seguito alla triste scoperta, ha fatto sapere: «Quella che si è consumata ieri a Pescara è una tragedia. L’omicidio di un giovanissimo, che sarebbe avvenuto per mano di altri ragazzi, lascia sgomenti e senza parole, qualunque sia il movente e lo scenario in cui è maturato il fatto di sangue. Al di là delle motivazioni, che non conosciamo, non si può morire quando si ha una vita intera davanti, così come è assurdo che ci si macchi di un delitto così grave. Queste sono ore preziose, per chi indaga, e qualsiasi ricostruzione sarebbe frettolosa e parziale per cui è bene lasciar lavorare gli inquirenti. Una prima “risposta” c’è già stata, immediata e puntuale, su questo assassinio: non avevo dubbi che ciò accadesse e ringrazio coloro che sono impegnati da ieri sera a ricostruire tutto per chiudere il cerchio. Purtroppo sono state immediate e puntuali anche le polemiche politiche di chi è esperto non di sicurezza ma di sciacallaggio e ha nuovamente dimostrato di non saper tacere neppure di fronte alla morte di un ragazzino. Tutti ci dobbiamo interrogare sui limiti e le mancanze della nostra società nei rapporti con i più giovani: le istituzioni, il mondo della scuola, le famiglie devono tutelare e sostenere sempre i ragazzi, prevenendo o frenando qualsiasi devianza o deriva, e quando avvengono episodi di questa gravità è chiaro che bisogna porsi delle domande. Il mio abbraccio va alla famiglia e agli amici della vittima e il mio pensiero va anche alle famiglie di chi è coinvolto nell’omicidio, travolte da un fatto così grave».
Continuano intanto le indagini dei Carabinieri per fare luce definitivamente sulla vicenda: secondo alcune indiscrezioni i minori fermati per l’omicidio erano insospettabili, studenti ben inseriti socialmente e sarebbero figli di un avvocato e di un graduato dei Carabinieri.