VASTO – Lo scorso 1° luglio, il vescovo di Sulmona-Valva, mons. Michele Fusco, con decreto vescovile n. 12/23, ha abolito, entro il perimetro della propria giurisdizione, la figura di padrini e madrine per i sacramenti del Battesimo e della Confermazione. Una scelta venuta fuori dopo la fase sperimentale di tre anni.
«In data 1° agosto 2020 – scrive, infatti, il vescovo di Sulmona – emanai un Decreto ad experimentum per tre anni con il quale stabilivo l’abolizione dei Padrini e delle Madrine nei Sacramenti del Battesimo e della Confermazione. La decisione scaturiva dalla considerazione che la presenza dei Padrini e delle Madrine in questi Sacramenti “risulta spesso una sorta di adempimento formale, in cui rimane poco visibile la dimensione della fede”. In più sostenevo che “il Codice di Diritto Canonico, riguardo la figura del Padrino e della Madrina, indica la possibilità, non la obbligatorietà” (cfr. can. 872), “dando però specificazione delle qualità richieste, ovvero, una vita conforme alla fede e all’incarico che si assume e l’essere esenti da impedimenti canonici” (cfr. can. 874). Ribadivo inoltre quanto alla Nota Pastorale CEI dell’8 giugno 2003 circa le qualità necessarie per adempiere tale compito che, purtroppo, non sempre ci sono».
La questione – non è l’unico caso in Italia -, a fianco ad un congruo numero di approvazioni, ha suscitato molte polemiche anche nel vastese. Per questo abbiamo deciso di fare luce sulla vicenda, entrando non solo nel merito delle leggi canoniche che regolano questa figura, ma considerando anche il valore di questa figura, oggi svuotata di senso nella maggior parte dei casi.
Nella tradizione cattolica, i padrini e le madrine sono stati a lungo considerati i garanti della fede a partire dal conferimento del Battesimo, oltre ad essere guide spirituali da cui prendere esempio per la crescita nella fede. Tuttavia, con il passare del tempo, l’interpretazione di questi ruoli è stata talvolta influenzata da aspetti culturali e sociali, oltre che da sfumature personali.
Le considerazioni da fare allora sono le seguenti: un vescovo, in virtù della legge canonica, ha un margine di azione, rispetto alla legge, all’interno della propria diocesi e per questo può decidere in merito alla soppressione di questa figura; in secondo luogo «se il nostro dispiacere è perché non ci sono più i compari e le comari, allora ben venga la scelta, se invece il nostro dispiacere è nell’aver perso un’occasione di evangelizzazione nei confronti di quelle persone che, a volte, anche con una grande superficialità si avvicinano a questi ruoli ufficiali della Chiesa, allora la decisione potrebbe essere discutibile»; infine quel compito che, per tradizione, è demandato ai padrini, è già svolto dal parroco e dai catechisti durante gli anni della catechesi e, come sottolinea il sacerdote «paradossalmente, un catechista, un parroco, sono più incisivi di un padrino o di una madrina».

Concorso in toto su quanto affermato da don Nicola,del padrino se ne perdono quasi sempre le tracce,possono assolvere questo ruolo genitori catechisti e sacerdoti.Approvo la decisione del vescovo di Sulmona e auspico diventi unanime x la CEI.
Sono d’accordo sulle decisioni del vescovo di Sulmona