VASTO – Vive qui, a Vasto, ma col cuore e la memoria è lì a Pola, in Croazia. Oggi Magda Rover, maestra in pensione e poetessa, alla veneranda età di 87 anni diffonde e denuncia le stragi subìte nell’Istria dove lei è nata e da bambina ha vissuto con la sua famiglia. Fa parte dell’Associazione Italiani di Pola e Istria – Libero Comune di Pola in Esilio Odv e «finché sono in vita – ha detto – ho il dovere di raccontare, soprattutto alle nuove generazioni, le atrocità che il popolo italo-istriano ha subìto nel secolo scorso».
Oggi ricorre un triste anniversario, la strage di Vergarolla, conosciuta anche come strage di Vergarola (in croato Eksplozija na Vergaroli) che fu causata dall’esplosione di materiale bellico, e che sarà oggi ricordata con una cerimonia alla quale Magda avrebbe voluto partecipare, ma data la sua età, non se la sente di fare un viaggio così lungo. Ha chiesto così a Zonalocale di farsi portavoce e di diffondere il messaggio in quanto memoria storica.
In quel periodo l’Istria era occupata, fin dal maggio 1945, dalle truppe di Tito. Pola invece era amministrata dagli inglesi, in nome e per conto degli Alleati, divenendo quindi l’unica parte dell’Istria al di fuori del controllo jugoslavo.
Il 18 agosto 1946 era una domenica, divenuta una tragica festività. A due chilometri e mezzo dal centro di Pola, sulla spiaggia di Vergarolla c’era tanta gente perché si stavano svolgendo le gare annuali di nuoto della Coppa Scarioni. All’improvviso, senza che nessuno fosse stato avvisato, furono fatti esplodere, tramite un apposito innesco, bombe e altri residuati bellici che erano stati in precedenza disattivati da squadre di artificieri.


L’esplosione dilaniò bambini, ragazzi e intere famiglie. Oltre 100 i morti, soltanto 64 corpi furono ricomposti, identificati e contati mentre gli altri resti furono sepolti senza nome. C’era un chirurgo, divenuto l’eroe dei soccorsi. Il suo nome era Geppino Micheletti, che continuò a operare i feriti per molte ore, anche dopo aver saputo che erano morti i suoi due figlioletti, Renzo e Carlo, di 6 e 9 anni, suo fratello e sua cognata. La commissione di Inchiesta del governo militare alleato – che presidiava Pola in quel periodo – concluse che l’esplosione non era stata accidentale. L’inchiesta delle autorità inglesi stabilì che «gli ordigni furono deliberatamente fatti esplodere da persona o persone sconosciute». La magistratura italiana, a 77 anni di distanza, deve ancora cominciare le indagini ufficiali per l’individuazione degli assassini.
E ricorre quest’anno il 77esimo anniversario di quell’infausta domenica, in cui oltre cento corpi furono deflagrati e distrutti sogni. Esistenze scoppiate in un botto e coltivate nell’incauto miraggio di aspirare a una serenità, per troppi anni poi attesa anche nel dopoguerra.
Il Comune di Pola, nella veste del sindaco, Filip Zoričić, si accinge a celebrare la cerimonia commemorativa. Dopo avere ottenuto le autorizzazioni necessarie, in rispettosa chiusura della cerimonia, l’Associazione Italiani di Pola e Istria – Libero Comune di Pola in Esilio Odv si farà promotrice di organizzare, a proprie spese, il lancio in mare di una corona di fiori nello specchio antistante alla spiaggia di Vergarolla. Corona, che porterà due nastri, in rappresentanza della municipalità e del sodalizio organizzatore, con la scritta: La città e gli esuli “RICORDANO il 1946”.
«Si è trattato di 9 tonnellate di tritolo, – ha precisato Magda Rover -. Brandelli di persone che in quel momento avevano più o meno finito di pranzare sotto i pini, erano finiti sugli alberi e in mare. Ci fu un accorrere di gabbiani, nessuno mangiò più pesce quell’estate. Il resto è impossibile da raccontare. Del piccolo Renzo, il chirurgo Micheletti si trovò qualche pezzo di indumento – e in particolare un calzino – che continuò a tenere nel taschino del camice per tutta la sua attività di medico».
Quel giorno i Polesani si resero conto che non sarebbero più stati sicuri nella propria terra e cominciarono a pensare all’esilio. Geppino Micheletti andò esule a Narni (Terni). Lasciò l’ospedale “Santorio Santorio” di Pola per il pericolo di dover «eventualmente essere costretto a curare un assassino dei suoi cari e del suo popolo», ha ricordato Magda.
«Fu loro concesso, ma gli italiani amici di Josip Broz Tito iniziarono una indegna campagna di menzogne e mistificazioni che purtroppo non è ancora cessata, – ha concluso la poetessa esule -. Si consiglia di cercare la verità su questi eventi. Solo la verità può smussare l’odio e favorire il dialogo e la concordia nazionale».