VASTO – Francesco Delli Benedetti, 28 anni di Vasto, è un giovane artista che esprime il suo talento nella produzione di fumetti.
Proprio il 16 giugno scorso è uscito il suo libro fumetto ”IL SOMMACO”, in cui il giovane vastese ha riversato tempo, passione e arte.
Francesco racconta a Zonalocale qualcosa di lui e della sua opera che definisce ”una sfida”: «Si è trattato di un percorso lungo e complicato, ho dovuto buttare un bel po’ di lavoro, all’incirca una ventina di tavole – ci spiega -. Questo perché all’inizio doveva essere una storia di un centinaio di pagine ma poi ho deciso di condensare il tutto poiché credo che le storie brevi siano una buona palestra soprattutto per i primi lavori e che facciano capire cosa sia importante e cosa superfluo. Lo stimolo è stato quello di far crescere ed evolvere i miei personaggi nel minor lasso di tempo possibile». Proprio quei personaggi attraverso cui Francesco riesce a portare alla luce i suoi dubbi, le sue paure, le sue incertezze.
Abbiamo così chiesto al giovane artista di parlarci, dunque, del libro, facendoci entrare nel suo mondo e nella sua arte: «IL SOMMACCO è un fumetto nato con l’intento di raccontare una favola per adulti, condensata di fobie, dipendenze, mancanze, sogni e speranze. I personaggi sono creature solitarie, dimenticate e ai margini di una società che non perdona l’inadeguatezza, la mancanza di pragmatismo e mal sopporta la vecchiaia».
E così, attraverso le sue parole, Francesco ci fa entrare nel vivo della storia: «Elvira ha una dipendenza, quella di bere sangue umano. Lavora per proteggere e nutrire un albero vampiro in un bosco vicino al suo casolare di montagna. Ma non è la sola. La donna ha degli obblighi verso una setta che venera quest’albero e che le richiede un certo numero di sacrifici per rimanere parte del gruppo. I sacrifici a lei richiesti sono umani, per lo più bambini fatti nascere appositamente per essere sepolti all’ombra del sommacco. La donna è costretta, quindi, a combattere con la sua dipendenza e a far fronte ai suoi doveri al tempo stesso. Il camperista è un uomo che ha perso tutta la sua famiglia e viaggia in camper per non impazzire. Si ritrova a dover sostare nei pressi del casolare di Elvira, ed è così che si conoscono. Tra i due nasce immediatamente un rapporto di interdipendenza, nel quale Elvira placa la sua sete di sangue e l’uomo ritrova una parvenza di senso nella sua esistenza, sentendosi in qualche modo utile nel “donare” il suo sangue e iniziando a lavorare lì per lei».
«Il focus è proprio questo – ci spiega – cioè il rapporto malsano tra i due e il modo in cui andrà inevitabilmente a degenerare e sfaldarsi, proprio a causa delle premesse, delle paure e delle dipendenze di entrambi. Il mood è protagonista della storia, così come le ambientazioni e un’epoca non definita che richiama gli anni 50/60, quando l’isolamento in posti come la montagna era decisamente difficile da sostenere. Questa cornice, che è in realtà un pilastro fondamentale, ha dato vita a dei personaggi che sono anime perse che lottano col quotidiano, e che hanno dei rimasugli insospettabili di umanità e voglia di amare ed essere amati, nonostante la precarietà e la violenza che contraddistingue le loro vite».









Foto di Francesca Romana Conte.