di Anna Bontempo
VASTO – Le soluzioni alle barriere sommerse, impattanti e a volte inutili, ci sono. Le hanno illustrate docenti universitari, accademici e studiosi presenti al convegno che si è tenuto sabato nella sala conferenze della società operaia di vico Raffaello. Oltre cinquanta le persone che hanno risposto all’invito dell’associazione Litorale vivo, un sodalizio di recente costituzione che si batte contro la realizzazione di barriere sommerse a Vignola, la baia più gettonata dai surfisti. E che dopo aver organizzato un riuscitissimo e coreografico flash mob ha voluto dare il proprio contributo tecnico, mettendo intorno ad un tavolo relatori del calibro di Enzo Pranzini, docente di dinamica e difesa dei litorali dell’Università di Firenze, Paolo Stocchi, docente-ricercatore Uni-Urbino – Istituto per le soluzioni ai cambiamenti climatici, Giorgio Dario Pezzini, già direttore tecnico della società italiana di salvamento e l’ingegner Roberto Sirito, il cui studio ha lavorato ad un grande progetto per conto della Regione Liguria per il ripascimento con cava di pietrisco di cinque chilometri di litorale. Nel ruolo di moderatore Maurizio Spadaccino. Assenti gli amministratori comunali che, benché invitati hanno inteso non partecipare, sottraendosi ad un importante momento di confronto. Presenti solo Francesco Prospero, consigliere comunale di Fratelli d’Italia e Sara Marcozzi, consigliera regionale di Forza Italia.
Partendo dalla premessa che “l’erosione è un fenomeno naturale che si accentua quando si disbosca e si edifica sulla costa”, i relatori hanno affrontato gli aspetti di loro competenza, giungendo alla conclusione che ci sono alternative alle barriere sommerse. Sono opere di difesa “flessibili” ed adattabili per la gestione di scenari futuri, come quello relativo all’innalzamento delle acque dovuto ai cambiamenti climatici. Sui pericoli per la balneazione si è soffermato Pezzini, secondo il quale “le spiagge artificializzate producono pericoli per gli improvvisi sbalzi di profondità”.
Emotivamente coinvolgente l’intervento di Mario Trave, surfista e fotografo freelance.
«La baia di Vignola è una rarità italiana che sarà persa per sempre”, dice “questo tratto di litorale non è una risorsa solo per la comunità surfistica, ma soprattutto per l’ambiente. Qui abbiamo onde monumentali, una eccellenza italiana. A Vignola abbiamo qualcosa di raro, di non riproducibile».
A trarre le conclusioni Antonio Mercorio, presidente del Comitato Litorale vivo.
«Ringrazio tutti quelli che sono intervenuti a questo convegno, soprattutto i relatori che sono esperti di chiara fama e che hanno fatto centinaia di chilometri per essere qui con noi», ha esordito il ginecologo con la passione del surf, «abbiamo organizzato questo evento affinchè arrivasse un messaggio inequivocabile su queste tematiche. Da quello che hanno esposto i relatori emerge un fenomeno complesso, sicuramente molto più complesso di quello che ci eravamo immaginati. Quello che è emerso è il problema dell’innalzamento delle acque che, come ci diceva il professor Pranzini, è già iniziato e sta andando avanti in maniera esponenziale e che va a complicare il quadro dell’erosione costiera, un fenomeno che esiste in natura. Emerge che nel lungo termine sarà necessario, come dicevano i relatori, puntare sull’adattamento ad uno scenario in continua evoluzione, sicuramente peggiorativo. Emerge ancora che l’approccio che viene più frequentemente utilizzato nel medio Adriatico è quello con le barriere frangiflutti che non rappresentano la soluzione e che nel medio e lungo termine si riveleranno un fallimento totale e con l’inutile distruzione del territorio. La costa del medio Adriatico è una successione senza soluzione di continuità di barriere, sono poche le zone che ancora si salvano da questo scempio, e una di questa è la costa del vastese che ha delle caratteristiche paesaggistiche peculiari che non sono molto frequenti nel medio Adriatico dove ci sono lunghe spiagge sabbiose. Il Comitato è nato per cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità sulla necessità assoluta di cambiare paradigma nell’approccio all’erosione marina e guardare a nuove tipologie di intervento che consentano un intervento meno impattante che non modifichi in maniera sostanziale il panorama e il paesaggio. La costa di Vasto, in particolare, con la realizzazione delle barriere andrebbe a perdere un ambiente peculiare che da trent’anni, cioè da quando noi frequentiamo la zona, ha avuto sempre certe caratteristiche che speriamo possa essere conservate per i nostri figli e le generazioni future. Il Comitato è composto principalmente da persone che si dedicano alla pratica del surf, ma la legittimità del nostro interesse riguardo a certe tematiche nasce proprio dal fatto che siamo una comunità di persone che frequentano l’ambiente marino 365 giorni l’anno, magari escludendo le feste comandate. Noi siamo gli osservatori della costa, siamo quelli che più degli altri tengono sott’occhio i cambiamenti e tutto quello che avviene lungo la costa, compresi gli abusi edilizi. Da qui nasce il nostro legittimo interesse. Speriamo di poter arrivare ad avere un risultato affinché le istituzioni si rendano conto che è possibile cercare di mitigare il fenomeno dell’erosione con delle spiagge aperte al mare. Non è pensabile continuare a buttare barriere frangiflutti: la costa molisana è chiusa per il 70% dai frangiflutti. In Abruzzo stiamo assistendo alla perdita di una parte della costa a causa di questo tipo di progettualità. Speriamo di avere qualche risultato e di essere ascoltati».
Finalmente un iniziativa volta alla salvaguardia della fragilità della costa adriatica, devastata negli anni da inutili barriere di scogli