di Anna Bontempo
ABRUZZO – Il nuovo consiglio regionale abruzzese avrà poche donne sedute ai banchi dell’Emiciclo. Neanche la doppia preferenza è riuscita a scardinare un meccanismo che vede ancora una volta prevalere la rappresentanza maschile. Basti considerare che a fronte di 29 consiglieri eletti, solamente tre sono donne, di cui due di maggioranza e una di minoranza. Si tratta di Tiziana Magnacca per la provincia di Chieti (Fratelli d’Italia), Marianna Scoccia per la provincia dell’Aquila (Noi Moderati) e Erika Alessandrini per la provincia di Pescara (Movimento 5 stelle). Ovviamente va considerato anche che quello uscito dalle urne non sarà l’assetto definitivo del consiglio regionale, in quanto diversi consiglieri saranno poi nominati assessori e dunque faranno posto ad altri candidati, ma comunque risulta palese come nella nostra regione la stragrande maggioranza delle preferenze degli elettori vadano verso candidati di sesso maschile. La parità di genere è dunque ancora lontana in politica? Ne parliamo con Gemma Andreini, componente della Commissione regionale per le pari opportunità e con Anna Suriani, assessore comunale nella giunta di centrosinistra guidata dall’ex sindaco Luciano Lapenna.
«La pari opportunità è ancora lontana in politica e non solo – attacca Andreini – pur in presenza di una folta rappresentanza femminile le donne non sono state votate e forse è lecito pensare che alcune candidature siano state solo di facciata. Però analizzando il risultato elettorale emerge chiaramente che sono state premiate le donne che sono riuscite ad avere una loro identità politica e di pensiero. Io credo nella capacità delle donne e nel loro determinante contributo, ma spesso anche le donne che hanno avuto spazio in politica, e questo va detto, non hanno dato dimostrazione di saper fare politica in maniera diversa dagli uomini. Si sono omologate. Se dovessi fare un mea culpa direi che ci siamo illuse, abbiamo pensato che la preferenza di genere sarebbe stata sufficiente a scardinare questa egemonia maschile. Ma i fatti dicono il contrario», conclude la consigliera regionale per le pari opportunità.
«Non ci volevano le elezioni regionali per confermare un andazzo che purtroppo ci connota, come sistema Italia ed in generale anche rispetto ad altri paesi europei, in maniera assolutamente negativa – afferma l’ex assessore Suriani – dopo tutti questi anni avere ancora a che fare con questioni di rappresentanza di genere marca una problematica evidente, a fronte delle solite argomentazioni. Cioè che ci si laurea di più e che le donne hanno i migliori risultati nel campo della scuola. Ma quando si tratta poi di gestire posti di potere, di comando o di governo, fatte le dovute eccezioni, in primis la premier Giorgia Meloni, le difficoltà ci sono, tant’è che c’è voluta una norma sulla parità di rappresentanza, che non tutti i paesi europei hanno, e che benchè sia stata salutata positivamente, non è sufficiente. Occorre uno sforzo maggiore. Spesso le donne vengono utilizzate per candidature di servizio e non per ruoli di primo piano. Guardando il recente risultato regionale mi sembra che sia andato molto male rispetto alla rappresentanza femminile. Siamo andati indietro rispetto a cinque anni fa: le elette sono veramente poche, tre rispetto alle cinque del 2019».
Che cosa bisogna fare?
«Secondo me occorre riavviare all’interno dei partiti dei momenti di confronto reali – suggerisce Suriani – i partiti spesso sono personalistici, i dibattiti che c’erano tanti anni fa sono ormai spariti dai radar, ci sono tante chiacchiere sui social ma poco confronto reale. Sarò anche antica, ma sono abituata ad altre logiche. Tutto quello che è partecipazione ai vari livelli porta a sviluppare una classe dirigente con l’idea di un attivismo maggiore. E poi bisogna far crescere i giovani. Non possiamo andare avanti con una classe dirigente così anziana, come accade spesso in Italia. Per questo motivo io ho fatto un passo indietro, Credo che della politica e della cosa pubblica debbano occuparsi soprattutto le persone giovani».