Di Nicola D’Adamo
VASTO – Al via in questi giorni la raccolta delle olive per la produzione di olio extravergine. È un rito che si ripete sin da tempi antichi su tutto il territorio italiano e degli altri paesi del Mediterraneo.
“Rito” che da noi era evento collettivo e coinvolgeva intere famiglie, con l’intento di fare la provvista di olio per l’intero anno e se il raccolto era abbondante venderne anche una parte. Negli ultimi decenni con la fuga dalle campagne e le meccanizzazioni s’ è perso molto di quella tipica atmosfera, che i nostalgici amano ancora chiamare il “rito della raccolta delle olive”.
Facciamo un salto nel passato e riviviamo una tipica giornata di quei tempi.
Il giorno in cui iniziava la raccolta, chi viveva in campagna aveva tutto sul posto, ma i contadini che abitavano in città partivano presto la mattina per portare sul fondo le scale, i sacchi, e “li pannune”, vale a dire teli di sacco aperti e cuciti assieme, che si stendevano sotto gli alberi. (Poi sono arrivate le reti). Un particolare: chi era addetto a stendere il telo sapeva che se il terreno era in discesa doveva rialzare il bordo finale con le cannucce per evitare che le olive rotolassero fuori.
A quei tempi non c’erano gli abbacchiatori. Le olive venivano fatte cadere sul telo battendole con una canna o bastone, oppure cogliendole con le mani. Finito quell’albero si metteva i raccolto nei sacchi e si passava al successivo.
Mentre si lavorava, si scherzava, si rideva, si cantava, si faceva gossip (li pittilazzarejje). Se il tempo era clemente, come nei giorni dell’estate di San Martino, il lavoro diventava quasi un divertimento specialmente quando a mezzogiorno di aprivano le tovaglie (mandricchie) con un tegamone di stocco (o baccalà) con le patate, accompagnato da un buon bicchiere di vino. Sembrava di essere alla scampagnata del Lunedì di Pasqua.
Si riprendeva con più allegria fino all’imbrunire quando si caricavano le bestie o il carretto e si tornava a casa con il raccolto del giorno. Ma la giornata non era finita: bisognava togliere le foglie i dalle olive (all’epoca il frantoio non ancora aveva l’attrezzatura per fare questa operazione), poi finalmente tutti liberi. Il giorno dopo si ricominciava di nuovo.
Finita la raccolta di tutto il fondo si portavano le olive al frantoio. Il contadino non si fidava ciecamente del frantoiano per cui era d’obbligo essere presenti alla molitura delle olive. E andava anche con un certo anticipo, aspettando il proprio turno. Era questo un momento di grande socializzazione. In sostanza “lu trappite” diventava luogo d’incontro tra persone che prima magari non si conoscevano nemmeno, ma facendo lo stesso mestiere avevano argomenti su cui dibattere. Questi piccoli gruppi di persone appena fuori o dentro il frantoio fanno parte del “rito” dal sapore antico. Argomento forte della conversazione era sempre lo stesso: la “resa”di olio per ogni quintale di olive, usando la classica frase: “A canda esce chist’anne?”. Arrivato il proprio turno, il coltivatore controllava attentamente le varie fasi della molitura e con trepidazione attendeva che il suo olio uscisse dal separatore. Poi d’istinto metteva un dito sotto olio e se lo portava il bocca. Il suo viso si illuminava: il sapore era buono, intenso il profumo, eccellente il colore. E se anche la resa era buona, la felicità saliva alle stelle. Tornava a casa con il suo prezioso carico e riempiva i suoi caratteristici orci (li vùtene) con il cuore pieno di gioia per aver assicurato alla sua famiglia l’olio per tutto l’anno.
Questo per quanto riguarda il passato. Oggigiorno invece per chi ha un piccolo fondo l’intero ciclo di produzione dell’olio è diventato un peso. Una attività a perdere, se si considera l’impegno dell’intero ciclo di lavoro in un uliveto, con potatura, trinciatura delle frasche, concimazione, aratura, trattamenti, raccolta delle olive, molitura. Costi non indifferenti, così i proprietari (magari figli dei contadini) cominciano a farsi i conti, a volte lasciando anche in abbandono i piccoli uliveti. Chi continua, lo fa solo perché non si fida di quello che trova al supermercato.
In effetti, specialmente negli ultimi tempi, sul mercato nazionale arriva di tutto. I consumatori più attenti scelgono il “Made in Italy”, gli altri scelgono il prezzo più basso. E non leggono le etichette (spesso a caratteri illeggibili) che riportano le seguenti diciture: “miscele di oli di oliva comunitari”, “miscele di oli di oliva non comunitari” o “miscele di oli di oliva comunitari e non comunitari” obbligatorie per legge.
Ma oltre alla qualità del prodotto, c’è la questione del forte aumento dei prezzi, dovuto soprattutto alla scarsità di prodotto sul mercato nazionale e internazionale. In Italia si stima che in totale la produzione 2023 sarà di circa 290 mila tonnellate, al di sotto del 27% della media. Il sud ha tenuto bene, l’Abruzzo è in ripresa, mentre per il nord si prospetta un calo di -1/3.
Vistosi cali di produzione anche negli altri paesi, grandi produttori di olio. Una situazione che ha provocato un aumento dei prezzi, che già si stima in Italia ad un +42% con tendenza ad ulteriore rialzo nei prossimi mesi.
Insomma un contesto che forse invita a tornare ancora all’antico rito della raccolta delle olive: in linea e perfettamente “trendy” con il ritorno alla campagna!
Calcolando tutto il lavoro che c’è dietro per portare ad olio pronto per il consumo dovrebbe costare almeno 20 euro al litro,certo il consunsumatore non può spendere tutti questi soldi per un litro d’olio ,e le olive si perdono all’albero.
Concordo .l olio è un bene prezioso che non tutti capiscono.si parla solo di bel tempo x i fannulloni al mare
Il vero problema è il nostro stato aiuta i vagabondi e penalizza chi produce… oggi in campagna non conviene neanche andarci
Concordo pienamente con i colleghi. Tenete presente il rischio di cadere dall’albero, spese di produzione. La gente non capisce e si affida ai prezzi bassi del supermercato, anche se è merda.
Daccordissimo
Si parla sempre di aiuti a questo a quello a quell’altro,ma quando si tratta di aiutare i contadini che lavorano la terra col sudore della fronte , be’ quello è un altro discorso e neanche lo stato più ti aiuta. Ecco che ,allora lasciamo antichi mestieri nelle mani degli avventori e degli approfittatori che ti comprano per fame,ecco allora l’abbandono delle eccellenze e la rincorsa a quello che costa meno. Fate voi i conti al lavoro che c’è dietro,senza contare gli imprevisti. Meglio lavorare in fabbrica con le canoniche otto ore di lavoro, il resto è straordinario. Ciao amici e un saluto a tutti
Complimenti al redattore per questo articolo che fa rivivere le belle emozioni di un tempo. In Sardegna anche se con termini diversi, la “cerimonia” della raccolta era la stessa… eravamo piccoli e per invogliare noi alla raccolta, i grandi ci davano 100 lire per ogni contenitore di olive raccolto. Oggi a 57 anni mi trovo a raccoglierle da solo, dovendo chiedere ferie al lavoro e, per chi conosce, stendendo reti su terreno in pendenza. Una pazzia!! La resa dei conti avviene però dal frantoiano… Il profumo… Il sapore ed il colore ripagano tutti i sacrifici (anche economici) ed ogni volta che si va a tavola si condisce il cibo sano, con un sorriso di soddisfazione!!
Una volta tutta la famiglia e gli amici aiutavano a raccogliere le olive, un po come durante la vendemmia, finiva con una bella mangiata e bevuta in compagnia. Oggi tra il costo dello scuotitore, il costo delle persone che dovranno raccogliere (almeno 5) costo dell’assicurazione, la cernitrice, il trasporto al frantoio, le latte x la conservazione e il trasporto, fanno pesare troppo sulla spesa finale (almeno 6 o 7 € al litro!). E il costo dell’aratura, la potatura dove la mettiamo! Alla fine un litro d’ olio ti costa almeno 10 € al litro. Se vuoi venderlo devi pagarci anche le tasse!!! A quanto dovresti venderlo al litro???
Perfettamente d accordo con tutti,e’ da bambino che raccolgo le olive con il metodo tradizionale(ho “solo”130 piante di olive)ovvero con i teli sotto e il rastrellino e scala…per preservare la pianta da malattie e a lungo andare dalla diminuizione di produzionee….ma ad oggi non ne vale la pena,anche per colpa dei mercati che prediligono la “mondezza” dei mercati stranieri(olive magari marciscienti per il trasporto,attaccate dalla mosca…cattivo stoccaggio etc etc…. ma con l’olio iportato ad acidita’bassa con la chimica !!)cmq rimane la soddisfazione che quel poco che si vende o si regala a delle persone….dopo ti ricercano e ti chiedono..”come fai e che squisitezza…..”..io rispondo.
Venite con me ..e provare per credere!..anche se la fatica e’tanta ,uno lo fa’ solo per amore del passato e dei nostro avi…ma per tutte le spese dalla potatura …alla raccolta..e’ sempre peggio..
Per chi non lo avesse ancora capito i nostri governanti hanno fatto di tutto per distruggere queste cose a vantaggio dell importazione di prodotti esteri. Anni fa c era addirittura un premio sul numero di piante di olivo che veniva coltivate per incentivare la produzione del prodotto italiano, ora è il contrario.
Bella la rievocazione dei tempi andati dove tutto si concentrava sulla sussistenza della famiglia. Adesso gli orizzonti si sono allargati (consumismo?) di molto con tutto quello che ne consegue. Per risparmiare, sempre che realmente si apprezzi la qualita’, si va al frantoio, si comprano le olive e si moliscono. Troppo disturbo!
Che ridere manco l’abbacchiatore ci sono i supermercati tradizioni finite
Bellissimo articolo, però ricordo che quei contadini non ci sono più, perché passati a miglior vita, poi, non c’era l’ispettorato del lavoro, e altri tanti enti che hanno l’obbligo e il dovere di controllo, poi c’è il consumatore, alcuni, che pretende di pagare l’antico olio a 3,5 euro come al supermercato, infine c’è il problema che il raccoglitore attuale, non si accontenta più del piatto di baccalà, ma vuole primo, secondo, contorno, caffè, dolce e ammazzacaffe, poi c’è da pagare i contributi e giustamente il salario, pertanto se volete l’olio ad un prezzo accettabile, scordatevi del passato e vivete nel presente.
Ah, dimenticavo….. Non si lavorava 6 ore ma molto di più…..
Falleroni Giuseppe
Conte… Adino…
Mi è piaciuta molto la rievocazione del passato e penso che l’olivocultura debba essere rivalutata ed anche aiutata dallo stato: il nostro olio è un’eccellenza a livello mondiale e il ministero dell’agricoltura, che si dice anche” della sovranità alimentare,non fa nulla per promuovere questa,sovranità.
Lode ai produttori di olio italiani,in casa nostra,da,sempre,consumiamo olio di produttori della Sabina e Abruzzesi della,provincia di Chieti.
Sono un piccolo produttore che ha preso in mano la piccola proprietà quest’ anno dopo il lutto di mio papà che seguiva tutto.
Ho fatto esperienza raccogliendo a mano con le reti. In 2 abbiamo raccolto, movimentato, pulito 2 quintali in 2 gg.
Ho fatto quasi una trentina di litri d olio per il ns fabbisogno e ne ho ancora da raccogliere.
Voglio provare a fare tutto naturalmente, a partire dalle esche per la mosca, al raccogliere etc.
Il tutto a “misura d uomo”.
Dopo questi 2 gg, se prima pensavo a raccogliere con l abbacchiatore/pettine, ora ho la visione più ampia del lavoro.
C è si da “farsi il culo” ma con un po’ di entusiasmo, voglia di lavorare e soddisfazione di “fare da sé” non è impossibile. Ed è un esperienza bellissima
Tutto ok. Complimenti! Desidererei sapere se viene lavorato a caldo o freddo e se possibile relativo costo a kg o lt. Grazie e saluto