L’AQUILA – Ieri, a L’Aquila, nel Centro congressi “Luigi Zordan” dell’Università dell’Aquila, sono stati presentati i risultati di cinque anni di attività realizzate nell’ambito del progetto “Territori Aperti”.
Il progetto, condiviso con il Comune de L’Aquila e finanziato dal Fondo Territori Lavoro Conoscenza di CGIL, CISL e UIL, ha creato i presupposti per l’istituzione di un Centro interdisciplinare di documentazione, formazione e ricerca sulla prevenzione e sulla gestione dei disastri e sui processi di ricostruzione materiale e immateriale delle aree colpite, con particolare attenzione alle questioni economiche e sociali, alla pianificazione territoriale e alle questioni sanitarie. Il progetto è basato sui principi della open science e su un’infrastruttura tecnologica innovativa per la raccolta, il trattamento e l’analisi dei dati.
Nell’ambito del progetto è stato realizzato un Master in management tecnico-amministrativo post-catastrofe negli enti locali, giunto alla quarta edizione, che ha formato 154 professionisti e ha dato vita al Toolkit Disaster Preparedness, una raccolta a disposizione di cittadini e istituzioni composta da più di 90 esperienze che sono confluite in 22 raccomandazioni per la gestione dei disastri, elaborate dagli esperti accademici a partire dalle tesi del Master e dai progetti del Comitato sisma centro Italia.
Inoltre, è stata realizzata un’infrastruttura tecnologica per integrare e rendere disponibili i dati raccolti e analizzati, 23 banche dati di open data collegate direttamente al sito, 14 approcci di analisi e metodi sviluppati, 3 applicazioni, 10 tesi universitarie, 56 pubblicazioni scientifiche di cui 35 in riviste e conferenze internazionali di prestigio, e 26 rapporti tecnici prodotti dal progetto. Attualmente 6 centri collaborano al sistema informativo e ben 10 enti (locali e nazionali) partecipanti alla rete di istituzioni coinvolte nel progetto. Il numero delle visite al sistema informativo è attualmente oltre 35.000 e il numero di downloads dei documenti pubblicati del Centro (pubblicazioni, deliverables, ecc.) è poco sotto i 21.000.
Oltre agli studenti universitari e a quelli del master, sono stati formati tre professionisti in ambito più strettamente tecnologico e sono stati svolti 27 tirocini interni. Nei cinque anni di progetto sono state assunte 39 figure professionali che grazie all’esperienza di Territori Aperti hanno potuto potenziare e ampliare le proprie conoscenze tecniche e le competenze trasversali, riuscendo tutti a progredire in tempi brevi nella propria carriera di lavoro. Il 26% dei contrattualizzati ha ottenuto un lavoro a tempo indeterminato.
Il numero dei progetti nazionali e internazionali in cui UnivAQ-Territori Aperti è partner è attualmente pari a 10, con 3 di rilevanza europea, permettendo alle attività di Territori Aperti di andare oltre il finanziamento originale. Infine, Territori Aperti ha partecipato a più di 60 eventi e organizzato più di 15 eventi che ha attratto in media sopra i 100 partecipanti.
All’evento di oggi hanno partecipato: il segretario generale della CGIL Maurizio Landini; Andrea Cuccello, della segreteria nazionale CISL; Ivana Veronese, della segreteria nazionale UIL; il rettore UnivAQ Edoardo Alesse; i professori UnivAQ Lelio Iapadre, Antinisca Di Marco e Donato Di Ludovico; Salvatore Provenzano e Raffaello Fico, titolari degli Uffici speciali della ricostruzione dell’Aquila e dei Comuni del Cratere. Presente anche, in videocollegamento, Stefano Massini, attore, drammaturgo, scrittore e narratore.
L’incontro è stata l’occasione per discutere sulle prospettive future del centro e sul suo ruolo nei processi di ricostruzione delle aree colpite da disastri naturali e antropogenici.
«E’ con molto piacere che tiriamo la somma del progetto Territori Aperti – dichiara Edoardo Alesse, Rettore dell’Università degli studi dell’Aquila – sperando di riuscire a stabilizzare i temi, i metodi ed anche lo spirito dell’iniziativa attraverso la costituzione di un centro di ricerca all’interno della nostra università, ma aperto e fruibile da tutti coloro che per varie ragioni ne avessero bisogno. In questo momento due parole mi vengono alla mente: gratitudine ed impegno. Gratitudine per le sigle sindacali, oggi presenti ai massimi livelli, ma soprattutto per i lavoratori che hanno contribuito in solido allo sviluppo del progetto; impegno forte, qualificato, messo in campo con abnegazione da parte di tutti coloro che hanno fatto progredire le idee progettuali raggiungendo risultati pregevoli da un punto di vista formativo come il Master in management post-sisma ed operativo come il Toolkit di risposta alle calamità. Complimenti dunque ai sindacati, al Comune, agli uffici per la ricostruzione e naturalmente all’Università dell’Aquila».
«L’infrastruttura tecnologica di Territori Aperti è connessa con l’infrastruttura europea SoBigData RI che garantisce la visibilità e il riuso dei risultati ottenuti nel progetto a livello europeo, nel pieno rispetto della Open Science – dichiara la prof.ssa Antinisca di Marco. – Rendere i dati e i metodi accessibili permette, in modo sostenibile, di rianalizzare fenomeni legati ai disastri e alla ricostruzione con innovative tecniche valorizzando in maniera continua i finanziamenti pubblici investiti per generarli. Inoltre, attraverso il finanziamento PNRR SoBigData.it che mira a rafforzare l’hub italiano dell’infrastruttura europea, l’Ateneo aquilano sta creando un nuovo data center ad alte prestazioni computazionali e di storage che, insieme con il virtual laboratory su Disaster and recovery di SoBigData RI, permetterà al nascente centro di avere a disposizione la necessaria tecnologia e competenza scientifica informatica per poter procedere con le sue attività.
«L’incontro di oggi – dichiara Lelio Iapadre, prorettore delegato per lo sviluppo sostenibile e coordinatore del progetto Territori Aperti – è in primo luogo un’occasione per esprimere la gratitudine dell’Ateneo e della città dell’Aquila al Fondo Territori Lavoro e Conoscenza di CGIL, CISL e UIL per aver reso possibile la nascita del centro Territori Aperti, grazie ai contributi offerti da lavoratrici e lavoratori dopo il terremoto del 2009. Le attività di formazione, ricerca e collaborazione sociale del centro Territori Aperti rappresentano un esempio del ruolo che gli atenei possono svolgere per aumentare la resilienza dei territori ai disastri di origine naturale o antropica e per contribuire a generare percorsi di sviluppo sostenibile, coniugando l’apertura internazionale dei sistemi locali con obiettivi di giustizia sociale e ambientale. Il Toolkit Disaster Preparedness e la metrica di benessere sociale costruita insieme con le organizzazioni sociali attive nel territorio del sisma 2009 rappresentano strumenti fondamentali a disposizione delle istituzioni pubbliche e della cittadinanza per valutare la qualità delle politiche di ricostruzione».
«Territori Aperti ha anticipato, ha sollecitato, ha spronato il dibattito sulla creazione di un Dipartimento Nazionale delle Ricostruzioni, dichiara Salvatore Provenzano, titolare dell’USRA. Il Paese ha necessità di un dipartimento che al pari del dipartimento della Protezione Civile (che coordina i processi in emergenza) coordini i processi di ricostruzione. Il dibattito parlamentare che seguirà alla presentazione del Disegno di legge appunto istitutivo del Dipartimento delle ricostruzioni può e deve trovare ottimi spunti dal Toolkit Disaster Preparedness e più in generale dell’esperienza di Territori Aperti che ha messo in connessione le esperienze di ricostruzione dei territori colpiti dai più recenti eventi sismici mettendo in luce le buone pratiche e altresì evidenziando le criticità che inevitabilmente esistono in processi complessi quali quelli della ricostruzione».
«Le aree del cratere 2009, ed in particolare quelle montane, sono state interessate da un progressivo spopolamento e marginalizzazione, a causa di mancanza di connettività, di produttività ed del limitato accesso ai servizi pubblici, tra cui l’istruzione e l’assistenza, che nel tempo ha contribuito alla minore attrattività di questi territori come luoghi in cui vivere e lavorare” osserva il responsabile dell’USRC Raffaello Fico “Di conseguenza , anche le risorse culturali, naturali ed il patrimonio materiale di queste aree hanno subito un progressivo declino e decadenza, in quanto non inclusi all’interno di sistemi economici in grado di valorizzarli. Nell’ambito dei progetti di studio di Territori Aperti, attraverso attività di ricerca e analisi in sinergia con l’Università dell’Aquila, l’USRC, ha contribuito ad aprire un percorso importante, volto a manifestare la capacità degli enti territoriali a sviluppare un processo di ricostruzione urbana, sociale ed economica delle aree maggiormente esposte a rischio. Grazie al lavoro dei comuni si può concorrere a promuovere lo sviluppo del territorio e la valorizzazione delle aree interne attraverso processi di partecipazione di cui l’Ufficio si fa promotore».
«Il progetto che abbiamo deciso di finanziare” dichiara Maurizio Landini, segretario generale Cgil “rappresenta per il nostro sindacato un motivo di orgoglio: in una condizione di profonda difficoltà, favorire occasioni di studio è indubbiamente uno strumento per scommettere sullo sviluppo di territori che, dopo la tragedia, rischiano di essere abbandonati. Ma il successo di questo lavoro comune non deve fermarci, i nostri sforzi devono proseguire per garantire a questi territori la valorizzazione necessaria. E questo lo si fa a creando lavoro stabile e di qualità, investendo sulle grandi scommesse a cui siamo chiamati per affrontare le due grandi transizioni, quella ambientale e quella digitale. La Cgil non si fermerà e continuerà a battersi per tutto questo».
«L’incontro di oggi – sottolinea Ivana Veronese – dimostra come la solidarietà di lavoratrici e lavoratori abbia permesso di realizzare un progetto concreto nella ricostruzione post terremoto. Siamo in un territorio che si trova all’incrocio di diversi assi: sotto un profilo economico presenta caratteristiche simili a quelle delle Regioni centro-settentrionali, ma sono presenti anche elementi tipici del Mezzogiorno, sotto il profilo sociale e istituzionale. La maggior parte dei Comuni del cratere, poi, sono caratterizzati da bassa densità di popolazione. La struttura industriale presenta un marcato dualismo: un gruppo ristretto e molto qualificato di aziende medio-grandi e una grandissima maggioranza di microimprese. Occorre sicuramente ammodernare le infrastrutture delle aree industriali, con il completamento della metanizzazione e l’infrastrutturazione digitale a banda larga. Serve investire nelle infrastrutture immateriali, come le cosiddette trasversali, e promuovere e stimolare i collegamenti tra mondo delle imprese, mondo della ricerca, dell’università e dei centri di ricerca interni ed esterni al territorio. Abbiamo, infine, la sfida dell’intelligenza artificiale e ci dobbiamo porre il tema di come governiamo il lavoro. Siamo convinti dell’importanza della ricerca e dell’innovazione tecnologica per anticipare le trasformazioni cruciali del sistema produttivo, ma dobbiamo mettere al centro della mission le persone. Di conseguenza abbiamo bisogno di più istruzione e più formazione».
«Territori Aperti – dichiara Andrea Cuccello – è stata una straordinaria intuizione che ha messo in sinergia Enti Pubblici, Sindacati, Università grazie ad un finanziamento del fondo territori lavoro e conoscenza, costituito con una sottoscrizione tra i lavoratori aderenti a CGIL, CISL, UIL, è stato sicuramente un progetto che ha dato vita ad una eccellenza, un centro interdisciplinare di documentazione, formazione e ricerca, basato su una infrastruttura tecnologica integrata nella rete europea SOBIGDATA RI che lavora su tutti gli aspetti inerenti la prevenzione e la gestione dei disastri naturali e antropogenici, nonché dei processi di ricostruzione delle aree colpite. La Cisl, prosegue Cuccello, crede profondamente allo straordinario e fecondo supporto del mondo accademico, come conoscenza e come promotore di nuovo sapere ma anche per realizzare nuove idee e nuove modalità operative. E siamo convinti che tutto ciò deve essere preso in considerazione creando una osmosi ed un punto di riferimento rispetto a quanto in questi mesi si è andato articolando presso la Commissione Ambiente di Camera e Senato, rispetto alle tre proposte di legge inerenti le calamità naturali, sulle quali come Cisl abbiamo polarizzato le nostre osservazioni nelle quali abbiamo evidenziato come siamo efficienti nella gestione dell’emergenza, siamo più carenti nel sistema della programmazione di ricostruzione. Dobbiamo rendere protagonista una struttura già esistente che si chiama Casa Italia, la quale deve essere rafforzata nell’organico assegnandole il compito di essere Struttura di Missione di riferimento per la ricostruzione e la fase post-emergenziale. A 15 anni dal tragico evento del 6 aprile, si è posto il tema della ricostruzione, con i suoi tempi ed i suoi costi. Ma ci è chiara una cosa: un Paese come l’Italia ad alto rischio sismico deve aumentare la sicurezza del patrimonio edilizio esistente. Questo è possibile anche utilizzando l’esperienza dei nostri Enti Bilaterali presenti in edilizia e investendo sulla qualità ed innovazione delle nuove costruzioni. Temi quest’ultimi che sono stati recepiti anche dal Governo in occasione del confronto con il Ministro del Lavoro in tema di sicurezza nei luoghi di lavoro».