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in Editoriali, Vasto
27 Dicembre 2023
27 Dicembre 2023
Emanuele FiorebyEmanuele Fiore

La verità su Luigi Marchesani: tra storia e interpretazioni errate

Un'analisi critica smaschera la distorsione storica e riporta alla luce il suo impegno per la comunità

Progetto senza titolo 2023 12 26T211510.642

Di Gabriella Izzi Benedetti

VASTO – Sono passati più di vent’anni e gira tuttora una fake news che attribuisce allo storico Luigi  Marchesani una condotta discutibile, a favore dei grandi proprietari contro i diritti dei contadini e del Comune; ponendo un vastese  prodigatosi al massimo per la sua città nel tentativo di migliorarla e migliorare il tenore di vita della povera gente, in una luce negativa. Giorni fa ho dovuto contraddire nuovamente questa boutade sul coinvolgimento del Marchesani durante la riunione decurionale del 6 gennaio 1851 per impedire, sì proprio impedire, un blitz insomma, al sindaco di presenziare all’assemblea che dibatteva su questioni inerenti i diritti sui territori del demanio comunale di Vasto. I grandi proprietari, in assenza del sindaco, decisero a proprio vantaggio. La legge sulla eversione della feudalità decisa nel 1806 da Giuseppe Napoleone, allora re di Napoli, è storia complessa , che ha dato origine a molte controversie.

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 Come siamo arrivati all’errore di cui sopra: tutto parte dalla conclusione a cui è giunto l’architetto Dell’Olio per via di un manoscritto esistente presso l’Archivio comunale di Vasto: Carte esistenti nello Archivio vecchio del Comune del Vasto. Memorie catastali. Territori del Vasto ecc..dalle riunioni  decurionali durante il mandato del sindaco Pietro Muzi.  Il Dell’Olio legge che il 6 gennaio ’51, la riunione decurionale, avendo in detta riunione, e dunque in nessun altra,  secondo lui, “impedito”al sindaco di presenziare alla  stessa (Cfr. M. Dall’Olio, Giano Bifronte. Storia e storiografia nelle contese feudali e demaniali: il caso di Vasto, Vasto 2002. disponibile solo in edizione ms. nota L. Murolo citando il testo in Dalle stanze del tempo, Il Torcoliere, Vasto, 2003, p.15) approva una delibera a favore dei grandi proprietari, contro la volontà del sindaco.

Lo storico Luigi Murolo sposa la tesi del Dell’Olio, così fiducioso da non fare ulteriori indagini, e si pone nel contempo un interrogativo sull’atteggiamento tenuto nell’occasione da Luigi Marchesani che, in qualità di decurione, era presente. Scrive “ …  la seduta del Consiglio decurionale di Vasto del 6 gennaio 1851 – presente in qualità di decurione il medico e storico Luigi Marchesani (ma non il Sindaco che viene fisicamente “impedito” ad assolvere la funzione di presidenza) – giungerà, sulla base del recitativo feudistico del dottor fisico, a votare contro il primo cittadino – il giureconsulto Pietro Muzii – sostenendo argomenti conducenti alle seguenti conclusioni: “ […] tanto il Signor Sindaco, quanto il prelodato consiglio (d’Intendenza) suppongono demaniale del Comune l’intero Agro di Vasto sul solo appoggio di una presunzione di diritto. La demanialità universale di Vasto (è) uno slancio d’immaginazione ….” . [ …] il decurionato dichiara che le terre a questo comune redditizie sono di natura ex – feudale” (Dalle stanze ecc p. 15) . Intanto non saprei in cosa consista  il “recitativo feudistico” del Marchesani e come abbia orientato gli animi. La posizione antifeudale del Marchesani è ben espressa in più punti della Storia, tra essi: “ Negarono i vastesi nel 1386, voler essere vassalli di altri fuorché immediatamente della regina, imperò sostennero inflessibilmente devastazioni e danni” “ Stolto consiglio mosse la regia nostra terra, a chieder protezione avverso le rivolte da  Giacomo (Caldora) il quale penetrato appena dentro il recinto di Vasto,… spiegò il carattere non di difensore ma di padrone” … “Nel 1729 Cesare Michelangelo morì senza eredi … Tosto nuove istanze la Città avanzò, onde rientrare nel tanto sospirato demanio; ma gli esorbitanti debiti lasciati dallo splendido Michelangelo gittarono  Vasto in assai più umiliante condizione, cioè di sequestro” “Grave era il peso del feudal regimine; molte pagine occupa il nudo indice de’ diritti baronali; tra essi con ribrezzo ne leggiamo di odiosissimi … Il memorando giorno 2 di Agosto del 1806 abolì d’un tratto la feudalità con tutte le sue attribuzioni e rialzò alla immediata dignitosa dipendenza dal Sovrano e da un sol corpo di leggi le città le terre e i castelli tutti della penisola di qua dal Faro”. ( Storia di Vasto, Il Nuovo, 4a ed. 2003, pp. 27- 32) La Storia del Marchesani si basa sulla oggettività dei fatti e dei dati.

Non è Storia di opinioni. Semmai deduce e quando ha dei dubbi pone quesiti su cui dibattere.  Spiega chiaramente :“ … il mio progetto è il riunire i fatti, più che giudicarli””( p 19) Se il Dell’Olio avesse voluto approfondire la dinamica dei fatti, avrebbe chiesto (come ho reputato giusto fare, venuta a conoscenza della questione) il registro di tutte le riunioni del Consiglio decurionale, venendo a scoprire che Pietro Muzi non ha mai, nemmeno una volta presenziato alle riunioni decurionali, dall’agosto del 1849 al marzo del 1851 ( ma dopo gennaio non mi pare ci siano state riunioni), cioè per tutto il tempo del mandato;  e in tutti i verbali si reitera la formula “pel sindaco impedito, il secondo degli eletti, Vincenzo Marchesani” (  Ms: riunioni decurionali in Vasto, durante il mandato del sindaco Pietro Muzi . Archivio comunale di Vasto). E dunque il termine “impedito” non si configura, con buona pace della tesi di Dell’Olio, come una costrizione operata nei riguardi del Sindaco, ma la libera scelta di questi a non presenziare, mai. Il termine “impedito”, ripetuto 30 volte indica una decisione programmata. 

La faccenda quindi cambia aspetto. E ci si chiede anche come mai, almeno in quella occasione non abbia partecipato; essendo una diatriba annosa, protraendosi almeno dal 1838. A fine agosto e primi di settembre 1850 il Muzj aveva chiesto di rimettere il mandato per sopraggiunti motivi di salute, questo potrebbe spiegare le assenze finali; ma c’è un anno pieno di assenze che non riguardano problemi fisici; e dunque è stata una scelta a priori. La responsabile dell’archivio, Renata D’Ardes, mi realizzò copia delle riunioni, dal luglio 1849 al gennaio 1851. Su 31 riunioni (ma la prima appartiene al altra gestione) 30 hanno la dicitura “ pel sindaco impedito ecc …”.

Telefonai al Murolo per metterlo al corrente; e dalle mie copie lui ne trasse di sue. Avrei gradito un errata corrige, ma per quanto ne so, niente è stato fatto. E allora qualcuno deve farlo. Riguardo poi a coloro che si opposero al volere del Sindaco durante il Consiglio del 6 gennaio 1851, i nomi sono citati dallo stesso Muzj in una Denunzia fatta da D. Pietro Muzi nel 1851 e indirizzata all’Intendenza di Stato e al Ministro degli Affari interni, il 16 gennaio 1851( Carte esistenti nello Archivio vecchio del Comune del Vasto. Memorie catastali. Territori del Vasto ecc..dalle riunioni  decurionali durante il mandato del sindaco Pietro Muzi.). In essa egli elenca nomi di grandi proprietari contrari alla proposta:  D. Vito Sabelli…   D: Giuseppantonio Rulli… D. Filippo Ricci ….D.Salvatore Palmieri … D.Giovanni Codagnone … D.Luigi Laccetti … D. Francesco Filoteo Spataro … D. Mattia de Pompeis …  D. Ciriaco Cancelliere “ed altri decurioni che si trovano nella stessa situazione (cioè con grandi proprietà n.d.a. ). Mal è difeso il Comune da un Decurionato composto di gente simil fatta … Il solo Sindaco e pochi Decurioni, animati dal bene pubblico, sono intenti a sostenere i diritti del Comune, ma si veggono dalla maggioranza contraddetti, ed avviliti dalla inimicizia di coloro, e dalle millanterie degli altri, che loro rimproverano di non restargli altro che la sola inimicizia di essi prepotenti proprietari …”.

Cosa interessava al Marchesani difendere una categoria che non gli apparteneva?  Non erano grandi proprietari i Marchesani, vivevano della loro professione, il padre Francescantonio notaio, lo zio Nicola  giudice, i fratelli Vincenzo e Aniceto notai, Roberto medico, Pompeo e Alfonso sacerdoti. E poi, dov’è scritto che la difese? Che ci sia stato un dibattito si può evincere dalla nota di Filippo Ricci, posta accanto alla sua firma, e cioè che sulla natura delle terre, se ex-feudali o comunali, è da riportarsi al Consiglio d’Intendenza  che esaminerà i titoli ed emetterà  “la sua decisione nella saggezza sua”. Di quanto detto nel corso della deliberazione non conosciamo la dinamica.

Se i grandi proprietari erano la maggioranza, la votazione fu facilmente a loro favore. Nella denuncia di Pietro Muzi, del Marchesani non si fa cenno, ma nemmeno nei verbali. E dunque cosa sappiamo del suo atteggiamento? Fu tra quelli che difese il Sindaco? Si astenne?  Luigi Marchesani era molto amico del Sindaco, avevano lottato insieme per realizzare molti progetti; era anche molto amico del Ricci, dei Cardone, dei Genova, grandi proprietari. E allora forse non entrò nella discussione? Chi può dirlo? Ipotesi per ipotesi  non può essere che, essendo il Ricci amico ed estimatore del Marchesani, non si sia alla fine lasciato condurre da lui a più miti consigli, rimettendo  la decisione al Consiglio d’Intendenza che esaminerà i titoli ed emetterà  “la sua decisione nella saggezza sua” ( Ms; cit) ? La supposta connivenza del Marchesani, per aver egli apposto la propria firma al verbale, non regge, poiché apporre la firma a un verbale testimonia la presenza; infatti tra le firme ce ne sono di stentatissime, persone non aduse alla penna. Anche costoro si allearono con i grandi proprietari?  E poiché le firme sono le stesse di tutti gli altri verbali, furono tutti contro? E quelli pro dove sono finiti?

Stando ai fatti e non alle ipotesi, poiché l’esegesi derivata dall’ erronea lettura rischia di collocare lo storico vastese tra i non demanialisti, vediamo che la biografia del Marchesani ce lo consegna come chi ha messo tutto se stesso a servizio della comunità. Tra Ospedale per i poveri, Museo civico, difesa della dignità della donna ed estimatore delle sua intelligenza, difesa dei carcerati, battaglia per ottenere dall’amministrazione farmaci costosi come il chinino, lezioni impartite alla gente perché imparasse a curarsi, ( sono solo pochi esempi), dimostra un senso di collettività straordinario. Non ci meraviglia che alla sua morte la città entrò in lutto, i negozi chiusero e alcuni, pur non apparentati, presero il lutto. La tesi del Murolo che crea un rapporto fra musealismo e demanialismo ha una sua logica; è evidente l’attenzione verso la città, il territorio, il dinamismo che ne deriva, lontani dal “peso feudale” (Storia, p.19)  che fece regredire Vasto.  È certamente un musealista Pietro Muzj, ma il Marchesani non è da meno, se si pensa che già durante la stesura della Storia, e dunque nella seconda metà degli anni ’30 si rammarica che non ci sia un Museo a raccogliere i reperti: “ Ci addolora che questi ed altri oggetti antichi siano andati perduti, poiché non riuniti in un museo” ( Storia, p. 37). A Napoli era un frequentatore e  socio del’Accademia Ercolanese, e amava fare scavi; era un appassionato di antichità, tanto che chiunque a Vasto rinveniva reperti glieli affidava, anche per l’assoluta fiducia che si riponeva in lui. E questa passione si evidenzia nella Storia, dove la parte relativa alle antichità è una tale miniera di notizie e valutazioni da indurre un personaggio del calibro di Teodoro Mommsen a visitare Vasto nel 1846 (e in seguito altri archeologi europei di fama). Il Mommsen scrive nel Corpus incriptionum latinarum ( vol. IX, Berolini, ap. Reimerum, 1883.) “Il medico Luigi Marchesani in un libro accurato e completo che pubblicò  … inserì le iscrizioni patrie tutte diligentemente raccolte. Per favore delle stesso Luigi e del fratello io stessi vidi e descrissi nell’anno 1846 le iscrizioni, che in quell’epoca erano esposte.   …. Anche dopo la prima edizione di questa raccolta i cittadini vastesi, soprattutto promotore lo stesso Marchesani, fondarono con pubblico decreto nell’anno 1849 il Museo civico, affinché queste cose antiche che i concittadini possedevano fossero collocate in esso. Il suo stesso indice dell’anno 1868, fu pubblicato con il titolo Esposizione degli oggetti raccolti nel Museo archeologico di Vasto, edito da marzo 1853 a Giugno 1868, affinché le iscrizioni nel frattempo raccolte e trasportate nel museo venissero subito alla luce”.

Entusiasta della visita e dell’incontro con lo storico vastese, una volta a Roma il Mommsen iscrisse questi quale socio corrispondente della prestigiosa Accademia archeologica romana. Tommasi scrive a riguardo: “ Dettando la Storia, il Marchesani aveva potuto conoscere quanti monumenti e lapidi erano andati o smarriti o a far parte di altri Musei; e quanti altri n’esistevano tuttavia che col lasso del tempo avrebbero incontrata la stessa sorte se non si fosse trovato il modo di preservarli da tale jattura. Questo timore da lui espresso nella Storia, e ripetuto spesso con una certa insistenza commosse il patriottismo del Sindaco di quel tempo Pietro di Francesco Muzj, uomo non meno del Marchesani amante della patria, ferace di trovati ad attuare idee di non facile soluzione e fermo nei propositi …” (cit. p. 63) Teniamo presente che il Tommasi pubblica la biografia a nove anni dalla morte del Marchesani, consapevole che tutto sarebbe stato messo sotto la lente d’ingrandimento di una cittadina, attentissima a ogni dettaglio. Alla sollecitazione del Marchesani, il Muzj rispose reperendo uno spazio adeguato e proponendo il progetto. Del resto chi altri poteva ufficializzarlo se non il rappresentante delle istituzioni, cioè il Sindaco? Prosegue il Tommasi “ Il Marchesani … scriveva di Pietro Muzj elogi sentiti e meritati e li scriveva in pagine  lui celate. Tra le altre, in una di queste, dopo aver enumerate le opere da lui Sindaco compiute nel 1842 scrive “Si belle cose mi farebbero desiderare d’aver tuttora la penna fra le mani a dettar la Storia di Vasto, per segnare su quelle pagine le utili opere ed istituzioni pubbliche attuate in questo anno da Pietro Muzj”. Segue un nutrito elenco di esse tra le quali Scuole pubbliche, Cattedre di Agricoltura e Veterinaria.  Nell’abbinamento che fa il Murolo, musealismo e demanialismo vanno a braccetto e infatti sia il Muzj che il Marchesani si impegnano al massimo per la città, e per la gente che in essa abita. Per esempio nella Storia leggiamo:  “ Urge frattanto il bisogno di più ampia città … ed in particolar modo quel bisogno preme il basso popolo condannato dalla sorte a vivere in terragne camere, ove i più bisognosi dormono in compagnia delle loro bestie e fra l’esalazione del letame … i morbi epidemici … verrebbero quasi del tutto banditi se l’abitato migliorasse … (p. 14). Questi due uomini del nostro passato sono stati grandi uomini e meritano rispetto e gratitudine. Onestamente, c’è qualcuno fra noi, attualmente, che ha fatto per Vasto ciò che hanno fatto loro? Il Tommasi riferisce un pensiero del Marchesani:  “ … egli meco discorrendo, mi diceva: “Tre cose ho fatto in Vasto di che i cittadini mi dovrebbero essere grati, l’Ospedale, il Museo, e la mappa degli alloggi” E aggiunge “Dimenticava la Storia” ( cit.  p. 21). Il condizionale usato da Luigi fa riflettere su quanto fosse conscio della mutevole e smemorata natura umana e come dimenticare è comodo e quando non si ha più voce e diritto alla replica è facile travisare i fatti, poiché la gratitudine non è di questo mondo.

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La verità su Luigi Marchesani: tra storia e interpretazioni errate

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Progetto senza titolo 2023 12 26T211510.642

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VASTO – Sono passati più di vent’anni e gira tuttora una fake news che attribuisce allo storico Luigi  Marchesani una condotta discutibile, a favore dei grandi proprietari contro i diritti dei contadini e del Comune; ponendo un vastese  prodigatosi al massimo per la sua città nel tentativo di migliorarla e migliorare il tenore di vita della povera gente, in una luce negativa. Giorni fa ho dovuto contraddire nuovamente questa boutade sul coinvolgimento del Marchesani durante la riunione decurionale del 6 gennaio 1851 per impedire, sì proprio impedire, un blitz insomma, al sindaco di presenziare all’assemblea che dibatteva su questioni inerenti i diritti sui territori del demanio comunale di Vasto. I grandi proprietari, in assenza del sindaco, decisero a proprio vantaggio. La legge sulla eversione della feudalità decisa nel 1806 da Giuseppe Napoleone, allora re di Napoli, è storia complessa , che ha dato origine a molte controversie.

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 Come siamo arrivati all’errore di cui sopra: tutto parte dalla conclusione a cui è giunto l’architetto Dell’Olio per via di un manoscritto esistente presso l’Archivio comunale di Vasto: Carte esistenti nello Archivio vecchio del Comune del Vasto. Memorie catastali. Territori del Vasto ecc..dalle riunioni  decurionali durante il mandato del sindaco Pietro Muzi.  Il Dell’Olio legge che il 6 gennaio ’51, la riunione decurionale, avendo in detta riunione, e dunque in nessun altra,  secondo lui, “impedito”al sindaco di presenziare alla  stessa (Cfr. M. Dall’Olio, Giano Bifronte. Storia e storiografia nelle contese feudali e demaniali: il caso di Vasto, Vasto 2002. disponibile solo in edizione ms. nota L. Murolo citando il testo in Dalle stanze del tempo, Il Torcoliere, Vasto, 2003, p.15) approva una delibera a favore dei grandi proprietari, contro la volontà del sindaco.

Lo storico Luigi Murolo sposa la tesi del Dell’Olio, così fiducioso da non fare ulteriori indagini, e si pone nel contempo un interrogativo sull’atteggiamento tenuto nell’occasione da Luigi Marchesani che, in qualità di decurione, era presente. Scrive “ …  la seduta del Consiglio decurionale di Vasto del 6 gennaio 1851 – presente in qualità di decurione il medico e storico Luigi Marchesani (ma non il Sindaco che viene fisicamente “impedito” ad assolvere la funzione di presidenza) – giungerà, sulla base del recitativo feudistico del dottor fisico, a votare contro il primo cittadino – il giureconsulto Pietro Muzii – sostenendo argomenti conducenti alle seguenti conclusioni: “ […] tanto il Signor Sindaco, quanto il prelodato consiglio (d’Intendenza) suppongono demaniale del Comune l’intero Agro di Vasto sul solo appoggio di una presunzione di diritto. La demanialità universale di Vasto (è) uno slancio d’immaginazione ….” . [ …] il decurionato dichiara che le terre a questo comune redditizie sono di natura ex – feudale” (Dalle stanze ecc p. 15) . Intanto non saprei in cosa consista  il “recitativo feudistico” del Marchesani e come abbia orientato gli animi. La posizione antifeudale del Marchesani è ben espressa in più punti della Storia, tra essi: “ Negarono i vastesi nel 1386, voler essere vassalli di altri fuorché immediatamente della regina, imperò sostennero inflessibilmente devastazioni e danni” “ Stolto consiglio mosse la regia nostra terra, a chieder protezione avverso le rivolte da  Giacomo (Caldora) il quale penetrato appena dentro il recinto di Vasto,… spiegò il carattere non di difensore ma di padrone” … “Nel 1729 Cesare Michelangelo morì senza eredi … Tosto nuove istanze la Città avanzò, onde rientrare nel tanto sospirato demanio; ma gli esorbitanti debiti lasciati dallo splendido Michelangelo gittarono  Vasto in assai più umiliante condizione, cioè di sequestro” “Grave era il peso del feudal regimine; molte pagine occupa il nudo indice de’ diritti baronali; tra essi con ribrezzo ne leggiamo di odiosissimi … Il memorando giorno 2 di Agosto del 1806 abolì d’un tratto la feudalità con tutte le sue attribuzioni e rialzò alla immediata dignitosa dipendenza dal Sovrano e da un sol corpo di leggi le città le terre e i castelli tutti della penisola di qua dal Faro”. ( Storia di Vasto, Il Nuovo, 4a ed. 2003, pp. 27- 32) La Storia del Marchesani si basa sulla oggettività dei fatti e dei dati.

Non è Storia di opinioni. Semmai deduce e quando ha dei dubbi pone quesiti su cui dibattere.  Spiega chiaramente :“ … il mio progetto è il riunire i fatti, più che giudicarli””( p 19) Se il Dell’Olio avesse voluto approfondire la dinamica dei fatti, avrebbe chiesto (come ho reputato giusto fare, venuta a conoscenza della questione) il registro di tutte le riunioni del Consiglio decurionale, venendo a scoprire che Pietro Muzi non ha mai, nemmeno una volta presenziato alle riunioni decurionali, dall’agosto del 1849 al marzo del 1851 ( ma dopo gennaio non mi pare ci siano state riunioni), cioè per tutto il tempo del mandato;  e in tutti i verbali si reitera la formula “pel sindaco impedito, il secondo degli eletti, Vincenzo Marchesani” (  Ms: riunioni decurionali in Vasto, durante il mandato del sindaco Pietro Muzi . Archivio comunale di Vasto). E dunque il termine “impedito” non si configura, con buona pace della tesi di Dell’Olio, come una costrizione operata nei riguardi del Sindaco, ma la libera scelta di questi a non presenziare, mai. Il termine “impedito”, ripetuto 30 volte indica una decisione programmata. 

La faccenda quindi cambia aspetto. E ci si chiede anche come mai, almeno in quella occasione non abbia partecipato; essendo una diatriba annosa, protraendosi almeno dal 1838. A fine agosto e primi di settembre 1850 il Muzj aveva chiesto di rimettere il mandato per sopraggiunti motivi di salute, questo potrebbe spiegare le assenze finali; ma c’è un anno pieno di assenze che non riguardano problemi fisici; e dunque è stata una scelta a priori. La responsabile dell’archivio, Renata D’Ardes, mi realizzò copia delle riunioni, dal luglio 1849 al gennaio 1851. Su 31 riunioni (ma la prima appartiene al altra gestione) 30 hanno la dicitura “ pel sindaco impedito ecc …”.

Telefonai al Murolo per metterlo al corrente; e dalle mie copie lui ne trasse di sue. Avrei gradito un errata corrige, ma per quanto ne so, niente è stato fatto. E allora qualcuno deve farlo. Riguardo poi a coloro che si opposero al volere del Sindaco durante il Consiglio del 6 gennaio 1851, i nomi sono citati dallo stesso Muzj in una Denunzia fatta da D. Pietro Muzi nel 1851 e indirizzata all’Intendenza di Stato e al Ministro degli Affari interni, il 16 gennaio 1851( Carte esistenti nello Archivio vecchio del Comune del Vasto. Memorie catastali. Territori del Vasto ecc..dalle riunioni  decurionali durante il mandato del sindaco Pietro Muzi.). In essa egli elenca nomi di grandi proprietari contrari alla proposta:  D. Vito Sabelli…   D: Giuseppantonio Rulli… D. Filippo Ricci ….D.Salvatore Palmieri … D.Giovanni Codagnone … D.Luigi Laccetti … D. Francesco Filoteo Spataro … D. Mattia de Pompeis …  D. Ciriaco Cancelliere “ed altri decurioni che si trovano nella stessa situazione (cioè con grandi proprietà n.d.a. ). Mal è difeso il Comune da un Decurionato composto di gente simil fatta … Il solo Sindaco e pochi Decurioni, animati dal bene pubblico, sono intenti a sostenere i diritti del Comune, ma si veggono dalla maggioranza contraddetti, ed avviliti dalla inimicizia di coloro, e dalle millanterie degli altri, che loro rimproverano di non restargli altro che la sola inimicizia di essi prepotenti proprietari …”.

Cosa interessava al Marchesani difendere una categoria che non gli apparteneva?  Non erano grandi proprietari i Marchesani, vivevano della loro professione, il padre Francescantonio notaio, lo zio Nicola  giudice, i fratelli Vincenzo e Aniceto notai, Roberto medico, Pompeo e Alfonso sacerdoti. E poi, dov’è scritto che la difese? Che ci sia stato un dibattito si può evincere dalla nota di Filippo Ricci, posta accanto alla sua firma, e cioè che sulla natura delle terre, se ex-feudali o comunali, è da riportarsi al Consiglio d’Intendenza  che esaminerà i titoli ed emetterà  “la sua decisione nella saggezza sua”. Di quanto detto nel corso della deliberazione non conosciamo la dinamica.

Se i grandi proprietari erano la maggioranza, la votazione fu facilmente a loro favore. Nella denuncia di Pietro Muzi, del Marchesani non si fa cenno, ma nemmeno nei verbali. E dunque cosa sappiamo del suo atteggiamento? Fu tra quelli che difese il Sindaco? Si astenne?  Luigi Marchesani era molto amico del Sindaco, avevano lottato insieme per realizzare molti progetti; era anche molto amico del Ricci, dei Cardone, dei Genova, grandi proprietari. E allora forse non entrò nella discussione? Chi può dirlo? Ipotesi per ipotesi  non può essere che, essendo il Ricci amico ed estimatore del Marchesani, non si sia alla fine lasciato condurre da lui a più miti consigli, rimettendo  la decisione al Consiglio d’Intendenza che esaminerà i titoli ed emetterà  “la sua decisione nella saggezza sua” ( Ms; cit) ? La supposta connivenza del Marchesani, per aver egli apposto la propria firma al verbale, non regge, poiché apporre la firma a un verbale testimonia la presenza; infatti tra le firme ce ne sono di stentatissime, persone non aduse alla penna. Anche costoro si allearono con i grandi proprietari?  E poiché le firme sono le stesse di tutti gli altri verbali, furono tutti contro? E quelli pro dove sono finiti?

Stando ai fatti e non alle ipotesi, poiché l’esegesi derivata dall’ erronea lettura rischia di collocare lo storico vastese tra i non demanialisti, vediamo che la biografia del Marchesani ce lo consegna come chi ha messo tutto se stesso a servizio della comunità. Tra Ospedale per i poveri, Museo civico, difesa della dignità della donna ed estimatore delle sua intelligenza, difesa dei carcerati, battaglia per ottenere dall’amministrazione farmaci costosi come il chinino, lezioni impartite alla gente perché imparasse a curarsi, ( sono solo pochi esempi), dimostra un senso di collettività straordinario. Non ci meraviglia che alla sua morte la città entrò in lutto, i negozi chiusero e alcuni, pur non apparentati, presero il lutto. La tesi del Murolo che crea un rapporto fra musealismo e demanialismo ha una sua logica; è evidente l’attenzione verso la città, il territorio, il dinamismo che ne deriva, lontani dal “peso feudale” (Storia, p.19)  che fece regredire Vasto.  È certamente un musealista Pietro Muzj, ma il Marchesani non è da meno, se si pensa che già durante la stesura della Storia, e dunque nella seconda metà degli anni ’30 si rammarica che non ci sia un Museo a raccogliere i reperti: “ Ci addolora che questi ed altri oggetti antichi siano andati perduti, poiché non riuniti in un museo” ( Storia, p. 37). A Napoli era un frequentatore e  socio del’Accademia Ercolanese, e amava fare scavi; era un appassionato di antichità, tanto che chiunque a Vasto rinveniva reperti glieli affidava, anche per l’assoluta fiducia che si riponeva in lui. E questa passione si evidenzia nella Storia, dove la parte relativa alle antichità è una tale miniera di notizie e valutazioni da indurre un personaggio del calibro di Teodoro Mommsen a visitare Vasto nel 1846 (e in seguito altri archeologi europei di fama). Il Mommsen scrive nel Corpus incriptionum latinarum ( vol. IX, Berolini, ap. Reimerum, 1883.) “Il medico Luigi Marchesani in un libro accurato e completo che pubblicò  … inserì le iscrizioni patrie tutte diligentemente raccolte. Per favore delle stesso Luigi e del fratello io stessi vidi e descrissi nell’anno 1846 le iscrizioni, che in quell’epoca erano esposte.   …. Anche dopo la prima edizione di questa raccolta i cittadini vastesi, soprattutto promotore lo stesso Marchesani, fondarono con pubblico decreto nell’anno 1849 il Museo civico, affinché queste cose antiche che i concittadini possedevano fossero collocate in esso. Il suo stesso indice dell’anno 1868, fu pubblicato con il titolo Esposizione degli oggetti raccolti nel Museo archeologico di Vasto, edito da marzo 1853 a Giugno 1868, affinché le iscrizioni nel frattempo raccolte e trasportate nel museo venissero subito alla luce”.

Entusiasta della visita e dell’incontro con lo storico vastese, una volta a Roma il Mommsen iscrisse questi quale socio corrispondente della prestigiosa Accademia archeologica romana. Tommasi scrive a riguardo: “ Dettando la Storia, il Marchesani aveva potuto conoscere quanti monumenti e lapidi erano andati o smarriti o a far parte di altri Musei; e quanti altri n’esistevano tuttavia che col lasso del tempo avrebbero incontrata la stessa sorte se non si fosse trovato il modo di preservarli da tale jattura. Questo timore da lui espresso nella Storia, e ripetuto spesso con una certa insistenza commosse il patriottismo del Sindaco di quel tempo Pietro di Francesco Muzj, uomo non meno del Marchesani amante della patria, ferace di trovati ad attuare idee di non facile soluzione e fermo nei propositi …” (cit. p. 63) Teniamo presente che il Tommasi pubblica la biografia a nove anni dalla morte del Marchesani, consapevole che tutto sarebbe stato messo sotto la lente d’ingrandimento di una cittadina, attentissima a ogni dettaglio. Alla sollecitazione del Marchesani, il Muzj rispose reperendo uno spazio adeguato e proponendo il progetto. Del resto chi altri poteva ufficializzarlo se non il rappresentante delle istituzioni, cioè il Sindaco? Prosegue il Tommasi “ Il Marchesani … scriveva di Pietro Muzj elogi sentiti e meritati e li scriveva in pagine  lui celate. Tra le altre, in una di queste, dopo aver enumerate le opere da lui Sindaco compiute nel 1842 scrive “Si belle cose mi farebbero desiderare d’aver tuttora la penna fra le mani a dettar la Storia di Vasto, per segnare su quelle pagine le utili opere ed istituzioni pubbliche attuate in questo anno da Pietro Muzj”. Segue un nutrito elenco di esse tra le quali Scuole pubbliche, Cattedre di Agricoltura e Veterinaria.  Nell’abbinamento che fa il Murolo, musealismo e demanialismo vanno a braccetto e infatti sia il Muzj che il Marchesani si impegnano al massimo per la città, e per la gente che in essa abita. Per esempio nella Storia leggiamo:  “ Urge frattanto il bisogno di più ampia città … ed in particolar modo quel bisogno preme il basso popolo condannato dalla sorte a vivere in terragne camere, ove i più bisognosi dormono in compagnia delle loro bestie e fra l’esalazione del letame … i morbi epidemici … verrebbero quasi del tutto banditi se l’abitato migliorasse … (p. 14). Questi due uomini del nostro passato sono stati grandi uomini e meritano rispetto e gratitudine. Onestamente, c’è qualcuno fra noi, attualmente, che ha fatto per Vasto ciò che hanno fatto loro? Il Tommasi riferisce un pensiero del Marchesani:  “ … egli meco discorrendo, mi diceva: “Tre cose ho fatto in Vasto di che i cittadini mi dovrebbero essere grati, l’Ospedale, il Museo, e la mappa degli alloggi” E aggiunge “Dimenticava la Storia” ( cit.  p. 21). Il condizionale usato da Luigi fa riflettere su quanto fosse conscio della mutevole e smemorata natura umana e come dimenticare è comodo e quando non si ha più voce e diritto alla replica è facile travisare i fatti, poiché la gratitudine non è di questo mondo.

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