CHIETI – Ogni anno, dal 1926, nella penultima domenica di ottobre cade la Giornata Missionaria Mondiale. Giornata di preghiera e di colletta come azione di solidarietà dei fedeli cattolici del mondo intero. Più di 120 Missio sparse in ogni continente raccolgono in questa domenica le offerte per la pastorale e per il lavoro sociale della Chiesa nelle 1100 diocesi più povere. I credenti del mondo intero pongono così un segno di speranza per i più poveri e bisognosi in America Latina, Africa, Asia e Oceania.
In preparazione a questa giornata così importante ogni chiesa diocesana, ieri sera, ha vissuto una veglia di preghiera. Per l’arcidiocesi di Chieti-Vasto si è svolta a Casalbordino, nella Basilica di Santa Maria dei Miracoli, presieduta da mons. Domenico Angelo Scotti, vescovo emerito di Trivento. A fianco a lui, mons. Michele Carlucci, vicario episcopale per le missioni e direttore dell’ufficio missionario.
«L’ottobre missionario – scrive l’Ufficio Missionario dell’arcidiocesi di Chieti-Vasto – ci invita a ripensare la nostra vita alla luce della chiamata ad essere missionari, testimoni dell’incontro vero, vivo, coinvolgente, con il Cristo risorto: un incontro che ci fa gridare di gioia e ci proietta verso il mondo a testimoniare Lui.
In virtù del Battesimo siamo chiamati e inviati. È una chiamata a perdersi, a lasciare la propria vita per mescolarla con quella degli altri, per donarla agli altri. Papa Francesco nel messaggio per la giornata missionaria del 2022 ci ricordava che: “Ogni battezzato è chiamato alla missione nella Chiesa e su mandato della Chiesa: la missione perciò si fa insieme, non individualmente, in comunione con la comunità ecclesiale e non per propria iniziativa. E se anche c’è qualcuno che in qualche situazione molto particolare porta avanti la missione evangelizzatrice da solo, egli la compie e dovrà compierla sempre in comunione con la Chiesa che lo ha mandato”. Come insegnava San Paolo VI a n° 60 dell’Esortazione apostolica Evangelii nuntiandi: “Evangelizzare non è mai per nessuno un atto individuale e isolato, ma profondamente ecclesiale”.
Purtroppo in questi ultimi due anni il senso di comunità ci è stato tolto, siamo stati soli e isolati. Ma questo ci ha fatto comprendere quanto l’Altro sia fondamentale nella nostra vita. Spesso non ci rendiamo conto, ma nella vita di ogni giorno siamo missionari: con piccoli gesti possiamo davvero essere missionari di Gesù. Abbiamo solo bisogno della giusta spinta per partire e lasciarci sorprendere da coloro che incontreremo per la strada, perché sono proprio le persone nascoste negli angoli della nostra comunità che hanno bisogno di noi e noi di loro.
“Ai discepoli è chiesto di vivere la loro vita in chiave di missione: sono inviati da Gesù al mondo non solo per fare la missione, ma anche e soprattutto per vivere la missione a loro affidata; non solo per dare testimonianza, ma anche e soprattutto per essere testimoni di Cristo… […] L’essenza della missione è testimoniare Cristo, vale a dire la sua vita, passione, morte e risurrezione per amore del Padre e dell’umanità. È Cristo, e Cristo risorto, Colui che dobbiamo testimoniare e la cui vita dobbiamo condividere” (Mess. G. M. M. 2022).
Grazie al Battesimo siamo portatori di un dono immenso. Quando scopriamo di essere amati incondizionatamente da Dio, desideriamo che tutti possano fare esperienza del suo amore. Questo è il senso della missione: non ci è chiesto di essere professori di teologia, ma di essere autentici nella nostra vita, lasciando trasparire in ogni nostra azione il volto amorevole di Cristo. Soprattutto quando celebriamo l’Eucaristia dobbiamo ricordare che: «Non possiamo tenere per noi l’amore che celebriamo nel Sacramento [dell’Eucaristia]. Esso chiede per sua natura di essere comunicato a tutti. Ciò di cui il mondo ha bisogno è l’amore di Dio, è incontrare Cristo e credere in Lui. Per questo l’Eucaristia non è solo fonte e culmine della vita della Chiesa; lo è anche della sua missione: “Una Chiesa autenticamente eucaristica è una Chiesa missionaria” (SC, 84)» (Benedetto XVI). Lo aveva capito molto bene la beata Pauline Jaricot, che ha avuto il coraggio di dire: “Eccomi, manda me!”. E pur non essendo andata fisicamente in missione è stata missionaria.
Il Signore – conclude – ci chiede di essere non testimoni qualunque, ma testimoni di Lui morto e risorto. Lo possiamo essere se lo abbiamo incontrato, perché dall’incontro con Lui possiamo essere inviati da Lui e per Lui».