VASTO – «Quello che sta accadendo da circa 10 anni a questa parte nella Casa lavoro di Vasto – scrive in una nota Giovanni Notarangelo, segretario locale dell’Osapp, sindacato di polizia penitenziaria – è qualcosa che non è più concepibile in un Paese che si definisce civile. Quello che è accaduto nel pomeriggio del 16 agosto scorso ha dell’incredibile, quando dei poliziotti hanno salvato un detenuto che per ben due volte ha tentato il suicidio. L’uomo è stato ora trasferito nell’ospedale psichiatrico di Foligno (Perugia)».
«Per quanto tempo ancora dobbiamo denunciare?, – chiede Notarangelo -. Per quanto tempo ancora dobbiamo rivendicare i nostri diritti? Chi è il nostro datore di lavoro? Chi ci assicura la “tutela delle condizioni di lavoro“ secondo quanto previsto dall’articolo 2087 del codice civile. Chi ridarà mai dignità al corpo della polizia penitenziaria, osannato solo nelle solite occasioni di circostanza. Chi ascolta le nostre grida di aiuto? È mai possibile che quel brutto colore come il grigio che ormai è predominante su tutto e tutti e che trasmette quel senso di disperazione abbia contagiato i nostri vertici? Non riusciremo mai a dimenticare le giornate infernali di questi ultimi anni, quella di due giorni fa, in particolare».
«Nel carcere di Vasto, – racconta il segretario dell’Osapp – il doppio intervento del 118 del nosocomio vastese e della squadra di emergenza della polizia penitenziaria – sì perché anche noi abbiamo i nostri RIS, GIS, NOCS, ecc., di Vasto, Lanciano, Chieti e Pescara, per un totale di otto uomini – per fronteggiare un solo detenuto che aveva messo a soqquadro un intero reparto detentivo dopo l’ennesimo tentativo di auto impiccamento, scongiurato solo grazie all’intervento di quei pochi uomini in servizio (cinque, compresa la sorveglianza generale), costretti a doppi turni, a servizi massacranti, a 15/20 giorni senza usufruire del riposo settimanale. A rimandare di continuo lo stare insieme con i propri figli perché “stasera papà non rientra a casa, non può portarti a fare la passeggiata o a gustare un buon gelato perché deve ancora fare servizio e, non sa fino a quando, sperando che nulla accada di così grave“, se riesce a salvare la pelle, se il cuore e le forze reggeranno ancora».
«Non è più concepibile e non più rinviabile avere una risposta, – sottolinea – vogliamo sapere chi si prende cura di noi rinchiusi in quattro mura in virtù di un giuramento, chi si prenderebbe cura dei nostri familiari se fossimo vittime del dovere? Grazie, un grazie di vero cuore al personale che nella giornata del 16 agosto era in servizio nel pomeriggio e che è riuscito a salvaguardare l’ordine e la sicurezza, grazie all’abnegazione, senso del dovere, rispetto per le istituzioni, dovere derivante dal mandato istituzionale di custodire e curare».
«Grazie alla comandante del reparto, vice ispettore Anna Uras, grazie alla direttrice Armanda Rossi, grazie al funzionario giuridico pedagogico Lucio Di Blasio, grazie ai cinque uomini presenti coadiuvati da un assistente capo coordinatore e non da un sovrintendente o ispettore. Tutti come una vera squadra, ognuno dei quali non ha arretrato di un centimetro per far fronte all’evento critico del momento. Tutti – conclude Notarangelo – si sono fatti parte attiva affinché fosse ripristinato l’ordine e la sicurezza all’interno della sezione circondariale, encomiabile e costante il supporto laddove la situazione avrebbe potuto avere conseguenze ancora e più gravi ma, soprattutto ancor più onerose. Per quanto tempo ancora?».