VASTO – Oggi si celebra la 29esima Giornata Mondiale degli Insegnanti, una ricorrenza che persegue il fine della «riflessione – scrive l’UNESCO – sul ruolo dei professionisti della formazione, sulle sfide che affrontano quotidianamente, sulle difficili condizioni di lavoro a cui sono spesso sottoposti», ma non solo. Infatti, la Giornata vuole anche ricordare la sottoscrizione delle Raccomandazioni dell’UNESCO sullo status di insegnante, redatta a Parigi, il 5 Ottobre 1966, da una speciale Conferenza intergovernativa convocata dall’UNESCO.
Il tema proposto quest’anno, “Insegnare in libertà, dare maggior potere agli insegnanti”, rientra nell’Obiettivo 4 di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, “Istruzione di qualità”. «Gli insegnanti – prosegue l’UNESCO – vengono riconosciuti come soggetti chiave per l’attuazione dell’Agenda 2030 sull’educazione. Il loro impegno infatti è fondamentale per fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva e opportunità di apprendimento per tutti, con l’obiettivo di incrementare il livello di alfabetizzazione globale e ridurre l’abbandono scolastico precoce, contribuendo a migliorare la vita delle persone e a raggiungere lo sviluppo sostenibile».
Abbiamo incontrato la professoressa Laura Oliva, docente di lettere presso l’Istituto Mattei di Vasto, con cui abbiamo dialogato sul tema, ma più in generale sulla figura dell’insegante il cui compito, dice la docente, è quello di «creare persone che siano libere di pensare quella che è la loro vita e che possano disporre di un pensiero critico, affinché non diventino strumenti nelle mani del potere».
Dall’incontro con la professoressa Oliva raccogliamo una delle più belle definizioni di insegnante che è possibile parafrasare nella formula secondo cui il docente entra nelle vite di ragazzi in crescita, assiste ad essa e ne è parte, perché vivere questo ruolo significa schiudersi all’empatia dell’essere umano di aprirsi all’altro e prendersene cura.
Insomma, un “Io e Tu”, per dirla con Martin Buber, cioè un io, il docente, che si apre al tu che è lo studente, non dovendo cosificare l’altro alla stregua del semplice oggetto da riempire, ma viverlo come qualcuno a cui trasmettere delle conoscenze che lo studente dovrà cercare di fare proprie ogni giorno, certamente con l’impegno o lo sforzo necessari. Viceversa anche l’insegante sarà il tu dello studente, piuttosto che l’esso, di questa relazione, sempre per restare sul lessico buberiano.
Il rapporto io-esso, per quanto non propriamente inautentico, è quel rapporto oggettivante nel quale io ho davanti a me qualcosa che mi sta solamente davanti, di fronte, contro, nell’aridità del silenzio delle parti, invece nella relazione l’io non ha davanti a sé un oggetto, ma un tu che non è oggetto, ma è “presente”, come colui che è davanti a me e da me aspetta qualcosa. Proviamo ad immaginare: c’è sempre un insegnante che aspetta qualcosa dai suoi studenti e c’è sempre uno studente che si aspetta qualcosa dai propri insegnanti, qualcosa che lo nutra, lo faccia crescere, lo sproni verso il meglio.