VASTO – Dobbiamo ricrederci e svelare una curiosità: ai vastesi piace l’astrofisica. A ben vedere, ieri nella Pinacoteca di palazzo d’Avalos c’erano tantissime persone, molti in piedi per partecipare all’incontro con Marica Branchesi, docente ordinaria al Gran Sasso Science Institute (GSSI) e presidente del consiglio scientifico dell’Istituto nazionale di astrofisica (INAF) nonché associata dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e membro del CdA dell’Agenzia spaziale italiana.
Pubblico trasversale che andava dai bambini di circa 7-8 anni fino ai cittadini con i capelli bianchi. Molti insegnanti, scienziati in erba o aspiranti tali e moltissimi curiosi. L’universo che affascina, il mistero che cela e la possibilità di andare a vivere in un altro mondo hanno spinto i vastesi a trascorrere un’ora abbondante nella sala gremita.
La docente Branchesi, giovanissima, sorridente e incredibilmente semplice nello spiegare concetti complicatissimi, ha lasciato tutti senza fiato. Ha parlato di una nuova astrofisica, quella delle onde gravitazionali che ha permesso di scoprire galassie e stelle neutroni dell’era dei dinosauri (circa 200 milioni di anni fa). E non c’ha creduto neanche lo scopritore di queste affascinanti onde gravitazionali, Albert Einstein, che mai avrebbe scommesso su apparecchi altamente tecnologici in grado di captare suoni e movimenti di massa come succede al tempo d’oggi.
Invece, in Abruzzo, ieri pomeriggio parecchi erano ad ascoltare la professoressa che ha illustrato le tecnologie più importanti: quelle messe a punto negli anni Duemila che hanno consentito un nuovo modo di esplorare l’universo. Oggetti compatti, quali stelle e buchi neri, visti per la prima volta dall’inglese Stephen William Hawking. Ma perché proprio a Vasto?
Simone Scaringi, docente all’Università di Durham (UK), ha spiegato che già dal 2019 era stato pensato il summit che in questi giorni sta ospitando 125 scienziati provenienti da tutto il mondo per approfondire e scambiarsi ricerche «sull’accrescimento di oggetti compatti come i buchi neri», ha sottolineato Branchesi. «Un vero e proprio lavoro di squadra, – ha affermato l’assessore comunale alla Cultura, Nicola Della Gatta – di cui dobbiamo essere grati per il nostro sapere di conoscenza». «L’evento più importante di astrofisica – ha rimarcato il sindaco, Francesco Menna, – che ho sperato essere più facile dell’organizzazione del Jova Beach party. Grazie a tutti coloro che hanno collaborato, – ha aggiunto -, ci vediamo fra due anni perché lo spazio richiede sicurezza».
La professoressa Branchesi è una delle 10 persone al mondo più influenti secondo la rivista specializzata Nature e nominata “di rilievo” nel 2018 dal Times. La sua curiosità è stata moltiplicata dallo studio di nubi gas e polveri nel cosmo. «Una nuova esplorazione negli Usa, esattamente il 14 settembre 2015, alle 10:50:45 ora italiana, – ha spiegato la docente – ha permesso di scoprire le onde gravitazionali», «pietra miliare nella storia della fisica, ma ancor più per l’astrofisica – ha precisato Fulvio Ricci, ricercatore dell’INFN e docente a La Sapienza-Università di Roma in un breve video -. Osservare il cosmo attraverso le onde gravitazionali – ha aggiunto – cambia radicalmente le nostre possibilità di studiarlo: finora è come se lo avessimo guardato attraverso radiografie, mentre adesso siamo in grado di fare l’ecografia del nostro universo».
«Per la prima volta, – ha continuato Ricci – gli scienziati hanno osservato in modo diretto le onde gravitazionali: increspature nel “tessuto” dello spaziotempo arrivate sulla Terra dopo essere state prodotte da un cataclisma astrofisico. Questo conferma un’importante previsione della Relatività generale di Albert Einstein del 1915 e apre uno scenario di scoperte senza precedenti sul cosmo».
Ma cosa sono in realtà queste onde gravitazionali? Provengono dalla fusione di due stelle di neutroni, stelle densissime, e i buchi neri si generano da stelle massicce che muoiono, collassano sotto la loro stessa gravità. Gli strumenti di osservazione delle onde gravitazionali si chiamano “rivelatori”. LIGO e VIRGO sono collaborazioni scientifiche che «aprono una nuova finestra sul cosmo, rivelando le onde gravitazionali prodotte nella collisione di due buchi neri», ha spiegato Branchesi. Frutto di un impatto, portano informazioni sulla loro origine e sulla natura della gravità. Gli astrofisici hanno scoperto che le onde gravitazionali sono prodotte nell’ultima frazione di secondo del processo di fusione di due buchi neri. Dato supposto, ma mai osservato prima del 2015.
Un’altra data importante per l’astrofisica è l’11 febbraio 2016 quando mille scienziati hanno scritto una pagina storica per la fisica e la scienza. Ora oltre che “vederlo”, è possibile anche “sentire” l’universo nella sua essenza di spazio-tempo, due elementi che, secondo Einstein, sono la stessa cosa, dopo un secolo circa dalla sua previsione. «Il 17 agosto 2017 – ha raccontato l’astrofisica – è stato captato il segnale più lungo di stelle di neutroni, di quasi un minuto», che la professoressa ha fatto sentire a una platea oramai a bocca aperta.
I rivelatori Virgo che si trovano negli Usa, sono strumenti di precisione incredibili, che captano un segnale ogni 3 giorni, brevissimi ma «importantissimi – ha aggiunto Branchesi – perché dal suono capiamo distanza, massa e posizione dei buchi neri. Oggi vediamo ciò che non riuscivamo a vedere. La coalescenza, cioè la luce delle onde gravitazionali ci fa capire la natura, la densità e la materia delle stelle di neutroni». Se a una prima osservazione si nota il colore blu, alla seconda diventa rosso perché cambia temperatura. Noi abbiamo miliardi di stelle e miliardi di galassie e il tempo non si riesce a rappresentare: diverso sulla Terra rispetto al satellite.
Tutto ciò si chiama “astronomia multimessaggera“, cui lavorano 3500 tra fisici, scienziati e ingegneri, che 15 anni fa era impossibile. Oggi abbiamo tanti telescopi puntati sul cielo. Le basi di questi si trovano 2 in Usa, 1 in Giappone e 1 in Italia, a Cascina in provincia di Pisa. Sono apparecchi precisissimi, ad alta tecnologia che osservano e poi si fermano. In quel frangente, gli astrofisici fanno l’upgrade dei dati e li studiano. All’orizzonte c’è un nuovo telescopio, dal nome eloquente: Einstein Telescope (ET), che secondo le previsioni, dovrebbe cominciare a lavorare nel 2040-2045. «Rappresenta la nuova generazione di rivelatori delle onde gravitazionali, – ha sottolineato Branchesi – perché sarà posizionato sotto terra. Abbiamo da osservare ogni anno dai 100mila a un milione di eventi, – ha proseguito – centinaia e centinaia di buchi neri giganti al centro delle galassie, ed ET sarà in grado di captare oggetti più massicci e con frequenza bassa. Lisa, un altro rivelatore, sarà invece collocato nello spazio per misurare la fluttuazione della densità dell’universo».
E dove si troverà ET? «La Sardegna è un sito perfetto, – ha sottolineato l’astrofisica -. La Miniera Sos Enattos, in provincia di Nuoro, è la zona candidata perché la più stabile d’Europa» per ospitare sotto terra l’occhio gigante del cosmo, anche perché è un luogo silenzioso, Il sito concorrente si trova in Olanda. E si deciderà nel 2025-2026. «Si tratta di un grandissimo investimento per il progresso scientifico e culturale del Paese», ha ricordato.
«Il nostro scopo – ha concluso l’astrofisica – è spingere sempre più i confini della conoscenza. La voglia di conoscere l’universo è immensa e quando guardiamo il cielo, troviamo tutti i componenti del nostro corpo. Noi non siamo altro che polvere di stelle» e un grande applauso ha salutato la giovane astrofisica.