CHIETI – È arrivata l’ufficialità: la Corte d’Appello dell’Aquila ha condannato l’Inps a ricostruire la posizione contributiva di Luigi Vitullo, operaio chietino morto a 54 anni a causa mesotelioma pleurico epitelioide, provocato dall’esposizione all’amianto.
Le perizie tecniche-ambientali del CTU hanno confermato che l’operaio, durante lo svolgimento del suo lavoro, era stato esposto direttamente e indirettamente a polveri e fibre di amianto. Nonostante il divieto di utilizzo introdotto dalla legge 257/92, Vitullo e i suoi colleghi fino alla metà degli anni ‘90 continuavano a utilizzare guanti e altri strumenti di protezione realizzati in amianto. Le perizie hanno anche accertato che le aziende per cui Vitullo aveva lavorato non avessero mai adottato gli strumenti di prevenzione adeguati a proteggere i lavoratori dalla fibra di amianto. Vitullo si era poi ammalato nel maggio del 2015 e gli era stato diagnosticato un mesotelioma: era morto all’ospedale di Ancone un mese dopo.
Era così partita una lunga battaglia giudiziaria, condotta del presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto, Ezio Bonanni, legale della famiglia, è iniziata dapprima contro l’INAIL che nel 2019, quando la causa aveva ormai assunto una piega positiva, riconosce il diritto in via amministrativa. L’INPS, invece, anche dopo il riconoscimento dell’INAIL, ha continuato a negare l’esposizione ad amianto dell’operaio, e i benefici e le prestazioni aggiuntive del Fondo Vittime Amianto spettanti alla vedova, Antonietta Cicchini, che all’epoca della morte del marito aveva 50 anni, costringendo a una nuova causa. La domanda in primo grado viene rigettata, ma in appello giustizia è stata fatta perché il ricorso viene accolto, alla donna ora andranno i diritti spettanti in seguito alla tragica perdita del marito. L’Istituto è stato condannato al ricalcolo della pensione di indennità con un aumento di circa 5mila euro in più all’anno. Inoltre la donna dovrà percepire 80mila euro circa tra gli arretrati dell’INPS e quelli dell’INAIL.