VASTO – «Una politica miope che ha sempre anteposto gli interessi particolari alla tutela del territorio». A distanza di 23 anni dalla legge che ha istituito il Parco Nazionale della Costa Teatina – uno degli argomenti completamente assenti in questa campagna elettorale – gli ambientalisti tornano a far sentire la loro voce sulla impellente necessità di dare finalmente seguito ad una legge che risale al 2001. È questo il senso del convegno dal titolo “Costa Teatina. Passato, presente e futuro di un territorio”, che si è tenuto sabato scorso nella Casa del Popolo La Conviviale, con la partecipazione di Lino Salvatorelli, presidente Arci, Maura Peca del Centro di documentazione sui conflitti ambientali e Denis Pratesi, architetto e socio di Italia Nostra del Vastese. La storia del Parco, una felice intuizione dell’allora senatore Angelo Staniscia (Sinistra democratica), è stata raccontata da Salvatorelli che ha ripercorso tutte le tappe del Parco che ancora oggi, nonostante una perimetrazione depositata al Ministero nel 2015, è solo sulla carta. E probabilmente sulla carta resterà perché – e questo è abbastanza chiaro – manca la volontà politica.
IL PARCO MAI NATO – «Che fine ha fatto il Parco nazionale della Costa Teatina? Si trova nel cassetto del dirigente del Ministero dell’Ambiente, ma non per volontà dello stesso funzionario, ma della Regione Abruzzo», attacca il presidente dell’Arci, il quale ha rimarcato come tutto si bloccò nel 2015 quando il Commissario ad acta, Giuseppe De Dominicis, incaricato di definire i confini del Parco, consegnò la sua ipotesi di perimetrazione che, all’inizio abbastanza larga, si andò man mano ridimensionando».
«Il Commissario alla fine raggiunse il suo obiettivo», ricorda Salvatorelli, «e dopo aver interloquito ed essersi confrontato con le amministrazioni comunali e le associazioni riconsegnò il lavoro al Ministero. A quel punto mancava solo la firma del Ministro e del presidente della Repubblica per avere il Parco. Improvvisamente da Vasto partì un emendamento, a firma dell’allora consigliere regionale Mario Olivieri, espressione di una forza politica di cui non ricordo il nome, che rimise in discussione la perimetrazione fatta dal Commissario, adombrando non so quali danni per il tessuto industriale e artigianale. Questo emendamento venne approvato all’unanimità dal consiglio regionale e mirava a rimettere mano alla perimetrazione, stralciando alcune parti che coincidevano con la zona industriale. Da quel momento è tutto fermo. A quei tempi la giunta regionale era guidata da Luciano D’Alfonso, al Governo c’era Enrico Letta e Ministro dell’Ambiente era Andrea Orlando».
CHI REMA CONTRO IL PARCO – «Sul Parco della Costa Teatina abbiamo avuto due atteggiamenti», continua Salvatorelli, «quello del centrodestra che si è detto sempre contrario e quello del centrosinistra che ha sempre fatto finta di volerlo. Forse all’interno del centrosinistra c’è stato qualcuno che ha voluto veramente il Parco: non possiamo negare l’impegno dell’ex assessore regionale Franco Caramanico e dell’ex sottosegretario alla presidenza regionale Mario Mazzocca. Chi blocca e decide è comunque la politica. È stato una cecità enorme non portare avanti questo progetto, nato dalla intuizione dell’allora senatore Staniscia. I detrattori hanno sfruttato le paure degli agricoltori per continuare a speculare con il cemento».
UNA GRANDE OCCASIONE PERSA – «È stato veramente assurdo non fare il Parco della Costa Teatina», rincara la dose Salvatorelli, «se avessimo avuto il Parco prima della realizzazione della Via Verde questa sarebbe diventata una infrastruttura del Parco con i conseguenti finanziamenti previsti in questi casi. La politica queste cose le sa, il problema è che su questo territorio ancora una volta gli interessi di parte hanno prevalso sull’interesse pubblico. Difatti oggi noi abbiamo una Via Verde attrattiva, amata da tutti, ma ancora incompleta. Non sappiamo chi la dovrà gestire, chi si occuperà della manutenzione. Da alcuni calcoli fatti alcuni anni fa è emerso che la mancata istituzione del Parco nazionale ha comportato una perdita di 10 milioni di euro. Se fosse stato perimetrato nel 2008 questo territorio avrebbe ricevuto dal Ministero 10 milioni di euro».
APPELLO ALLA NUOVA GIUNTA REGIONALE – «Anche se il Parco nazionale è stato il grande assente di questa campagna elettorale, spero che chi vinca le elezioni vada al Ministero e chieda di riaprire la partita, riprendendo da dove tutto si è fermato», è la speranza del presidente dell’Arci, «i confini riconsegnati da De Dominicis ricalcano più o meno la Via Verde, con i 150 metri a valle e i 150 metri a monte, aggiungendo i corsi d’acqua e i canaloni lungo l’Autostrada, canaloni che a volte disprezziamo ma che sono di fatto dei contenitori di biodiversità. Il confine riconsegnato da De Domenicis era questo, si trattava quindi di dare una valenza nazionale ad un territorio già protetto a livello regionale».