VASTO – Una struggente missiva quella che l’Osapp, uno dei sindacati della polizia penitenziaria, ha inviato a Maurizio Veneziano, provveditore amministrativo penitenziario a seguìto del tentato suicidio di un detenuto psichiatrico nella Casa lavoro di Vasto.
«Abbiamo assistito – si legge nella nota a firma del segretario regionale, Nicola Di Felice – alla visita del ministro Carlo Nordio nella Casa circondariale di Torino. Per noi addetti cambia poco o nulla. Sappiamo bene che ci sono poche certezze, tra le quali una è che una sanità più efficiente poteva dare risultati diversi alle vicende e un’altra certezza che uno o più appartenenti al corpo di polizia penitenziaria nei prossimi giorni dovranno recarsi da un avvocato».
«Mentre il ministro Nordio stava girando per l’istituto piemontese, – scrive Di Felice – nella casa circondariale di Vasto un solerte poliziotto sventava il suicidio di un detenuto italiano 37enne con riconosciuti problemi psicologici, tant’è che lo stesso è stato già altre volte sottoposto a TSO (Trattamento sanitario obbligatorio, ndr) e ha per questo transitato in diversi istituti del distretto».
«Capisco che per lei è pane quotidiano, – precisa la nota – sono i rischi del mestiere. E le situazioni si ripetono quotidianamente, in tanti istituti della penisola. Peccato che si accorga di questi casi solo dopo il decesso di un detenuto e mai in tutte le occasioni nelle quali i colleghi fanno il proprio lavoro. Inutile dire che in tutta la regione non si è trovato – continua il segretario regionale dell’Osapp – un reparto in grado di prendersi cura di un malato; inutile dire che per evitare disturbo agli altri malati durante la degenza nel Pronto soccorso dell’ospedale vastese sono stati impiegati 6 poliziotti. Sì, ben 6 uomini costretti a seguirlo, altrimenti magari si disturbava il normale lavoro di un ospedale, perché in carcere si può disturbare, ma fuori no, meglio la polvere sotto al tappeto. Inutile dire che il detenuto sarà sotto sorveglianza a vista, manco a dirlo, da un poliziotto che dovrà svolgere anche altri compiti altrettanto gravosi».
«Lei, in presenza del vice capo Dipartimento, – specifica la nota – accennò al fatto che erano stati avviati contatti con la sanità regionale. Noi sul territorio non vediamo progressi, non vediamo risposte, non vediamo soluzioni. Più della vicinanza servono soluzioni. Che il Ministro la prima immediata sferzata – magari – la può dare costringendo la Asl a fare il proprio lavoro, per tutti i malati, compreso quelli che stanno nelle patrie galere. Né più né meno, senza privilegi, ma senza neanche essere abbandonati. La pena è una e non ricordo che siano aggravanti , come l’abbandono della cura medica».
Non da meno l’altro sindacato, Sappe, che con una nota a firma del segretario generale, Donato Capece, invita le autorità istituzionali e regionali «ad attivare, da subito, un tavolo permanente regionale sulle criticità delle carceri, che vedono ogni giorno la polizia penitenziaria farsi carico di problematiche che vanno per oltre i propri compiti istituzionali, spesso abbandonata a sé stessa dal suo stesso ruolo apicale. È solo grazie ai poliziotti penitenziari di Vasto che non abbiamo contato un altro morto tra le sbarre», ha sottolineato Capece.
«A Vasto servono agenti giovani, – ha aggiunto – una nuova organizzazione del lavoro e il sostegno concreto delle istituzioni. Credo che chiunque, ma soprattutto chi ha ruoli di responsabilità politica e istituzionale, dovrebbe andare in carcere a Vasto a vedere come lavorano i poliziotti penitenziari, orgoglio non solo del Sappe e di tutto il corpo, ma dell’intera Nazione. Noi sosteniamo infatti, da sempre, che tutto ciò che attiene alle carceri – precisa l’esponente di Sappe – è rimosso dalle menti della popolazione e dell’opinione pubblica, che vive la detenzione come altro da sé, che fa notizia solo nei momenti patologici per evasioni, aggressioni, tragici casi – come suicidi – o per detenuti e inchieste eccellenti. Il lavoro in carcere è un lavoro oscuro, perché quando viene arrestato un pericoloso latitante la vicenda finisce sulle pagine dei giornali, ma tutto quello che accade successivamente, negli anni a seguire, è oscuro e non subirà la stessa sorte».
«Invece, il corpo di polizia penitenziaria a Vasto ha dimostrato, negli anni, non soltanto di costituire un grande baluardo nella difesa della società contro la criminalità, ma anche di avere in sé tutti i numeri, le capacità, le risorse, gli strumenti per impegnarsi ancora di più nella lotta contro la criminalità, per impegnarsi non soltanto dentro il carcere, ma anche fuori», ha affermato Capece.
«Per questo, – ha concluso Capece – è fondamentale che le istituzioni raccolgano nuovamente il nostro appello: investite nella sicurezza per avere carceri più sicure. Questo vale per Vasto, ma anche per tutte le altre strutture detentive abruzzesi, che sono contrassegnate, chi più chi meno, da carenza nell’organico e talvolta anche organizzativa. Ed è stato un grave errore politico sopprimere, a Pescara, il provveditorato regionale dell’amministrazione penitenziaria».