ORTONA – Continuano le operazioni di contrasto alla pesca di frodo di ricci e polpi per debellare l’annoso fenomeno di depredazione delle coste teatine ad opera di pescatori abusivi provenienti da altre regioni. Lo fa sapere con una nota la Capitaneria di porto di Ortona.
«Grazie anche a diverse segnalazioni pervenute da residenti locali, – si legge nella nota – nei giorni scorsi, e valorizzate previa attenta attività di raccolta di informazioni, questa notte i militari della Capitaneria abruzzese hanno intercettato tre soggetti in località Ripari Bardella, intenti in attività di pesca subacquea. Le modalità operative sono sempre le stesse: uno o due operatori sub pescano per ore in acqua prelevando più ricci e polpi possibile, ed uno rimane a terra a fare da vedetta, pronto ad allertare gli altri in caso di arrivo dei controlli».
«In tal caso, però, le segnalazioni dei giorni precedenti si sono rivelate particolarmente utili: grazie alle informazioni sulle targhe delle macchine degli avventori e sui punti di parcheggio abituali, – continua la nota – il personale della Guardia Costiera ha dato luogo ad un lungo appostamento che ha consentito di eludere la vigilanza della “vedetta” e cogliere i frodatori con il bottino pieno una volta intenti a caricare lo stesso sui veicoli».

«I tre, tutti provenienti da regioni limitrofe, e già noti alle forze dell’ordine, – specifica la Capitaneria – sono stati sanzionati, ma aspetto ancor più importante si sono visti sequestrare tutta l’attrezzatura da pesca utilizzata, fra cui mute, maschere e bombole. L’intero pescato, invece, circa 400 ricci ed oltre 25 kg di polpi, dopo il sequestro è stato rigettato in mare in quanto esemplari ancora vivi».
«I profitti del mercato in nero di queste specie ittiche, assai richieste nei ristoranti del Sud Italia, sono elevati, e ciò induce gli avventori a ritenere di poco conto il rischio di verbalizzazione e relativo sequestro. Il ripetersi delle stesse figure, negli stessi luoghi, a breve distanza di tempo, inoltre, induce sempre più a ritenere fondata l’ipotesi che l’assegnazione delle zone venga decisa a monte, in quella che può essere una sorta di vera e propria spartizione del territorio tra bande», conclude la nota.